Zaino in spalla, giovani autori di reato in cammino lungo la Penisola

Quasi un mese di cammino lungo l’Appennino e 600 chilometri zaino in spalla per riflettere sul proprio passato e sul futuro. È partito il dodicesimo progetto dell’associazione "Lunghi cammini", che dal 2016 promuove percorsi a piedi per i ragazzi del circuito penale e non solo

Zaino in spalla, giovani autori di reato in cammino lungo la Penisola

Quasi un mese di cammino lungo l’Appennino e 600 chilometri zaino in spalla per riflettere sul proprio passato e sul futuro, partendo dall’esperienza del presente. Mauro, nome di fantasia, ha 16 anni, arriva da un piccolo paese della Puglia e ha commesso un reato contro un coetaneo. Anche per questo, dallo scorso 2 aprile Mauro ha intrapreso il Cammino di San Benedetto che collega Norcia a Montecassino sulle orme del santo fondatore dell’ordine di benedettino. Da qui, insieme al suo accompagnatore Giovannangelo De Gennaro e alla cagnolina Dharma, Mauro si ricongiungerà al Cammino Con le ali ai piedi che, attraversando Molise e Gargano, raggiunge Monte Sant’Angelo, primo luogo di pellegrinaggio d’Europa dove l’Arcangelo Michele fa la guardia al luogo di Dio.

Come nasce l’associazione Lunghi Cammini

“Quello di Mauro è il primo dei due progetti che porteremo avanti nel corso del 2023” spiega Isabella Zuliani animatrice dell’associazione Lunghi Cammini nata a Venezia nel 2016 su ispirazione della francese Seuil: un’organizzazione nata dall’intuizione Bernard Ollivier che, dopo una lunga carriera come giornalista finanziario, all’età della pensione, decide di percorre i 12 mila chilometri dell’antica Via della Seta da Istanbul a Xian. Su questa esperienza Ollivier scriverà alcuni libri i cui proventi verranno investiti in un progetto singolare rivolto a giovani autori di reato tra i 14 e i 18 anni, che saranno aiutati a reintegrarsi nella società attraverso cammini di 100 giorni e quasi 2.000 chilometri. “Avevo letto della straordinaria esperienza di Bernard Ollivier in un articolo pubblicato sul quotidiano Avvenire e subito ero stata colpita dalla forza del suo metodo, così ho provato a coinvolgere l’Ussm di Venezia, l’Ufficio Servizi Sociali per i Minorenni del Dipartimento di Giustizia minorile e di Comunità e, grazie alla sua direttrice, alcune comunità educative per minorenni – prosegue Zuliani –. L’associazione è nata alla fine del 2016 e, dopo un anno di riflessione, nell’ultimo squarcio del 2017 è partito il primo cammino. A oggi ne abbiamo organizzati 11 in tutto, coinvolgendo non solo ragazzi che hanno commesso reati, ma anche giovani in situazioni di povertà educativa e fragilità. Non tutti i cammini sono arrivati a termine, ma siamo convinti che la forza di quest’esperienza sia tale da lasciare comunque un segno nei ragazzi, anche a distanza di molti anni”.

Un cammino a basso budget

Mentre scriviamo Mauro e Giovannangelo stanno proseguendo il cammino, dopo essere arrivati a Venezia-Mestre insieme, partendo dalla Puglia lo scorso 2 aprile. “Bisogna mettere in conto il tempo che occorre alla coppia per conoscersi e farsi conoscere dall’équipe educativa che li seguirà a distanza prima di intraprendere l’esperienza del cammino vero e proprio – puntualizza la fondatrice dell’associazione –. Naturalmente serve anche del tempo per preparare lo zaino, acquistando tutto quello che sarà necessario e sufficiente per affrontare un mese di viaggio. Il ragazzo e il suo accompagnatore alloggeranno sempre al coperto, quindi non hanno portato una tenda, ma si preparano da mangiare quanto più spesso possibile, sia per motivi educativi e di condivisione delle scelte sia per motivi economici, visto che hanno un budget molto contenuto e devono farsi bastare 45 euro al giorno in due per tutte le spese di vitto e alloggio”.

Il cellulare resta a casa

Ogni sera, poi, il ragazzo e l’accompagnatore si confrontano con l’équipe educativa che li segue a distanza: “A fine giornata c’è sempre una telefonata per fare il punto della situazione: entrambi raccontano ciò che ha funzionato e ciò che non è andato bene, per riflettere insieme sul senso del percorso – spiega Francesco Barletta, uno degli accompagnatori dell’associazione che, in questo progetto, fa parte dell’équipe educativa –. Stanno attraversando un paesaggio stupendo, percorso soprattutto da strade sterrate, dove i luoghi dedicati all’accoglienza dei camminatori sono davvero autentici”. E naturalmente un cammino non è fatto solo di polvere e strada da percorrere, ma anche e soprattutto di incontri fortuiti. A Subiaco i due si sono fermati dalle suore salesiane di San Biagio, dove hanno dato una mano nel mettere i semi degli alberi da frutto a germogliare, una sera hanno incontrato un gruppo di Scout che sono rimasti molto colpiti dalla loro esperienza e, a Pasquetta, sono stati invitati una comitiva che pranzava all’aria aperta e non voleva lasciarli più andare. “Il ragazzo è rimasto molto colpito dalla loro disponibilità, come da tanti piccoli episodi che si verificano lungo il cammino – continua Barletta, che ha alle spalle 4 esperienze come accompagnatore –. Di solito – precisa – le fasi sono sempre le stesse: all’inizio c’è la fatica fisica, visto che non sono abituati a camminare e a svegliarsi presto, poi vanno in crisi a causa della routine. Tutti i ragazzi che fanno questa esperienza devono lasciare a casa il cellulare”. E così Mauro che, nei primi giorni, si lamentava di dover mangiare cibi non sempre graditi, oggi non comincia più il pasto mentre il suo compagno sta ancora cucinando e sta imparando a realizzare alcuni semplici piatti. “Quello tra l’accompagnatore e il ragazzo è un rapporto molto intimo – conclude Barletta – io sono rimasto in contatto con tutti, anche se in due casi hanno scelto di interrompere il percorso. È un’esperienza forte che né i ragazzi né gli accompagnatori possono dimenticare”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)