Il Tribunale di Milano: nel Cpr è consentito l'uso del cellulare personale

Accolto il ricorso di un giovane tunisino recluso nella struttura di via Corelli. “Il telefono cellulare strumento essenziale per garantire libertà di corrispondenza”

Il Tribunale di Milano: nel Cpr è consentito l'uso del cellulare personale

Chi è recluso in un Cpr ha diritto a detenere e utilizzare il proprio cellulare. Un diritto finora non scontato, visto che nel Centro di permanenza e rimpatrio di Milano i cellulari vengono sequestrati. Ma il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso presentato da un giovane tunisino, che si è rivolto alla magistratura, assistito dall'avvocata Giulia Vicini, per chiedere di poter fare uso del proprio apparecchio. Nel Cpr di Milano i reclusi possono di solito utilizzare uno dei cellulari messi a disposizione dall'ente gestore, la cooperativa Versoprobo, ma di fatto questo si traduce nel fatto che possono utilizzarlo a turno e solo quando uno degli operatori ha tempo da dedicare a questo tipo di servizio. Da alcune settimane sono stati installati anche dei telefoni fissi, ma non sono ancora utilizzabili perché mancano le schede telefoniche. Per il giudice Pietro Caccialanza, però, “nell'ottica di assicurare il pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona... il telefono cellulare rappresenta ormai uno strumento essenziale per permettere una libertà di corrispondenza che si sviluppi in tutte le direzioni consentite”.

Nell'ordinanza, del 15 marzo 2021, il giudice ripercorre tutte le norme che riguardano i Cpr e in nessuna c'è la prescrizione del sequestro del cellulare per chi è trattenuto. Anzi, a più riprese è sancito il diritto alla libertà di comunicazione dei trattenuti che trova fondamento nel nostro ordinamento. Il giudice sottolinea che “appare quindi corretto ritenere che la limitazione dell'uso e della detenzione di tale apparecchio debba avvenire solo per motivi di ordine pubblico, sicurezza e incolumità delle persone”. Nel Cpr di Milano, invece, è prassi sequestrarlo appena la persona varca il cancello.

L'ordinanza è valida solo per il tunisino che ha fatto ricorso. Ma le motivazioni del giudice sono più generali. “Garantire la libertà di corrispondenza -scrive- significa tenere conto della necessità di assicurare i contatti” per esempio con gli avvocati, i parenti, le autorità consolari, “e con tempi tali da permettere l'acquisizione delle autorizzazioni, dei nulla osta e dei pareri necessari”. Chi è recluso nel Cpr, insomma, deve poter organizzare la sua difesa. “A tal fine è davvero difficile -aggiunge il giudice Caccialanza- che possano bastare apparecchi, fissi o portatili, indistintamente presenti nel Centro: basti pensare che le funzioni di memoria e di rubrica del cellulare sono, nel contenuto, del tutto personali per ogni singolo soggetto e ormai necessarie per rendere efficace il rintracciamento delle singole persone e il loro contatto, a maggior ragione in una struttura nella quale anche il mezzo cartaceo risente di importanti limitazioni, stante l'impossibilità, per evitarne un pericoloso uso improprio, di una libera disponibilità di penne e matite. A ciò si aggiungano le funzioni di traduttore e quelle che permettono di ottenere informazioni aggiornate sul Paese di origine, parimenti necessarie negli stretti tempi che accompagnano le procedure”.

Rimane però il problema di evitare che il cellulare sia utilizzato per fare video, che violerebbero la privacy degli altri reclusi, o per commettere reati informatici. Il giudice ha una soluzione anche per questo: “si deve allora ritenere che, al pari di quanto è stabilito dall'articolo 7 del regolamento ministeriale per lo svolgimento delle visite, detenzione e uso del cellulare possano avvenire in spazi o locali preventivamente individuati, evitando un eccessivo affollamento della struttura che possa compromettere la sicurezza, sotto la vigilanza discreta ed effettuata con modalità tali da non limitare il diritto alla riservatezza della persona, in tempi analoghi a quelli stabiliti dall'articolo 6 (su sette giorni e nelle fasce orarie stabilite dal Prefetto, d'intesa con il Questore, avendo cura di articolare i turni sia al mattino che al pomeriggio e in modo che ciascun turno non sia inferiore a due ore), con previsione di controllo di sicurezza al termine dell'uso e di restituzione dell'apparecchio all'ente gestore”. In altre parole, il cellulare personale può quindi essere usato, ma in un locale a parte e coi gli stessi tempi con cui sono previsti i colloqui.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)