Sanità, sarà il privato a sanare i ritardi causa Covid?

Tutte le cifre. Ecco quanto costa distretto per distretto ogni anno, alla sanità padovana il supporto necessario delle strutture private. Cifre da rivedere al rialzo visto il blocco delle prestazioni causate dalla pandemia

Sanità, sarà il privato a sanare i ritardi causa Covid?

È la partita di giro della salute.

Il “modello veneto” della sanità pubblica è in ginocchio. Non solo per l’emergenza Covid. Certo, risulta più “virtuoso” di altri. Ma da almeno vent’anni sconta le conseguenze della scure su ospedali e posti letto, dell’esodo di medici e infermieri, delle esternalizzazioni sempre più selvagge.

Di qui la scelta strategica politico-amministrativa: la surroga con le strutture private. Grazie all’accreditamento degli “esterni”, grandi e piccoli, dalle case di cura fino al singolo medico.
Un prelievo, una radiografia, una visita specialistica, un ciclo di riabilitazione? Se le liste d’attesa sono... bibliche, supplisce la sanità privata. Fattura alla Regione, che salda. Soldi di tutti noi.

Oltre un milione di euro al mese

Per Padova e provincia i conti sono spianati: almeno 50 milioni di euro negli ultimi tre anni da palazzo Balbi verso la sanità privata. Un flusso di denaro pubblico che supera il milione al mese...

In base alla delibera numero 2166 approvata dalla Giunta Zaia il 29 dicembre 2017, si assegnano i «budget per l’assistenza ambulatoriale erogata nei confronti degli utenti residenti nella Regione Veneto». Criterio territoriale (i distretti di ogni Ulss) con Azienda Zero come ente pagatore. Prestazioni divise per macro-aree: diagnostica per immagini, medicina riabilitativa, branche a visita, laboratorio e ossigenoterapia iperbarica. Pianificazione dettagliata 2018-2020 della spesa.

All’Ulss 6 Euganea la Giunta Zaia assegna 47 milioni 851 mila 489 euro e 65 cent. I contratti con i privati (firmati dal direttore generale Domenico Scibetta e da Maurizio Zanon, direttore del Dat) sono tutti accessibili.

Solo quest’anno è già stato contabilizzato un “extrabudget” di 1,6 milioni, come si evince dalla delibera della Giunta Zaia numero 931 del 9 luglio scorso. In arrivo rispetto alle previsioni, fra l’altro, oltre 367 mila euro in più a Iniziativa Medica Spa, 186 mila a Villa Maria, 161 mila alla San Massimo Srl e 130 mila alla Casa di cura di Abano.

La città della salute parallela?

Un’Azienda (finalmente integrata con l’Ateneo) e l’Ulss 6, due ospedali (in attesa del nuovo...), lo Iov, il “polo” dei Colli e la medicina territoriale. Eppure quest’eccellenza non basta. E forse bisogna fare i conti, fino in fondo, con la città della salute parallela.

Il budget triennale della Regione garantisce ai privati – salvo conguagli – una cifra che sfiora i 10 milioni all’anno. Per la precisione, al Distretto 1 dell’Ulss Euganea sono stati assegnati 29 milioni 571 euro e 19 cent (di cui oltre 11 milioni per la radiologia e altri 9,3 per la riabilitazione fisica).

La lista dell’accreditamento 2018-2020 è spianata. Spiccano Data Medica Spa con 4,7 milioni di euro da fatturare; Centro medico di fisioterapia con 4,3 milioni; Istituto diagnostico antoniano con 3,3 milioni e Analisi Pavanello con 1,1 milioni. Oculisti, dentisti, cardiologi restano invece sotto la soglia dei 100 mila euro nel triennio.

I conti prima del Covid

La sanità del Duemila in Veneto è stata sinonimo di nuovi ospedali in project financing, di esternalizzazioni più o meno sussidiarie e di meritocrazia a senso unico.
I conti prima del Covid tornano nel mercato di chi attinge ai soldi pubblici. Lo dimostrano i contratti di case di cura, laboratori analisi, specialisti, poliambulatori privati.
Il Distretto 2 dell’Ulss Euganea incide meno di tutti: appena 1 milione e 622.752 euro in tre anni. E all’Opera della Provvidenza Sant’Antonio per fisiatria e visite specialistiche sono destinati dalla Regione poco più di 79 mila euro...
La cifra lievita a 10 milioni 890 mila 748 euro e 10 cent nel Distretto 3 con Imed Srl che arriva a 3,3 milioni di euro o Uni X Medica Srl che si prevede fatturi 1,5 milioni.
Il Distretto 4 “vale” 1.817.197 euro e 52 cent con Chinesi Srl che ne calamita oltre 535 mila.
Infine, il Distretto 5 che fa davvero specie. Nel budget totale della Regione sono previsti 4 milioni 520 mia euro . A Monselice, la diagnostica per immagini di Iniziativa Medica Spa ne contabilizza 3.234.300 (salvo successive verifiche contabili).

L’assistenza ospedaliera privata

Tre strutture in città e una ai piedi dei Colli Euganei accreditate dalla Regione.
La Casa di cura Abano Terme nell’accordo sottoscritto il 13 settembre 2019 può mettere a bilancio un budget di oltre 51 milioni. Più i “finanziamenti a funzione” (Suem, Pronto soccorso, terapia intensiva) per altri 4,5 milioni.

