Intervista a Luisa Morgantini. Pochi giorni fa era a Rafah, con la delegazione di parlamentari italiani

Era al valico di Rafah a inizio marzo con la delegazione di parlamentari, associazioni e cooperanti italiani. Ecco il suo racconto e il ruolo che può avere Marwan Barghouthi per favorire l'unità tra palestinesi e israeliani.

Intervista a Luisa Morgantini. Pochi giorni fa era a Rafah, con la delegazione di parlamentari italiani

Era al valico di Rafah a inizio marzo con la delegazione di parlamentari, associazioni e cooperanti italiani. Luisa Morgantini, 83 anni, figlia di partigiani, europarlamentare dal 1999 al 2009, tra le mille donne nel mondo candidate al Nobel per la pace, ha speso la vita per la Palestina: «A Gaza è un inferno in cui si manifestano le più grandi violazioni dei diritti umani. In realtà, sotto le macerie muore anche l’umanità, oltre che bambini, donne, uomini. A Gaza muore anche il diritto internazionale».

Si tratta davvero di genocidio?
«Ho sempre resistito all’uso della parola, ma non questa volta. Ministri israeliani dicono che si deve radere al suolo Gaza: bisogna togliere acqua, combustibile, elettricità agli animali palestinesi. Un presidente come Isaac Herzog afferma che tutti i civili di Gaza sono responsabili, anche i bambini. È la totale disumanizzazione dei palestinesi: li cancellano, perché per loro non sono esseri umani».

C’è chi “traduce” tutto in una guerra di religione…
«Non è una guerra di religione fra ebrei e musulmani. La Palestina è multiculturale: ci sono assiri, cristiani. Il vero problema è la terra. Gli israeliani, con una mistificazione, stanno cercando di fare vedere a noi europei che i musulmani sono cattivi perché vogliono conquistare tutta la terra dei palestinesi. Fino a Rabin c’è stata una possibilità di mediazione: s’era convinto che poteva restituire i territori occupati in cambio della pace con il mondo arabo. Ma Rabin è stato assassinato da un ebreo fanatico, non da un palestinese o da un musulmano. Dopo Rabin, la caduta è stata continua. Israele oggi è in mano a fondamentalisti fanatici ebraici che pensano che quella terra appartiene loro per diritto divino, che quindi non si può discutere...»

I cristiani di Palestina sono “nel mirino”. Perfino Papa Francesco, quando chiede pace.
«I cristiani sono sempre meno in Palestina, certamente non per colpa dei musulmani. A Gaza le chiese sono state bombardate, come le moschee. A Nablus lo stesso. Nel 2002 la Chiesa della Natività fu bersagliata con la distruzione della Madonna. Bisogna preservare la presenza cristiana e il Papa fa bene a dire che serve la pace. Una voce più che eloquente, che anzi dovrebbe essere più ascoltata. I cristiani palestinesi sono discriminati, minacciati, aggrediti. Viene messa in discussione la stessa libertà di culto».

Hamas, i tunnel, la crisi della leadership OLP. C’è un’alternativa?
«Hamas è fra i civili di Gaza: vero. Ma stiamo parlando di un’area dove in pochissimo spazio vivevano oltre due milioni di persone. Anche se i dirigenti sono a Doha, Hamas è in mezzo alla gente per forza di cose. Ma colpire anche i civili per colpire Hamas è come pensare di sconfiggere la mafia arrestando tutti i siciliani. Quando ero a Gaza nel 2002, i tunnel di cui ora si parla tanto c'erano già: esistono dai tempi dell’Intifada, molto prima che Hamas prendesse il potere. Venivano utilizzati per farci passare mucche, cibarie, elettrodomestici e dispositivi tecnologici per scavalcare l’embargo. Marwan Barghouthi può essere il leader dell’unità, da sempre sostengo la campagna per la sua libertà. Il lancio fu l’ultimo gesto di Mandela e del suo compagno di cella Ahmad Qatrada: ero presente a Robben Island. In Italia, al comune di Palermo, con Leoluca Orlando che resistette ai soliti attacchi dell’ambasciata israeliana, Barghouthi ebbe la cittadinanza onoraria. Il 15 aprile 2002 è stato sequestrato e incarcerato. Con il figlio Arab, rilanceremo la campagna per la sua liberazione il 17 aprile perché è la giornata internazionale per i prigionieri politici palestinesi».

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