Festa del Redentore: la devozione anche a Padova

La festa del Redentore, la terza domenica di luglio (quest’anno cade tra sabato 14 e domenica 15), è ancora oggi la più sentita a Venezia. Al Redentore sono dedicate quattro chiese padovane (Calcroci, Pozzetto, Redentore di Monselice e Fellette di Romano) e il patronato interparrocchiale di Este.

Festa del Redentore: la devozione anche a Padova

Tra il 1575 e il 1577 la città fu colpita da quella che forse potrebbe essere definita la più terribile epidemia di peste della città lagunare dopo quella del 1348. Morirono circa 50 mila persone, circa un terzo della popolazione cittadina. La peste, di origine turco-ungherese, giunta a Venezia passando per Trento, arrivava in un momento difficile per la città: la Serenissima aveva già perso molti territori nel Mediterraneo, tra cui Cipro, e per non far trapelare la vulnerabilità conseguente all’epidemia stessa, esitò nell’ammettere la drammaticità dei fatti contribuendo in tal modo all’espandersi del fenomeno.

Solo in un secondo tempo i Provveditori alla Sanità adottarono le misure necessarie, isolando i contagiati dal morbo e tentando di combattere la malattia. Al Lazzaretto Nuovo venivano portati i sospetti appestati (tra cui il Sansovino) e se il contagio era certo, venivano poi trasferiti al Lazzaretto Vecchio. Ma gli appestati arrivavano a migliaia. Il Senato diede allora l'autorizzazione ad ammassare le persone su barche e navi ancorate in prossimità delle due isole.

In tutta la città nel frattempo si accendevano fuochi “purificatori” , utilizzando legno di ginepro, il cui fumo, secondo i medici del tempo, avrebbe dovuto contrastare la peste. Tiziano Vecellio, già novantenne, venne contagiato e morì il 27 agosto 1576, solo un mese dopo che la peste gli aveva portato via il figlio Orazio. A differenza di molti altri, Tiziano non fu sepolto in una fossa comune, ma nella Chiesa dei Frari seppur con un funerale svoltosi in tutta fretta.

Ed è in questo periodo che si presume sia stata ideata una una “tenuta medica” (anche se alcune fonti ne attribuiscono la paternità a monsier d’Audreville nel 1630) divenuta successivamente una delle delle più tipiche maschere veneziane: il medico della peste. Nessuna cura era possibile e si riteneva fosse l’aria malsana a diffondere il male. Nel becco ricurvo veniva allora posta una mistura di erbe profumate, aglio e una spugna bagnata d’aceto, con lo scopo di purificare l’aria e preservare i medici dal contagio.

Il 4 settembre del 1576 il Senato della Serenissima decretò di erigere una chiesa intitolata a Cristo Redentore quale ex voto per liberare la città dalla peste, e la prima pietra fu posta il 3 maggio 1577.

Il progetto venne affidato al Palladio (che dal 1570 era il proto della Serenissima ovvero l'architetto capo della Repubblica Veneta). Il 20 luglio del 1577, per festeggiare la fine della peste, fu costruito per la prima volta un ponte di barche per raggiungere il luogo in cui stava sorgendo la basilica ed ebbe luogo la prima processione.

Al Redentore sono dedicate quattro chiese padovane (Calcroci, Pozzetto, Redentore di Monselice e Fellette di Romano) e il patronato interparrocchiale di Este.

All’ingresso della chiesa di Calcroci è raffigurato il Santissimo Rdentore come Gesù Buon Pastore in un mosaico di marmi policromi. Due iscrizioni documentano la data di esecuzione, 9 settembre 2001, e la dedicazione celebrata dal vescovo Antonio Mattiazzo. L’assimilazione di Cristo a un pastore e dei cristiani a un gregge è molto diffusa nell’arte paleocristiana, ritrovandosi nelle pitture, nei rilievi e nei mosaici. È un adattamento di un prototipo pagano, quello di Mercurio guardiano di armenti che trasporta sulle spalle un ariete.

Il presbiterio della chiesa del Redentore di Monselice è ornato da un dipinto “corale” che la pittrice Franca Dalcomune ha eseguito nel 1998 e il cui bozzetto preparatorio è conservato presso la canonica. Al cospetto del Redentore, effigiato come Cristo Risorto, numerosi santi e personalità illustri come papa Giovanni Paolo II, madre Teresa di Calcutta, san Pio da Pietrelcina, Gandhi e vari santi tra cui sant’Antonio di Padova, san Francesco, santa Giustina, san Giovanni Bosco e san Gregorio Barbarigo.

Ad Arzerello è presente un Santissimo Redentore novecenbtesco scolpito da Augusto Manfrin.

Di fattura moderna è anche il Gesù Cristo Redentore di Vanzo, realizzato tra il 1925 e il 1935 da artisti attivi in una bottega dell’Italia settentrionale. L’opera è creata in cartapesta dipinta, legno intagliato e metallo dorato.

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