La cura è forma di intelligenza. Telmo Pievani ripercorre la storia dell'intelligenza umana, cresciuta prendendosi cura dei più deboli

I nostri antenati non abbandonavano i fragili perché probabilmente avevano esperienze e conoscenze da trasmettere ai più giovani. Le radici dell’umanità. Telmo Pievani ripercorre la storia della nostra intelligenza, a partire da sei milioni di anni fa. E la collega all’empatia, alla capacità di raccontare, al prendersi cura dei più deboli. E all’origine delle migrazioni

La cura è forma di intelligenza. Telmo Pievani ripercorre la storia dell'intelligenza umana, cresciuta prendendosi cura dei più deboli

Possiamo pensare all’intelligenza – dal latino intelligere: intus legere, leggere dentro – come a un complesso di facoltà, che ci consentono di pensare, comprendere e spiegare fatti o azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farci intendere dagli altri, giudicare e adattarci all’ambiente. Definizione quanto mai complessa e sfuggente, che necessita a sua volta di essere continuamente approfondita, ripensata e ridiscussa: soprattutto oggi, in un momento in cui anche le macchine sembrano voler fare concorrenza agli esseri umani in quelle che una volta erano le nostre prerogative. Proprio per questo il tema dell’intelligenza, o meglio delle intelligenze, è stato scelto dal Centro universitario di Padova per i martedì culturali di quest’anno, la serie di otto appuntamenti mensili che fino a maggio 2024 analizzeranno con l’aiuto di una serie di ospiti di alto livello tanti aspetti e forme che oggi può assumere l’intelligenza: da quella artificiale a quella creativa, fino ad arrivare a indagare il rapporto tra le capacità umane e l’essenza ultima delle cose. Il primo incontro, svoltosi il 17 ottobre, è stato dedicato al tema dell’intelligenza naturale, con l’analisi dei caratteri generali del problema e il racconto del cammino evolutivo che ha portato la nostra specie a sviluppare le capacità di comprensione che la caratterizzano. A parlarne, invitato dal direttore don Giorgio Bezze, è stato Telmo Pievani, professore ordinario di Filosofia delle scienze biologiche, di bioetica e di divulgazione naturalistica presso l’Università di Padova oltre che autore di numerosissimi libri, pubblicazioni e programmi televisivi di carattere scientifico. «La storia della nostra intelligenza inizia sei milioni di anni fa, quando in Africa viveva l’antenato comune tra noi e il nostro cugino più stretto, lo scimpanzé – ha spiegato nel corso del suo intervento lo studioso, considerato uno dei massimi esperti della teoria darwiniana dell’evoluzione – Con la nascita del genere homo e la divaricazione progressiva rispetto all’evoluzione degli altri primati il cervello umano inizia a svilupparsi, di pari passo con la nostra capacità di uscire dal nostro habitat originario e di migrare. Per colonizzare altri ambienti c’è infatti bisogno di una mente versatile, non specializzata: per questo si potrebbe dire che il nostro cervello è stato scolpito dalla capacità di spostarci. Siamo umani in quanto migranti».

La crescente capacità cranica, che passa da 450 centimetri cubici dei nostri più lontani progenitori agli odierni 1.400, diventa una delle caratteristiche distintive delle specie umane, così come l’andatura bipede. Allo stesso tempo, sottolinea Pievani, nel corso dell’evoluzione che porta alla nascita e alla scomparsa di varie specie di ominidi si allunga anche il tempo dell’infanzia e dell’adolescenza: «Gli scimpanzé maturano sessualmente piuttosto presto, mentre i nostri cuccioli mantengono molto più a lungo i caratteri giovanili. Alcuni di questi rimangono tutta la vita e anche questa è una nostra caratteristica specifica, la cosiddetta neotenia: la plasticità cerebrale, ma anche il gusto per il gioco». Ecco dunque una caratteristica dell’essere umano fin dal suo apparire sulla Terra: una serie di fragilità che però nel corso a lungo andare si rivelano altrettanti punti di forza: «Avere cuccioli che per molti anni hanno bisogno di accudimento dal punto di vista evolutivo è estremamente costoso e pericoloso, ma costituisce al tempo stesso la base delle capacità che hanno permesso la nostra evoluzione mentale e culturale. Questo nostro essere una “scimmia bambina”, come dice l’antropologo anglo-americano Ian Tattersall, ha fatto esplodere alcune capacità che in altre specie sono rimaste inespresse. Il linguaggio stesso potrebbe essere stato inventato non dagli adulti ma dai cuccioli umani, forse addirittura per gioco: proprio con i giochi, infatti, il linguaggio condivide alcune caratteristiche fondamentali come l’arbitrarietà, la ricorsività e la generatività».

Il linguaggio, molto dopo fissato nella scrittura, costituirà il segreto dell’affermazione dell’Homo sapiens, la specie a cui apparteniamo, fornendo la base di ogni struttura sociale e di ogni capacità speculativa e filosofica, della scienza come dell’arte. «Quello che però vediamo già in specie umane precedenti è che con l’aumentare delle facoltà mentali e della complessità sociale, le comunità iniziano a prendersi cura degli individui più fragili. Già con l’Homo heidelbergensis, che aveva un cervello sviluppato ma ancora più piccolo del nostro, troviamo ad esempio tombe di individui che sono riusciti a sopravvivere per anni senza denti. Qualcuno evidentemente li aveva nutriti: significa che i fragili venivano curati e non abbandonati. Anche perché probabilmente avevano esperienze e conoscenze da trasmettere ai più giovani: anche la cura è dunque una forma di intelligenza, ed è alle radici della nostra stessa umanità». L’evoluzione della nostra specie ci mostra insomma come l’intelligenza si sviluppa attraverso il sedimentarsi delle conoscenze e l’utilizzo di strumenti sempre più complessi, ma anche con l’uso dei simboli, quali possono essere le parole ma anche statuette e ornamenti, e l’empatia, che affina la nostra capacità di capire e quindi di prevedere i comportamenti degli altri permettendoci di vivere in comunità. L’intelligenza umana infine è narrativa: «Una delle nostre caratteristiche è la capacità di raccontare storie. Provate a cacciare un mammut lanoso senza stare la sera precedente seduti davanti a un fuoco a preparare un piano, cioè una storia di quello che avverrà. E arriviamo così all’intelligenza narrativa, l’elemento che ci ha resi definitivamente umani». E che ci permette oggi di parlare di noi stessi e dei nostri progenitori, alla ricerca dell’origine di quel lampo di consapevolezza che migliaia di anni fa fece sbocciare l’umanità.

#Intelligenze, incontri al Centro universitario

Il prossimo incontro della serie dei martedì culturali #Intelligenze sarà dedicato all’intelligenza artificiale, relatore Roberto Battiston (Università di Trento). Appuntamento il 21 novembre 2023, alle ore 18.30 presso il Centro universitario in via Zabarella 82, Padova. Ulteriori informazioni su www. centrouniversitariopd.it

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