Migranti, così la pandemia ha cambiato la narrazione “sull’invasione”

Il tema al centro di un dibattito organizzato da Carta di Roma: il frame della paura domina il racconto mediato su coronavirus e stranieri. Loukarelis (Unar): “Peggiorata la situazione dei più vulnerabili”

Migranti, così la pandemia ha cambiato la narrazione “sull’invasione”

Come e quanto è cambiato il racconto della migrazione, dei luoghi di confine e degli stranieri con la pandemia da Covid19? Il tema è stato al centro dell’incontro "Voices from the borders", organizzato dall’Associazione Carta di Roma, insieme a Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), Amref e Osservatorio di Pavia.
“Con la pandemia gli homeless, i rom, i migranti, che prima erano invisibili sono diventati ancora più invisibili. E questo, oltre a essere un paradosso, è un problema anche di sanità pubblica - sottolinea Triantafillos Loukarelis, direttore dell’Unar e presidente del Cdadi (Comitato direttivo contro la discriminazione, la diversità e l’inclusione)-. Molte persone vulnerabili sono state escluse dall’accesso alle cure, alcune amministrazioni locali hanno servizi solo per i residenti. E ora abbiamo lo stesso problema con il piano di vaccinazione. In molti casi si tratti di una vera e propria discriminazione istituzionale: tutti dovrebbero essere protetti”. L’Ufficio anti discriminazioni razziali ha dato poco approvato un documento sull'integrazione interculturale nelle città: “le amministrazione locali hanno un ruolo cruciale soprattutto in relazione alla tutela delle persone più vulnerabili - conclude Loukarelis - per questo abbiamo pensato  nuovi strumenti e rilasciato raccomandazioni”. 

Per Marina Sarli, coordinatrice advocacy di Snapshots from the Borders “la pandemia ha cambiare lo scenario e il modo di comunicare dei media”. In particolare c’è stata una connessione sul frame della paura: “molta della narrativa sulla migrazione e sulla pandemia è costruita intorno al senso della paura - spiega - . spesso questa combinazione di paure è usata anche per distorcere l’informazione sulla migrazione in questo periodo di emergenza sanitaria.”. 

Federico Faloppa, professore associato e direttore del corso di Italianistica presso il Dipartimento di Lingue e Culture dell'Università di Reading ha realizzato un lavoro sul linguaggio intorno al concetto di frontiere, siano esse visibili che invisibili. Insieme al fotografo Luca Prestia ha attraversato diversi luoghi di confine, dal Lesbo alla rotta balcanica fino ai confini italiani. “C’è spesso una spettacolarizzazione delle frontiere nei media - sottolinea -. Nel 2020 abbiamo assistito a una combinazione di frame: chiudere le frontiere per contrastare l’ invasione dei migranti e del virus”. Anche Giuseppe Milazzo dell’Osservatorio di Pavia ha ricordato quanto sia cambiata la narrazione sull’immigrazione nell’ultimo anno. Come rilevato dall’ultimo rapporto di Carta di Roma “Notizie di transito nel 2020 le notizie relative all’immigrazione sono diminuite del 34% rispetto al 2019. Nei telegiornali del prime time, a differenza degli anni precedenti, l’attenzione è stata discontinua: nei primi dieci mesi del 2020 le notizie trasmesse sono la metà rispetto a quelle rilevate negli ultimi due anni.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)