Bulgaria al voto per la quinta volta. Sofia tra crisi dei partiti e minaccia russa
Domenica 2 aprile i bulgari si recheranno alle urne per rinnovare il parlamento dopo lo scioglimento dell'Assemblea nazionale il 3 febbraio da parte del Presidente della Repubblica Rumen Radev. Da ottobre 2022, quando si sono tenute le ultime elezioni, i partiti non sono riusciti a formare un governo. Quali sono gli scenari per Sofia dopo il voto? Il Sir ne parla con l'analista politico e caporedattore della rivista "Cristianesimo e cultura", Tony Nikolov
Cinque elezioni parlamentari negli ultimi due anni. È il resoconto della situazione politica bulgara in stallo dalla primavera del 2021 con l’eccezione del governo riformista di Kiril Petkov, durato soltanto sette mesi. Ora, quando tocca di nuovo eleggere il parlamento, l’apatia politica dilaga. “Tutti si sono stancati dalle elezioni, sia i politici che gli elettori, e stranamente pare che i bulgari non abbiano alcuna aspettativa, non vogliono niente”, racconta al Sir Tony Nikolov, analista politico e caporedattore della rivista “Cristianesimo e cultura”. E aggiunge: “non credono che i politici siano in grado di cambiare la loro vita”.
Ci sarà mai un governo? È la domanda più frequente che si pongono tutti in vista delle elezioni ma trovare la risposta è altrettanto difficile. Secondo un sondaggio dell’agenzia sociologica Market links il maggior consenso lo riceverà la coalizione riformista “Continuiamo il cambiamento-Partito demoratico”, che si presenta per la prima volta come coalizione. Al quale dovrebbero andare il 23,7% dei voti. Al secondo posto a poca distanza, con il 22,3%, rimane il partito conservatore Gerb di Boyko Borissov, seguito dal movimento della minoranza turca con il 13,6% e i filorussi di Rinascimento con 11,4%. Continua la tendenza al ribasso dei socialisti quotati al quinto posto con solo il 7,3% dei consensi. L’affluenza dovrebbe attestarsi al 42%.
“Praticamente si prospettano due vincitori, la coalizione del Cambiamento e Gerb con pochissima distanza”,
afferma Nikolov, convinto che “la gente vuole un governo e la pressione sui partiti anche da parte dei partner stranieri è molto forte”. A suo avviso, la riuscita della formazione dell’esecutivo “dipende da quali compromessi sono diposti a fare i partiti. Ci sono tante questioni urgenti da risolvere come la finanziaria per il 2023 che ancora non è stata adottata in Bulgaria, le misure contro gli effetti della crisi e la guerra in Ucraina con un appoggio bulgaro molto significativo”, spiega l’analista politico.
Le divergenze sull’Ucraina. Proprio la guerra in Ucraina potrebbe essere un punto in comune tra la coalizione del “Cambiamento”, Gerb e la minoranza turca. Questi tre partiti nel parlamento precedente hanno votato assieme affinché la Bulgaria invii armi all’Ucraina, diversamente da quanto deciso dal governo tecnico nominato dal presidente Rumen Radev. “Infatti Radev ha una posizione molto moderata nei confronti del conflitto e non vuole schierare la Bulgaria come parte in questa guerra”.
Forse di nuovo al voto. Secondo Nikolov, “un problema sono le elezioni locali, programmate per questo autunno, dove si eleggono i sindaci e le giunte comunali, perché i partiti guardano in questa prospettiva e hanno paura di ricevere effetti negativi da un’eventuale coalizione e partecipazione al governo” nazionale. “Perciò la possibilitа che non ci sia un governo rimane molto alta e questo implicherà un nuovo voto in estate”. Le autorità locali, osserva, “sono molto più appetibili perché distribuiscono i fondi europei”.
Il partito filorusso. In questo quadro, trae vantaggio il partito filorusso nazionalista “Rinascimento” che aumenta il proprio consenso. “Loro sono contrari all’Ue, contrari all’euro e contro il sistema”, mentre apertamente appoggiano la Russia sventolando anche la bandiera russa ai propri incontri”, chiosa Nikolov.
Secondo l’analista politico, però, “i loro elettori sono molto diversi tra loro, accomunati dallo scontentezza nei confronti della realtà”.
Negli ultimi giorni sono stati ricevuti avvisi di bombe in decine di scuole in Sofia e altre città del Paese balcanico, arrivate via mail. Secondo il ministro degli interni Demerdziev la fonte delle minacce di bombe è legata alla Russia. “Questo è molto allarmante certamente”, rileva Nikolov, e suppone che nel giorno del voto potrebbe accadere nuovamente, cercando di far fallire le elezioni”.
Iva Mihailova da Sofia