Siria, dieci anni dopo. Msf: “Paese devastato, primo al mondo per sfollati interni”

Dopo 10 anni di guerra in Siria circa 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Edifici e infrastrutture civili, compresi gli ospedali, sono stati attaccati ancora nel 2020. Migliaia di persone sono state uccise o ferite e centinaia di migliaia costrette a lasciare le loro case. Il racconto anno per anno con gli operatori di Medici senza Frontiere

Siria, dieci anni dopo. Msf: “Paese devastato, primo al mondo per sfollati interni”

Dopo 10 anni di guerra in Siria circa 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Edifici e infrastrutture civili, compresi gli ospedali, sono stati attaccati ancora nel 2020. Migliaia di persone sono state uccise o ferite e centinaia di migliaia costrette a lasciare le loro case, facendo conquistare alla Siria il triste primato di paese con la più grande popolazione di sfollati interni al mondo, oltre 6 milioni. Oggi la crisi economica e la pandemia stanno ulteriormente deteriorando la situazione. Medici Senza Frontiere (Msf), che dallo scoppio del conflitto opera in Siria direttamente, supportando ospedali e fornendo assistenza nei campi profughi, o da remoto supportando i medici siriani con donazioni di farmaci e consulenze, resta “estremamente preoccupata per il destino della popolazione siriana” e chiede alle parti in conflitto di “garantire la protezione dei civili e la possibilità di fornire assistenza medica e umanitaria ovunque sia necessaria”.

“Dopo dieci lunghi anni di un conflitto senza fine, le persone vivono una situazione disperata, non vedono via d’uscita né segni di miglioramento. La loro condizione è ulteriormente peggiorata dalla crisi economica e dalla pandemia, e vivono nella paura costante di una nuova offensiva militare, che porterebbe a nuovi sfollamenti per trovare rapidamente un nuovo posto sicuro dove stare”, dichiara Duccio Staderini, ex capomissione Msf per la Siria.

Un decennio di conflitto ha devastato il sistema sanitario nel nord della Siria. “Sono centinaia le strutture mediche bombardate, numerosi gli operatori sanitari uccisi, e ancora oggi c’è una drammatica scarsità di forniture mediche – afferma Medici senza Frontiere -. Con la pandemia di Covid-19 le poche strutture funzionanti, già in difficoltà con scorte e personale limitati, vivono una situazione ancora più complessa: i test diagnostici sono pochi e c’è carenza di ossigeno in diverse strutture della regione, molte hanno smesso di fornire cure mediche ‘non-essenziali’. Attraversare le frontiere per portare rifornimenti e operatori è diventato ancora più difficile per le misure di contrasto al Covid-19. Nel nord-ovest della Siria, ci sono 24 centri di isolamento e 12 ospedali Covid-19, ma non saranno sufficienti se la pandemia continuasse a diffondersi”.

Oggi nel nord della Siria, sono molti i campi profughi sovraffollati, esposti a intemperie e senza un accesso adeguato alle cure mediche. Msf sottolinea che gli sfollati vivono in ripari collettivi, in condizioni di sovraffollamento e insicurezza, condividendo bagni e attrezzature per cucinare. E in piena pandemia mantenere il distanziamento fisico è praticamente impossibile. Eventuali nuovi scontri comporterebbero ulteriori spostamenti di popolazione verso aree già densamente popolate.

“Siria, autunno 2017 e primavera 2018: colpi di pistola, esplosioni, mine. Una ragazza di 20 anni, trasportata da Raqqa, ferita all’addome e al torace, incinta di sette mesi. Il bimbo morto per lo scoppio. La sua degenza è stata lunga, come erano lunghi i giorni dei combattimenti trascorsi a curare i feriti. ‘Potrò avere un figlio?’, la sua domanda, la sua speranza, la stessa di una Siria che nonostante tutto voleva ricominciare a vivere”, racconta Simone Del Curto, anestesista di Msf.

Lungo tutto il periodo del conflitto, Msf non ha mai smesso di portare assistenza medico-umanitaria e supportare medici e infermieri siriani nonostante le enormi difficoltà e limitazioni, in luoghi non convenzionali come grotte, scantinati, edifici rurali, superando gli ostacoli posti all’assistenza umanitaria e con basi operative nei paesi limitrofi, tra bombardamenti indiscriminati su aree civili e ospedali, i drammatici assedi e gli attacchi chimici, in totale spregio delle regole della guerra (i dieci anni di conflitto con le testimonianze degli operatori di MSF sono in coda). Ancora oggi, Msf continua a denunciare le preoccupanti condizioni della popolazione siriana e chiede di aumentare la fornitura di aiuti umanitari, drammaticamente necessari per la sopravvivenza di milioni di persone.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)