La scuola in estate, “occasione per il rilancio”. L'appello e i chiarimenti del ministero

Intervista a Stefano Versari, capo dipartimento: “A brevissimo il riparto dei fondi. L'obiettivo è stabilire ponti per una nuova ripartenza. Con oltre 500 milioni di euro, chi ha a cuore i propri studenti potrà mettere in gioco la sua creatività. Occasione per fare scuola in modo diverso, sul territorio, fuori dalle aule, con patti educativi di comunità”

La scuola in estate, “occasione per il rilancio”. L'appello e i chiarimenti del ministero

Scuole aperte in estate: tante risorse, ma quante speranze? A un mese dalla chiusura dell'anno scolastico, l'obiettivo e il monito è non chiudere, ma lasciare aperti i cancelli, per permettere agli studenti di essere “traghettati” verso il prossimo anno, grazie al “ponte” che il Piano estate intende costruire. Sono passati dieci giorni da quando il ministero dell'Istruzione ha inviato la nota alle scuole, con le “istruzioni per l'uso” di quelle risorse che tutte riceveranno per attuare questo Piano: 500 milioni in tutto, circa 18 mila euro per ogni scuola. Tante le speranze, quante le perplessità e le preoccupazioni, espresse soprattutto dai dirigenti scolatici, alcuni dei quali subito si sono messi al lavoro per realizzare, in tempi stretti, quanto gli viene raccomandato di realizzare. A che punto siamo? Cosa possiamo aspettarci per questa insolita e annunciata estate a scuole aperte? Lo abbiamo chiesto a Stefano Versari, da poco alla guida del dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione.

Il Piano estate stanzia risorse importanti per la realizzazione di progetti. Quale è il senso di questa operazione?
Il Piano estate risponde all’esigenza diffusa di “ripartire” con nuovo slancio nel fare scuola, pur nella perdurante pandemia. Rinforzando sguardi positivi su questo tempo. Sostenendo e potenziando gli apprendimenti come pure la socialità dei nostri studenti. L’obiettivo è dunque, con i piedi ben saldi sulla realtà odierna, stabilire ponti per una nuova ripartenza della scuola nel prossimo anno scolastico, con la speranza fondata di potere affrontare in un prossimo futuro il “dopo pandemia”.

Tutto questo con una “circolare”? Non si corre il rischio di un mero adempimento burocratico?
Dipende dal “cuore” con cui ci poniamo di fronte agli strumenti che ci vengono offerti, facendo pace con noi stessi e decidendo quel che vogliamo. L’autonomia delle istituzioni scolastiche esiste da oltre vent'anni. Ne è sempre stata lamentata la difficoltà di attuazione, stante la presunta pretesa di governare il complesso sistema italiano dal centro. In questo caso non è così. Sono stati resi disponibili strumenti, indicazioni, supporti, materiali perché le scuole possano esercitare concretamente la propria autonomia didattica e organizzativa. Si è poi sempre detto di pretendere che le scuole “facciano le nozze coi fichi secchi”. Anche in questo caso non è così: sono stati destinati alle scuole oltre 500 milioni di euro. Chi ha a cuore i propri studenti potrà mettere in gioco la sua professionalità e creatività per accompagnarli al prossimo anno scolastico, sostenendoli in un tempo non facile.

Si calcolano 18 mila euro in media per ciascun istituto, senza bisogno che le scuole ne facciano richiesta. Entro quando è previsto l'arrivo di queste risorse nelle casse delle scuole?
Dei 510 milioni di euro che finanzieranno il Piano estate, 150 milioni arrivano dal Decreto sostegni e andranno direttamente alle scuole sulla base del numero di alunni. Il decreto di riparto è alla firma del Mef per il previsto concerto e uscirà a brevissimo. Ma questi 18 mila euro in media sono solo una base di partenza. Poi ci sono le risorse del Pon Scuola, 320 milioni, e le risorse contro le povertà educative, 40 milioni, che le scuole possono ottenere presentando specifici progetti. Si tratta di un finanziamento complessivo importante. Le risorse possono essere spese anche oltre questa estate, proseguendo le iniziative nel prossimo anno scolastico. Non è una operazione 'spot', ma la costruzione, come ha ricordato il ministro, di un ponte per il nuovo inizio del “fare scuola”.

