Padova. 7 aprile 1979, quarant'anni dopo: una città che si merita davvero un altro futuro

Quarant’anni: un tempo che è ormai storico. Permette una riflessione sul 7 aprile 1979 finalmente libera da trappole ideologiche, ricatti morali e ricostruzioni di parte.

Padova. 7 aprile 1979, quarant'anni dopo: una città che si merita davvero un altro futuro

Padova ha inaugurato, all’epoca, la stagione della “supplenza” da parte della magistratura nei confronti della politica. E innescato il “giustizialismo” senza scrupoli che è arrivato fino ad oggi, intossicando il dibattito pubblico. D’altra parte, i coraggiosi “garantisti” di allora hanno subito una sorta di… estorsione da qualsiasi indagato di stretta attualità. Dunque, si può finalmente ricominciare dalla separazione costituzionale nel governo della società?

Anche a Padova il movimento delle idee aveva anticipato ciò che ora sembra quasi senso comune: ecologia, salute, mondialismo. Ma la cultura del muro contro muro (in particolare nel Pci) aveva combattuto chi opponeva al mito del lavoro la denuncia delle produzioni di morte, quanto il “nuovo pacifismo” in nome di un’Europa non più ostaggio delle due superpotenze in guerra.

E soprattutto non va mai dimenticata – nonostante tutto – la risolutezza nella “riconciliazione”. La cronista Claudia Basso non scrisse una riga sull’eccezionale cena del dialogo, anche se sedeva alla stessa tavola con il sindaco Settimo Gottardo e con gli “avanzi di galera” Emilio Vesce e Luciano Ferrari Bravo. Lo stesso vescovo Filippo Franceschi si spese con discrezione nel ricucire strappi o schiudere porte, affinché la città uscisse dal vicolo cieco.

Forse, Padova si era già dimostrata migliore degli opposti stereotipi che la inchiodavano in eterno agli “anni di piombo”. Un po’ con la giusta distanza filmata da Carlo Mazzacurati, un po’ come nell’ultimo romanzo di Romolo Bugaro.

Quarant’anni dopo, una città che si merita davvero un altro futuro.
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