Terremoto in Turchia: l’intervento di Medici senza Frontiere e le testimonianze dei sopravvissuti

Medici Senza Frontiere (Msf) nelle scorse ore ha donato diversi generi di prima necessità alle persone colpite dal terremoto nella città di Adiyaman nel sud della Turchia. Kit igienico sanitari, fornelli da campo, biancheria intima invernale, pannolini e cibo per bambini, beni che sono stati distribuiti a più di 50 famiglie nel nuovo campo creato per i sopravvissuti al terremoto. E ha raccolto le testimonianze di chi è scampato al sisma

Terremoto in Turchia: l’intervento di Medici senza Frontiere e le testimonianze dei sopravvissuti

Il 15 febbraio, in collaborazione con la Turkish Medical Association, un team di Medici Senza Frontiere (Msf) ha donato diversi generi di prima necessità alle persone colpite dal terremoto nella città di Adiyaman nel sud della Turchia. Kit igienico sanitari, fornelli da campo, biancheria intima invernale, pannolini e cibo per bambini sono stati distribuiti a più di 50 famiglie nel nuovo campo creato per i sopravvissuti al terremoto. 

“La città di Adiyaman, con circa 300 mila persone, è stata una delle aree più colpite dal terremoto – afferma Msf -. La maggior parte degli edifici sono stati danneggiati o risultati inagibili, lasciando migliaia di persone a dormire all’aperto, in ampi campi, insediamenti di fortuna o auto private”. Come in altre aree colpite dal terremoto, le équipe di Msf si stanno coordinando con varie organizzazioni locali per fornire assistenza ai sopravvissuti.

Le testimonianze

Medici senza Frontiere ha raccolto anche numerose testimonianze da Adiyaman, in Turchia, di come il terremoto abbia distrutto vite ma anche i sogni e il futuro delle persone.

Ali, 43 anni: "Ho perso tutto quello che ero riuscito a raccogliere in tutta la mia vita". "Ho perso la mia casa, ho perso la macchina. La nostra famiglia di cinque persone dorme nell'auto di un parente. Vivevamo nella nostra casa da 17 anni, l'avevamo costruita noi. Quando il terremoto ha colpito, ho gettato le coperte sui miei figli per cercare di proteggerli. Hanno sei, otto e dodici anni. Il terremoto è durato circa due minuti. Abbiamo aspettato un altro minuto, fino a quando tutto ha smesso di muoversi. Poi siamo scesi dal secondo piano attraverso un buco che si era aperto nel balcone. Alcuni vicini mi hanno aiutato a tirare fuori i bambini. Ho perso tutto quello che ero riuscito a raccogliere in tutta la mia vita. Stiamo ricevendo aiuti da diverse parti, ma abbiamo urgentemente bisogno di una tenda. Senza soldi, non possiamo pensare di andare altrove".

Nazlican, 22 anni: "Prima del terremoto ero pieno di sogni". "Sono uno studente, studio inglese all'università. Prima del terremoto ero pieno di sogni. Volevo fare uno scambio Erasmus in un altro Paese. Ma tutto è cambiato nel giro di pochi minuti quella notte. Non posso più studiare e la nostra situazione ora è molto difficile. 

Stavo dormendo in una camera da letto al primo piano di un edificio di tre piani quando ha iniziato a tremare. Ho cercato di proteggere mia sorella minore. Quando le scosse sono cessate, ci ha raggiunto anche nostra madre. Siamo usciti in strada. Pioveva, era molto buio e faceva freddo. C'erano molte scosse di assestamento. Siamo rimasti in macchina. Pensavo che saremmo morti”.

“Abbiamo perso tutto – continua -. Avevamo un’ipoteca su questo appartamento ad Adiyaman. Avevamo un’altra casa in un villaggio vicino a Malatya, ma anche quella è stata distrutta - mio padre è andato a controllare. Viviamo in questo container dove ci siamo trasferiti da 10 giorni. È uno spazio piccolo per noi sei, i miei genitori e i miei tre fratelli”. 

Dilan, 23 anni: “Ogni tanto abbiamo la sensazione che il pavimento stia tremando”. “Siamo in cinque: mia madre, mio padre, i miei due fratelli e io. Facevo le pulizie in un ospedale alla periferia della città. La mia casa è laggiù (a 30 metri di distanza), ma ora stiamo in questo campo con altre famiglie del quartiere. La casa è completamente distrutta. Abbiamo preso le cose necessarie e tre giorni fa ci siamo trasferiti qui. Un’organizzazione ci ha dato questa tenda. Tutto ciò che vogliamo è avere di nuovo una vita normale: mangiare bene, vivere in un posto caldo. Non abbiamo in programma di spostarci, non sapremmo dove andare perché abbiamo sempre vissuto qui, ad Adiyaman. Cosa possiamo fare? Questo è il nostro posto, qui c’è la nostra vita. Ora passiamo le giornate senza poter fare molto: stiamo in piedi, guardiamo... e fa molto freddo. Ogni tanto abbiamo la sensazione che il pavimento tremi”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)