Giornata mondiale comunicazioni sociali. Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: parla Vincenzo Corrado, direttore UCS-CEI

Comunicazioni sociali. Papa Francesco, nel messaggio per la 58a giornata mondiale, indica la “sapienza del cuore” come bussola – nella frammentarietà del tempo caratterizzato dallo sviluppo tecnologico – per non cadere nelle trappole e negli ingorghi algoritmici

Giornata mondiale comunicazioni sociali. Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: parla Vincenzo Corrado, direttore UCS-CEI

«Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana» è il titolo del messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociale. Ma in che modo si sviluppa questa sapienza, integrando spiritualità e uso consapevole dei media digitali nella loro vita quotidiana? E cosa può dire l’Intelligenza artificiale per la nostra comunicazione?

Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, spiega: «Papa Francesco parla della “sapienza del cuore” come di una “virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi”. È la virtù che consente di affrontare e risolvere la frammentarietà di questo tempo caratterizzato dallo sviluppo tecnologico. Per questo, non bisogna stupirsi se viene indicata tale bussola per non cadere nelle trappole e negli ingorghi algoritmici. La “sapienza del cuore” sostiene, infatti, l’orientamento e non è una semplice addizione di parti che si ritengono isolate tra loro: spiritualità e uso consapevole dei media. Occorre andare oltre la semplice correlazione per abbracciare finalmente la dimensione integrale della vita in cui tutto deve concorrere per il bene della persona. La spiritualità consente di andare in profondità superando le discrasie della quotidianità.

È la seconda volta che il Papa parla di AI. Lo aveva fatto anche per il messaggio della Giornata mondiale della pace. Perché questa insistenza?

Il tema è di grande attualità. I due messaggi non sono casuali, ma sottolineano le connessioni tra pace e comunicazione. A questa attenzione del Papa si uniscono le parole del presidente Mattarella nel messaggio di fine anno 2023: “Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona - e nella sua dignità - il pilastro irrinunziabile”. Gli sviluppi tecnologici, continui e inarrestabili, chiedono uno sguardo nuovo che salvaguardi il portato etico che è patrimonio di tutti, prima che sia troppo tardi e prima che sia l’escalation tecnica a dettare le regole del gioco. La posta è grande e ha a che fare con il futuro delle nuove generazioni. Ecco perché la connessione pace-comunicazione può essere la cifra con cui contrastare il disimpegno, a favore della comprensione e della responsabilità. Occorre tenere alta la consapevolezza di questa scelta di campo.

Il Papa parla di come le nuove tecnologie possano essere “strumenti di ‘inquinamento cognitivo’, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute – e condivise – come se fossero vere”. Quali sono i veri rischi, oggi?

I rischi sono diversi, così come avviene ogni qualvolta che ci si confronta con il progresso. Sicuramente, sono amplificati dal forte impatto delle nuove tecnologie su una socialità che supera i confini dello spazio e del tempo. In questo senso mi pare di cogliere il pericolo di un individualismo sconfinato e oltre misura, che porta alla sottomissione degli altri, nelle forme più diverse: le fake news ne sono un esempio. L’Io diventa padrone assoluto di ciò che avviene, con la pretesa di controllare tutto. La realizzazione individuale spezza la circolarità comunitaria: tutto inizia con l’Io e finisce lì; ciò che non serve, viene rifiutato e scartato.

Le tecnologie ci permettono di iper-personalizzare il mondo mediatico attorno a noi secondo i nostri gusti, isolandoci ulteriormente nelle nostre costruzioni di senso, indebolendo le comunità. Come ovviare?

Uno dei problemi del nostro tempo, effetto anche della pandemia, è senz’altro la solitudine. Diverse ricerche ne attestano la diffusione tra gli adulti (1 su 4), con alti tassi anche tra giovani e giovanissimi. E ciò su scala globale, con inevitabili ripercussioni anche nella prospettiva della convivenza sociale. Legare il filo della comunicazione e dell’informazione a questa situazione, drammatica per molti versi, può aiutare a recuperare il legame con la comunità. Ricevendo i dirigenti e i dipendenti di Tv2000 e inBlu2000, il Papa ha indicato tre parole per costruire un piano di lavoro proprio per questa tessitura: prossimità, cuore e responsabilità. È una circolarità comunicativa e informativa tesa a rimettere al centro la persona, da cui gettare le fondamenta per lanciare ponti di comprensione e ricomporre le fratture che presentano conseguenze più gravi, come appunto la solitudine. Comunicazione e persona, comunicazione e comunità… relazioni da riprendere e da cui ripartire.

