La più grande delle regole. "I poveri sanno sempre con voi". Sono loro la cartina tornasole della nostra vita cristiana

Attraverso il servizio al prossimo noi testimoniamo pienamente la nostra fede perché la misericordia è “il cuore pulsante del Vangelo”.

La più grande delle regole. "I poveri sanno sempre con voi". Sono loro la cartina tornasole della nostra vita cristiana

Dopo aver passato in rassegna tutte le Beatitudini, il Papa concentra la sua attenzione su quella che chiama la “grande regola di comportamento”. Il riferimento è al celeberrimo passo del Vangelo di Matteo in cui il giudizio finale viene icasticamente legato al nostro rapporto con i bisognosi: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36).

L’invito del Papa è forte e chiaro, egli chiede ai cristiani di puntare alla santità attraverso queste opere di misericordia, in modo molto concreto, evitando l’inseguimento di presunte ed effimere estasi, quanto piuttosto rimboccandosi le maniche e aprendo i cuori all’accoglienza. Attraverso il servizio al prossimo noi testimoniamo pienamente la nostra fede perché la misericordia è “il cuore pulsante del Vangelo”. Non ci sono mezze misure, qui la Parola di Dio va assunta sine glossa ovvero senza commenti o riflessioni che ne indeboliscano la portata.

Ancora il Papa ci pone davanti l’immagine di un nostro incontro con un senza fissa dimora che dorme all’addiaccio, per strada, in una notte fredda. Che reazione abbiamo? Disgusto, fastidio, fatica? Attribuiamo la colpa alla società e al malgoverno, oppure trovando risorse direttamente dalla fede, riconosciamo nel volto di quel povero sofferente il volto di Cristo? Dai tratti che riconosciamo in quell’uomo cambia tutto il nostro atteggiamento. Allora la nostra non potrà essere solo elemosina per tacitare la coscienza o ancor meno per liberarsi di un disturbo; allora non pontificheremo su quali interventi strutturali bisognerebbe approntare per risolvere d’un colpo il disagio sociale.

Madre Teresa di Calcutta a chi le imputava di fare servizi non risolutivi coi suoi gesti di carità e addirittura di perpetuare lo status quo, rispondeva che la sua vocazione era dare un pesce all’affamato non insegnargli a pescare, quello era compito di altri. Quanto più ci libereremo da pregiudizi e sovrastrutture, il nostro sarà un incontro autentico con Gesù e non sarà importante di quanto denaro mi sarò privato, quanto piuttosto di quanto tempo avrò dedicato a quell’uomo, quante parole, quanto calore, quanta umanità condivisa.

Quando avremo abbassato del tutto le nostre difese e i nostri giudizi (“se è in queste condizioni in qualche modo se lo sarà meritato”) allora potremo instaurare un dialogo magari fatto non di parole ma altrettanto esplicito. La santità passa attraverso il riconoscimento della dignità di ogni essere umano e dunque attraverso questa essenziale dimensione di carità che non può mai esaurirsi, che non possiamo dire mai conclusa e che quindi deve sempre lasciarci un po’ sanamente insoddisfatti, pronti a vedere tutte le possibilità per ripristinare sistemi di giustizia sociale più equi per le generazioni che ci seguiranno. I poveri saranno sempre con noi e loro saranno davvero la cartina di tornasole della nostra vita cristiana. Potremmo anche non riconoscere ancora Gesù nel dare quel bicchiere d’acqua all’assetato ma il Signore ci dice che questo ci aprirà le porte del cielo più di ogni altra cosa.

Giovanni M. Capetta

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Fonte: Sir