Il senso profondo del presepe
Il presepe è una tradizione, sì; ma nel senso pieno del termine, che è quello di aiutarci a tramandare una verità che nel logorio quotidiano rischiamo di non cogliere più nella sua dirompente bellezza. Di fronte al presepe si sosta in preghiera. E poi si riparte, per dire che sì, Dio non è un’idea da contemplare, che si è realmente incarnato e noi vogliamo esserne testimoni. Il resto, da qualsiasi parte vengano, sono solo polemiche inutili.
Castelbaldo, lunedì sera. Mentre sui mass-media monta per l’ennesima volta la polemica sul presepe, pian piano la chiesa si riempie.
Sui volti la stanchezza di un giorno trascorso al lavoro, nel cuore il desiderio di fermarsi in preghiera col vescovo Claudio, qui in visita pastorale.
Poche riflessioni, che aiutano ad andare al cuore delle cose, a vivere il tempo d’Avvento nel suo significato più pieno. Come? Innanzitutto affidandosi alla sapienza della liturgia, nel ripercorrere il mistero di Gesù che è venuto e che viene ogni giorno in mezzo a noi, per noi.
Il presepe racconta questo, non altro. È una tradizione, sì; ma nel senso pieno del termine, che è quello di aiutarci a tramandare una verità che nel logorio quotidiano rischiamo di non cogliere più nella sua dirompente bellezza.
E la verità è quella che il vescovo condivide con la sua gente qui a Castelbaldo, lontano dai clamori mediatici, ricordando che su questa terra siamo in cammino, in esilio, di passaggio, ma che «la nostra patria è altrove, è in quel cielo di cui Gesù ci ha già fatto abitanti in virtù del battesimo. Ecco perché un cristiano non ha altre strade che scegliere sempre il bene, è per sua natura un cultore del bene: di quel bene anche piccolo, umile, nascosto ma che al ritorno del Signore apparirà in tutta la sua bellezza e verità».
L’Avvento è il cammino verso un incontro che rimodella la vita
E il presepe è proprio questo, «un segno cristiano che parla alla vita quotidiana – come ha scritto nei giorni scorsi il vicario episcopale don Marco Cagol – perché essere cristiani è dare una forma reale alla vita quotidiana. È amare con tutto se stessi gli altri, perché amare i fratelli e amare Dio sono due realtà inseparabili».
Di fronte al presepe si sosta in preghiera
E poi si riparte, per dire che sì, Dio non è un’idea da contemplare, che si è realmente incarnato e noi vogliamo esserne testimoni: per come possiamo, certo, con tutti i nostri limiti, ma nella coerenza e nella concretezza dei nostri giorni. Il resto, da qualsiasi parte vengano, sono solo polemiche inutili.