La Casa di cura Trieste-Centro medico di Foniatria (come da intesa del 13 settembre 2019) conta su 4,7 milioni di euro per i residenti in regione più 437.187 e 30 cent per i pazienti extra Veneto; altri 148 mila euro di prestazioni specialistiche.

La Casa di cura Villa Maria nel 2019 ha ottenuto un budget articolato: 114 mila euro al laboratorio analisi; 333.334 e 17 cent alla fisioterapia; 359.777 e 60 cent alla radiologia; 641.877 e 66 cent per le prestazioni specialistiche (dalla cardiologia all’ORL, dalla neurologia all’oculistica), 6 milioni per i ricoveri regionali; 175.914 e 82 cent per i pazienti non residenti in Veneto.

Parco dei Tigli, in base al contratto firmato il 25 settembre 2018, si è visto assegnare 6,4 milioni per i pazienti veneti e 1.626.125 euro e 94 cent per i ricoveri fuori Veneto.

Lo scenario che si profila

È inevitabile. Eppure non preoccupa.

L’emergenza Covid-19 a ondate ha azzerato controlli, screening, interventi programmati e la “normale amministrazione” delle cure. In primavera, un incalcolabile arretrato si sommerà al lavoro (tanto o poco affannoso) del 2021. Si arriverà alla paralisi? O sarà proprio la sanità privata a smaltire l’arretrato, in cambio di nuovi adeguati rimborsi?

La sanità sbilanciata, del resto, era fuori controllo perfino nella logica aziendalista o di mercato. Lo stipendio di uno specializzando si rivela più alto di quello di un medico-ricercatore dell’Università. Un “massimalista” della medicina di base guadagna ben più di un ospedaliero. Il primario nell’«hub Covid» non poco di meno rispetto al professore ordinario fuori corsia...

(ha collaborato Rossana Certini)

In Veneto 1.444 strutture private accreditate

I dati ufficiali più aggiornati risalgono al 2017. L’«Annuario statistico del servizio sanitario nazionale» del Ministero della salute fotografa anche il rapporto fra pubblico e privato in Veneto.

Le strutture accreditate dalla Regione risultavano 1.444 così suddivise per categorie: 224 laboratori e ambulatori, 128 strutture territoriali, 367 semiresidenziali, 725 residenze sanitarie assistite.

L’offerta pubblica reggeva a stento nelle prime due voci: 218 poliambulatori e 400 centri di medicina territoriale, ma appena 149 strutture semiresidenziali e solo 108 Rsa.

I numeri. Tutte conseguenze di scelte precise
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Sanità veneta: il rapporto fra pubblico e privato è davvero squilibrato? Luca Barutta, segretario dell’Anaao (sindacato dei medici ospedalieri) di Belluno, risponde così: «I dati del confronto delle schede ospedaliere 2019-2023 rispetto al 2013 mostrano inequivocabilmente una riduzione di posti letto di 816 unità (meno 4,29 per cento) e un aumento dei letti a gestione privata accreditata di 833 (più 4,56 per cento)».

I numeri spesso aiutano. In Veneto la sanità privata accreditata conta 27 nosocomi per 3.705 posti letto (di cui 587 per pazienti fuori regione). A Peschiera e Negrar, nel Veronese, due "ospedali spoke di valenza provinciale” con 876 posti letto. E a Cortina ci sono altri 120 posti letto dell’ospedale “in zona disagiata”.

Nella sanità privata lavorano circa 10 mila persone. Il sistema sanitario regionale pubblico nel 2017 contava 57.425 dipendenti, cioè l’1,9 per cento in meno rispetto al 2010.

L’emergenza Covid ha solo squadernato le conseguenze di precise politiche, nazionali e locali.

Era già tutto evidente dall’Indagine sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale (effettuata dal Senato della Repubblica) che La Difesa aveva ripreso nel numero del 4 febbraio 2018: «Con riguardo ai medici di famiglia, nei prossimi sei anni si stima che andranno in pensione in 21.700, a fronte di circa 6 mila ingressi. Per il personale infermieristico, il pieno rispetto delle direttive europee sui turni di lavoro imporrebbero l’assunzione di circa 15 mila infermieri».

Il documento “rivelava” un paio di altri aspetti inquietanti. Il sindacato Anaao segnalava che nel decennio si sarebbero perso due medici al giorno, cioè 730 all’anno. D’altro canto, oltre 2.300 professionisti della sanità avevano “fatto le carte” ogni anno per andare a lavorare all’estero...

Chi se n’è mai curato negli ultimi due anni?

Ora si “scopre” che alla sanità in Veneto servono massicce assunzioni, risorse straordinarie e investimenti tecnologici.

Ma l’Ordine del medici di Vicenza ha fatto sua la replica di un gruppo di ospedalieri ai post di Luca Zaia: «Sono 1.300 i medici mancanti in Veneto. Questo numero va aumentando velocemente in virtù della forbice progressivamente più ampia tra entrate e uscite nel mondo lavorativo sanitario. Entro pochi anni, ne mancheranno altri mille, se non saranno introdotti i correttivi necessari. Prima di analizzare le cause di questo deficit, vanno però preventivamente spiegate alla popolazione due semplici cose: il taglio del personale sanitario (così come dei posti letto) è stato fortemente voluto sia dalle Regioni (e di questo, il Veneto se ne è sempre fatto un vanto) sia dallo Stato, in epoca di recessione, come potente manovra di risparmio».

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