Siria, torture e morti in detenzione nel nordest. Rapporto di Amnesty

Oltre 56 mila persone arrestate dopo la sconfitta territoriale del gruppo armato Stato islamico subiscono violazioni o muoiono a causa delle condizioni inumane. 30 mila minorenni in almeno 27 centri di detenzione e nei due campi di Al-Hol e Roj. Le responsabilità degli Usa

Siria, torture e morti in detenzione nel nordest. Rapporto di Amnesty

Nel nordest della Siria, oltre 56 mila persone arrestate dopo la sconfitta territoriale del gruppo armato Stato islamico subiscono violazioni o muoiono, a causa delle condizioni inumane di detenzione. È quanto denuncia Amnesty International nel rapporto appena pubblicato, Conseguenze. Ingiustizia, torture e morti in detenzione nel nordest della Siria. Le autorità della regione autonoma sono responsabili della massiccia violazione dei diritti umani di circa 11.500 uomini, 14.500 donne e 30 mila minorenni detenuti in almeno 27 centri di detenzione e nei due campi di Al-Hol e Roj.

Come ricorda Amnesty, le autorità autonome sono il principale partner del governo statunitense e di altri membri della coalizione che ha sconfitto lo Stato islamico. “Gli Usa sono ampiamente coinvolti nel sistema detentivo – denuncia l'organizzazione”.

Trascorsi più di cinque anni dalla sconfitta territoriale dello Stato islamico, decine di migliaia di persone restano detenute arbitrariamente e a tempo indeterminato, molte delle quali in condizioni inumane, sottoposte a pestaggi, scariche elettriche e violenza di genere e obbligate a rimanere in posizioni dolorose. Altre migliaia di persone risultano vittime di sparizione forzata. Le donne sono state illegalmente separate dai loro figli. Tra le persone detenute ci sono anche vittime dello Stato islamico, tra cui decine, se non centinaia di yazidi, donne e ragazze vittime di matrimoni forzati e minorenni arruolati a forza.

“Le autorità autonome hanno commesso crimini di guerra, tortura e trattamento crudele e probabilmente anche quello di uccisione - ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International - I minori, le donne e gli uomini che si trovano nei campi e nelle strutture detentive subiscono una crudeltà e una violenza scioccanti. Il governo statunitense ha avuto un ruolo centrale nella creazione e nel mantenimento di questo sistema detentivo, che ha prodotto centinaia di morti evitabili. Ora deve avere un ruolo nel cambiarlo – continua Callamard - Questo sistema viola i diritti umani di persone sospettate di affiliazione allo Stato islamico e non fornisce giustizia alle vittime e alle persone sopravvissute ai crimini dello Stato islamico”.

Se da un lato è vero che “la minaccia dello Stato islamico a livello globale resta concreta”, dall'altro “le violazioni dei diritti umani in corso nel nordest della Siria non fanno altro che alimentare ulteriore rabbia. Una generazione di bambine e bambini non ha conosciuto che ingiustizia. Le autorità autonome, che fanno parte della coalizione guidata dagli Usa, e le Nazioni Unite devono porre rimedio a queste violazioni e porre fine al ciclo di violenza”, ha sottolineato Callamard.

Le responsabilità degli Usa

Nel 2014 il dipartimento della Difesa degli Usa ha istituito una coalizione anti-Stato islamico. Ne facciano parte 29 stati e gli Usa sono responsabili della strategia, della pianificazione, del finanziamento e dell’attuazione della missione. Attraverso i finanziamenti del Congresso, la coalizione guidata dagli Usa ha ristrutturato i centri di detenzione esistenti, ne ha costruiti di nuovi e visita frequentemente gli uni e gli altri. Il dipartimento della Difesa ha fornito centinaia di milioni di dollari alle Fds e alle forze di sicurezza a loro affiliate. La coalizione guidata dagli Usa ha anche un ruolo importante nelle operazioni congiunte che terminano con la consegna alle Fds di persone arrestate e nei rimpatri di detenuti in paesi terzi, tra i quali l’Iraq.

Tra le persone detenute ci sono siriani, iracheni e cittadini di altri 74 stati. La maggior parte di loro è stata catturata nei primi mesi del 2019, durante la fase finale dei combattimenti con lo Stato islamico. Sono trattenute in due tipi di strutture: edifici chiusi, definiti “strutture detentive”, e campi all’aperto.

“Il governo statunitense ha contribuito all’istituzione e all’espansione di un sistema di detenzione per lo più illegale, caratterizzato da condizioni sistematicamente inumane e degradanti, da uccisioni illegali e dall’ampio uso della tortura. Anche se gli Usa possono aver fornito aiuto per migliorare le condizioni di prigionia o mitigare le violazioni dei diritti umani, questi interventi sono risultati insufficienti rispetto a quanto chiesto dal diritto internazionale - afferma Callamard - La coalizione guidata dagli Usa, insieme alla più ampia comunità internazionale, ha anche abbandonato le vittime dei crimini dello Stato islamico e le loro famiglie, che attendono ancora indagini efficaci e giustizia. Persone rastrellate dopo la sconfitta territoriale dello Stato islamico sono detenute illegalmente da anni. Le autorità autonome, il governo degli Usa e altri stati membri della coalizione, così come le Nazioni Unite, devono lavorare tutti insieme e dare priorità a sviluppare urgentemente una strategia per far sì che questo sistema vergognoso rispetti il diritto internazionale e per identificare soluzioni per chiamare finalmente a rispondere del loro operato gli autori delle atrocità commesse dallo Stato islamico. È necessario condurre un rapido processo di valutazione per identificare le persone detenute che dovrebbero essere immediatamente scarcerate, soprattutto le vittime dei crimini dello Stato islamico e i gruppi a rischio; e nel frattempo assicurare la fine delle violazioni dei diritti umani e indagini indipendenti sulle torture le uccisioni”, ha concluso Callamard.

L'impegno di Amnesty International

I ricercatori di Amnesty International si sono recati nel nordest della Siria in tre occasioni, tra settembre 2022 e agosto 2023, per condurre interviste nei due campi e in dieci strutture detentive. Amnesty International ha messo ampiamente al corrente delle proprie conclusioni le autorità autonome e il governo Usa, che hanno risposto in forma scritta.

Le autorità autonome hanno sottolineato le difficili condizioni in cui si trovano, compresi i conflitti armati in corso. Hanno criticato “la comunità internazionale e i partner globali” per non aver “dato seguito ai loro obblighi giuridici e morali” e sottolineato che gli stati che hanno loro cittadini nel sistema di detenzione e la comunità internazionale le hanno lasciate sole “nel gestire le conseguenze” dei combattimenti contro lo Stato islamico.

Da parte sua, il dipartimento di Stato Usa ha risposto descrivendo gli sforzi fatti per affrontare “le drammatiche sfide umanitarie e di sicurezza” nel nordest della Siria e ha precisato che i gruppi e le singole persone che fanno parte delle Fds con cui collabora “sono sottoposti a una rigorosa valutazione”. L’unica soluzione è, secondo le autorità statunitensi, “il rimpatrio e il ritorno delle persone sfollate e detenute nei rispettivi paesi di origine”, in modo che gli autori di crimini “siano chiamati a risponderne in procedimenti giudiziari, da parte delle autorità competenti, che rispettino i diritti umani”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)