I dirigenti scolastici, pur cogliendo la positiva opportunità, segnalano alcune difficoltà operative. Primo, i tempi stretti: pensate che sia possibile, in poco più di un mese, elaborare e realizzare questi progetti? Perché il progetto risponda alle esigenze delle famiglie, non è già troppo tardi?
Le grandi necessità di questo tempo e l’opportunità offerta con il “Piano estate” richiedono dedizione da parte di tutti. Conosco bene le difficoltà delle scuole e so quanto siano stati duri questi mesi: per tutti, anche per me personalmente. Per questo abbiamo pensato a molti strumenti per “aiutare” le scuole. È un’ opportunità unica: dare la possibilità a tutti di rinforzare, di potenziare il percorso scolastico e di recuperare la socialità persa durante questo periodo emergenziale. È un grande impegno, non c’è dubbio, ma sono sicuro che sarà affrontato con il senso di responsabilità che contraddistingue chi si occupa dell’educazione dei più giovani.
Altro problema segnalato è quello degli spazi: i locali interni delle scuole non sono adatti allo svolgimento di attività estive. Come suggerite di ovviare a questa difficoltà?
L’errore è di prospettiva. Quando parliamo di “scuola aperta” pensiamo agli edifici scolastici, ai cancelli aperti e alle aule. Abbiamo dimenticato l’idea stessa di “tempo pieno” così come, ad esempio, la descriveva De Bartolomeis oltre cinque decenni or sono. Scuola aperta significa poter “fare scuola” in modalità aperta, in gruppi di apprendimento, in luoghi esterni all’edificio scolastico, in contesti informali. Nessuno immagina che si debba stare seduti al banco, o fare lezione in modo tradizionale. Le attività previste potranno svolgersi in tutti i possibili contesti educativi, dentro e fuori la scuola, nei territori. In questo senso aiuta l’impegno anche delle istituzioni pubbliche e private del territorio, così come del privato sociale. Dobbiamo pensare a parchi, musei, piazze, laboratori, contesti produttivi come luoghi in cui poter svolgere le diverse attività organizzate dalla scuola. È un'occasione per fare scuola in modo diverso e per rimettere l’istruzione al centro delle nostre comunità.
Si presume che il personale scolastico sarà per lo più indisponibile nei mesi estivi e si renderà quindi necessario rivolgersi a organizzazioni esterne. Come potranno le scuole, in così poco tempo, creare un raccordo con realtà esterne a cui affidare un progetto così importante?
C'è un grande capitale di esperienza nei nostri istituti scolastici. La progettazione pedagogica e didattica fa parte del quotidiano. Spesso è il dibattito pubblico che alimenta una visione della scuola riduttiva e mortificante. La scuola è composta da tantissimi professionisti di valore.  Veniamo da un anno faticoso per tutti. Ma sono certo che, la scuola, come sempre, conoscendo le esigenze dei propri ragazzi, saprà fare la sua parte.

Anche dal punto di vista amministrativo, si teme un carico pesante per le segreterie scolastiche, che nei mesi estivi devono anche fare a meno del personale a tempo determinato. Come si può risolvere questa criticità?
Le scuole hanno a disposizione un help desk, strumenti operativi, manuali, webinar, informazioni Faq. Una pagina dedicata consente di recuperare il tanto materiale disponibile e via via implementato. Ripeto, la scuola fa continuamente progettazione. Gli avvisi relativi al Piano estate sono analoghi a quelli cui partecipano normalmente, ma ne è stata assai semplificata la modalità di adesione. Ad oggi sono oltre 2.500 le istituzioni scolastiche che hanno acceduto alla piattaforma Pon per l’adesione.

Cosa accadrà alle scuole che non realizzeranno i progetti? Dovranno (e come) restituire le risorse?
Le risorse possono essere spese in un arco temporale lungo. Non avrei questa visione pessimistica, che offende l'impegno dei nostri dirigenti, del personale, delle scuole come comunità. Ogni istituto saprà tarare la propria offerta sentendo anche le famiglie e i territori. Serve più fiducia verso la scuola.

Come si potrà garantire che le attività organizzate siano accessibili a tutti, compresi i ragazzi con disabilità? Ci sono indicazioni nel merito?
È compito del dirigente scolastico e del collegio docenti fare in modo che le attività siano accessibili  a ogni studentessa e a ogni studente, declinate per ciascuno di loro, così come sono. Cos’altro significa la “personalizzazione” dell’apprendimento? Le norme che assicurano l’inclusione per tutti sono consolidate e rassicuranti.

Quale pensate che sarà la risposta da parte dell'utenza? Ci saranno molte adesioni da parte degli studenti, o si rischia il "flop"?
Non sarà un “flop” perché il bisogno educativo è ampio e diffuso. Abbiamo tutti letto per mesi le pagine dei rotocalchi inondate di servizi sul danno psicosociale determinato dalla pandemia sui nostri giovani. Ora abbiamo gli strumenti per smettere di essere profeti di sventura e “rimboccarci le maniche” per fare quanto possibile per loro.

E' possibile si creino delle diseguaglianze tra scuole più attrezzate, che riusciranno a mettere in campo queste risorse, e altre che invece non riusciranno a utilizzarle e quindi non realizzeranno progetti estivi?
Per questo non mi stanco di ripetere l’esigenza di realizzare “patti educativi di comunità”. La scuola non è una monade casualmente collocata in un contesto. La scuola è radicata nel territorio in cui si trova, in qualche modo lo esprime, e al contempo, la scuola necessita dell’apporto delle reti sociali positive del territorio. Solo così potremo contribuire, nei mille contesti di questo straordinario Paese, a fare crescere giovani consapevoli in conoscenze e competenze e con ciò sostenere il formarsi di comunità socialmente coese. 

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)