Rapporto Ismu: sui lavoratori stranieri pesano gender gap e salari bassi

L'Italia attrae personale poco istruito rispetto ai paesi Ue. Dopo la battuta d'arresto provocata dalla pandemia, nel passaggio dal 2021 al 2022 si è registrato un netto miglioramento dei principali indicatori del mercato del lavoro italiano

Rapporto Ismu: sui lavoratori stranieri pesano gender gap e salari bassi

Dopo la battuta d'arresto provocata dalla pandemia, nel passaggio dal 2021 al 2022 si è registrato un netto miglioramento dei principali indicatori del mercato del lavoro italiano: una tendenza proseguita anche nel 2023. Lo rivela il XXIX Rapporto sulle migrazioni 2023di Fondazione Ismu Ets (Iniziative e Studi sulla Multietnicità), secondo cui inoltre nel 2022, la crescita dell'occupazione dei 15-64enni, che è tornata ai livelli pre-Covid, è imputabile per il 78,3% agli italiani e per il 21,7% agli stranieri (dati Eurostat).

Quella degli attivi è attribuibile per il 70,7% agli italiani e per il 29,3% agli stranieri e la riduzione della disoccupazione per l'83,4% agli italiani e per il 16,6% agli stranieri. Nel 2022 gli stranieri rappresentano il 10,8% delle forze di lavoro tra i 15 e i 64 anni, il 10,4% degli occupati e il 15,9% dei disoccupati. Dal punto di vista settoriale, il comparto con la più elevata incidenza di stranieri sul totale di occupati è quello dei servizi personali e collettivi (31,6%), seguito a distanza da agricoltura (17,7%), ristorazione e turismo (17,3%), costruzioni (15,6%).

Prevale il "lavoro povero". Nel 2022, per i lavoratori extracomunitari occupati a tempo indeterminato la retribuzione media annua è stata pari a 19.251 euro, quella del totale dei lavoratori pari a 27.523 euro. Per i dipendenti a tempo determinato, per gli extra-europei è stata pari a 9.508 euro, cioè inferiore dell'8,3% rispetto a quella del totale dei lavoratori (10.365 euro). Infine, la retribuzione dei lavoratori domestici extra-UE, pur essendo leggermente superiore a quella della generalità dei lavoratori (verosimilmente per il numero maggiore di ore lavorate), ammonta a soli 7.945 euro. Si tratta di livelli retributivi che confermano un'immigrazione fortemente coinvolta nel fenomeno del "lavoro povero", a sua volta anticamera, per molti lavoratori stranieri e per le loro famiglie, della caduta in una condizione di povertà assoluta o relativa.

Il rapporto riferisce inoltre del gender gap: tra le donne lavoratrici, quelle extra-europee risultano maggiormente penalizzate. Nel 2022 i tassi di occupazione femminili delle donne extra-Ue sono molto più bassi rispetto alle italiane (43,7% contro 51,5%). Invece, nell'ambito della popolazione proveniente da Paesi dell'Unione, i tassi di occupazione femminili risultano più elevati rispetto a quelli delle italiane. Particolarmente coinvolte nel fenomeno dell'inattività sono le donne provenienti da Bangladesh (92,3%), Pakistan (89,8%) ed Egitto (85,1%). Le più colpite dalla disoccupazione sono le egiziane (68,5% nel 2022). Tra i fattori penalizzanti: bassi livelli di istruzione e competenza linguistica, difficoltà sul fronte della conciliazione con gli impegni familiari, esposizione alla discriminazione.

Il Rapporto Ismu Ets mette in luce che l'Italia, rispetto agli altri Paesi, attrae una immigrazione poco istruita: la metà degli immigrati nati all'estero ha una bassa istruzione formale e solo il 12% ha una laurea, rispetto al 20% dei nativi. Ciò nondimeno, la quota di lavoratori stranieri laureati occupati in una professione low o medium skill è pari al 60,2% nel caso dei cittadini non Ue e al 42,5% nel caso degli UE, a fronte del 19,3% stimato per gli italiani. Pesa il mancato riconoscimento dei titoli acquisiti all'estero: meno del 3% degli stranieri possiede un titolo estero riconosciuto in Italia.

Secondo i dati di uno studio ad hoc Istat (2023a) discussi all'interno del Rapporto, sul problema dell'overqualification incidono anche fattori legati alla cittadinanza - italiana per nascita, straniera o italiana per acquisizione - e al genere. Per esempio, il vantaggio di possedere la laurea, rispetto alla licenza media, è di circa 40 punti percentuali in termini di tasso di occupazione tra gli italiani dalla nascita, quasi si dimezza tra i naturalizzati e scende sotto i 9 punti tra gli stranieri. Tra le donne, possedere una laurea migliora il tasso di occupazione di ben 51 punti tra le autoctone, di 29 punti tra le naturalizzate e di soli 17 punti tra le straniere. Per chi ha al massimo la licenza media, il tasso di occupazione degli stranieri è invece superiore a quello degli autoctoni e dei naturalizzati.

La domanda di lavoro immigrato risulta inoltre in crescita. Da elaborazioni di Fondazione Ismu Ets su dati Eurostat, si prevede che dal 2024 alla fine del decennio la popolazione dell'Ue in età attiva (15-64enni) diminuirà di oltre 6 milioni di unità già nei primi sei anni, e poi di altri 13 milioni entro il 2040, pur in presenza di flussi migratori in entrata. Si aggraveranno, dunque, le difficoltà di reclutamento già oggi sperimentate dalle imprese in vari settori (sanitario e assistenziale, manifatturiero, commercio al dettaglio, ospitalità, trasporti, costruzioni). L'Italia è peraltro, insieme alla Bulgaria, il Paese europeo dove le forze lavoro tra i 15 e i 64 anni hanno l'età media più elevata (attorno ai 43 anni e mezzo, fonte Istat). Nei prossimi anni, via via che i baby boomers raggiungeranno l'età del pensionamento, le imprese avranno difficoltà a gestire il turnover.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)