Il Papa parla di regolamentazioni delle AI. Secondo il detto “l’America inventa, la Cina copia, l’Europa regolamenta”, non si corre il rischio che in certe aree del mondo si sviluppino tecnologie senza regole e poi, giocoforza, bisogna adottarle?

È un discorso che ha come conseguenze estreme l’inclusione o l’esclusione dai processi internazionali legati agli sviluppi. Pensiamo, ad esempio, alla rivoluzione industriale e quanto questa abbia inciso nei rapporti tra le nazioni. Sulle intelligenze artificiali, penso ci sia stata un’attività proattiva, soprattutto da parte dell’Unione Europea, prima che fosse troppo tardi. Le innovazioni tecnologiche segnalano, infatti, quanto sia denso di significati il cambiamento che portano: non semplicemente qualcosa di strumentale, ma sempre di più profondo, con impatti imprevedibili a livello sociale, culturale, esistenziale. Per questo, è importante muoversi a livello legislativo, non perdendo mai di vista l’orizzonte del bene comune.

Il Papa nel suo messaggio pone tanti interrogativi, senza per forza dare risposte, anzi, conclude lasciando tante questioni aperte, nella consapevolezza che “Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza”. Ma la sapienza non può che essere “collettiva”…

I tanti interrogativi posti dal Papa a conclusione del messaggio colpiscono nel segno facendo emergere l’urgenza di un percorso da intraprendere che è proprio legato alla collettività. Occorre essere protagonisti e mai spettatori di ciò che avviene, soprattutto se c’è un forte impatto sulla vita sociale e, ancora prima, sulla stessa umanità. È una chiamata alla responsabilità di tutti: giornalisti e comunicatori ma anche fruitori di contenuti e strumenti. Ai primi perché non smarriscano la bellezza dell’incontro, dell’ascolto e della parola. Ai secondi perché sviluppino sempre di più quel necessario senso critico con cui orientarsi davanti a qualsiasi forma di manipolazione. Insieme, però, siamo chiamati a rinnovare un patto di corresponsabilità perché pure la tecnologia ha bisogno di quel di più che sfugge a qualsiasi tecnica.

Sono passati 60 anni da “Inter mirifica”, e il mondo della comunicazione ha vissuto trasformazioni paragonabili ai 2000 anni precedenti. Anche la Chiesa è cambiata. Quanto è ancora attuale per la Chiesa quel documento? Cosa possiamo riscoprire?

Quel documento, alla luce degli sviluppi odierni, potrebbe apparire superato. Eppure, nell’ambito comunicativo ecclesiale, tutti i progressi raggiunti sono figli proprio di quel testo e si intrecciano, nel mondo intero, con una diversa comprensione e strutturazione ecclesiologica apportata dal Concilio Vaticano II. Questo è avvenuto anche in Italia, ad esempio, con una nuova concettualizzazione della “comunicazione”. Inter mirifica segna il fondamentale passaggio da una concezione ludica della realtà comunicativa (fino ad allora inclusa in una dimensione ricreativa) a una comprensione che abbraccia tutte le iniziative già esistenti, in modo particolare stampa e cinema, e ne progetta di nuove. Questo punto di arrivo è ancora oggi un punto di partenza: le novità tecnologiche vanno affrontate sempre con grande progettualità. Il titolo del documento – Inter mirifica (Tra le meraviglie) – oltre che una constatazione, esprime anche una collocazione ben precisa, una sorta di personalizzazione: ciascuno, con il proprio impegno, può porsi tra le meravigliose invenzioni tecniche. Ma perché esse siano tali, cioè meravigliose, servono il proprio contributo specifico e la propria testimonianza. Più attuale di questo!

Chiesa e comunicazioni sociali: gli inizi del rapporto

Esce in libreria, a cura di Vincenzo Corrado per Scholé di Morcelliana, il volume Meravigliose invenzioni. Inter mirifica sessant’anni dopo (pp. 224, euro 20). Un libro per celebrare e per riflettere sul documento che diede avvio al rapporto tra Chiesa e comunicazione sociale. «Nell’ambito comunicativo ecclesiale – spiega Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali – tutti i progressi raggiunti sono figli proprio di quel testo e si intrecciano, nel mondo intero, con una diversa comprensione e strutturazione ecclesiologica apportata dal Concilio Vaticano II». Una nuova concettualizzazione della “comunicazione”, da attività ricreativa a una «comprensione che abbraccia tutte le iniziative già esistenti, in modo particolare stampa e cinema, e ne progetta di nuove».

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