La scuola non si ferma col “rosso”: storie di studenti disabili in classe. Oppure no

Meglio in classe senza compagni, o a casa con un computer? E' il dilemma che devono affrontare i genitori degli studenti con disabilità, a cui è nuovamente offerta la possibilità di frequentare in presenza, anche dove le scuole sono chiuse. Dovrebbe esserci un gruppo di compagni, ma non c'è. Virginia, David e Jacopo vanno a scuola. Mario e Matteo, per ora, non possono

La scuola non si ferma col “rosso”: storie di studenti disabili in classe. Oppure no

In un mondo "ideale", sarebbero in classe insieme a un gruppo ristretto di compagni. La realtà però è diversa e lascia in campo due ipotesi: la prima è a casa, come tutti; la seconda è a scuola, ma da soli. Decreti e circolari parlano di “effettiva inclusione” per gli studenti con disabilità: ovvero di un “gruppo eterogeneo di compagni, appunto, che frequenti in presenza la scuola insieme a loro, anche nelle zone rosse. Una disposizione, questa, che però difficilmente viene recepita dalle comunicazioni che poi vengono trasmesse ai dirigenti scolatici e da questi alle famiglie. Così, nella migliore delle ipotesi, la comunicazione che arriva, spesso tramite i gruppi WhatsApp dei genitori della classe, suona così: “Per i bambini/e con disabilità e Bes c'è la possibilità di seguire lezioni in presenza. Bisogna mandare una email a scuola appena possibile”.

E accade così che, una volta ancora, questi studenti siano destinati a ritrovarsi da soli in classe, normalmente in gruppo con gli altri studenti disabili della scuola, affidati a insegnanti di sostegno e assistenti. Una soluzione che non piace ai loro genitori, spesso costretti, però, ad accettare questo “compromesso”, consapevoli di come sia impossibile, per i figli, partecipare alle attività della didattica a distanza.

Virginia a scuola, da sola ma “con le sue abitudini fondamentali”

E' il caso di Dario Verzulli, papà di due ragazze, di cui una con autismo, e presidente di Autismo Abruzzo onlus, che con il Ciis ha indirizzato una lettera al ministro Bianchi, proprio per chiedere che il principio della “effettiva inclusione” sia realmente applicato. “Da genitore, purtroppo assisto spesso alla famiglia che finisce per 'sacrificarsi', tenendo i bambini a casa piuttosto che tentare la didattica in presenza. Perché è davvero difficile che qualcuno organizzi realmente i piccoli gruppi di inclusione: ipotesi questa che richiede un impegno importante della scuola ed è inattuabile senza la disponibilità dei genitori degli alunni. Anche mia figlia va a scuola in presenza, ma è di fatto sola con docente e assistente. In alcuni giorni divide la scuola con altri studenti disabili”. Non certo quello che Verzulli sogna per sua figlia e per cui si batte con l'associazione, ma “l'alternativa è passare la mattina a casa. Ma diventerebbe impossibile per la sorella, che frequenta il 5° Liceo classico, seguire la dad. E per mia moglie lavorare da casa”. D'altra parte, “la didattica in presenza è fondamentale e va assicurata agli studenti con disabilità, ma anche a coloro che non hanno strumenti e spazi adeguati. Virginia apprezza molto la continuità delle lezioni in presenza e il Liceo Musicale annesso ai Licei D. Cotugno ha agevolato al meglio la frequenza. L'assenza dei compagni non ha sconvolto la sua quotidianità di Virginia, che invece senza scuola avrebbe perso ogni riferimento delle attività mattutine e avrebbe subito la condivisione degli spazi con sorella e genitori. Qui in Abruzzo le scuole sono chiuse da tempo. E per Virginia andare a scuola significa tanto: prepararsi, mettere la merenda nello zaino, attendere e poi viaggiare con il pulmino per circa 20 minuti. Perdere questo sarebbe devastante”.

Jacopo e David, a scuola da soli, ma insieme

Francesca Laurenti vive a L'Aquila e ha due figli, Jacopo e David, di 8 e 11 anni, entrambi con autismo. “Per noi la scuola è una salvezza, anche se sono solo tre ore. Per più tempo non li avrei neanche lasciati a scuola. Ho insegnanti e assistenti fantastici, li fanno divertire, li portano a fare passeggiate, mi dicono che i bambini stanno sereni. Hanno accorpato due plessi per cui i due fratelli stanno insieme. Non mi entusiasma, perché è già tanto il tempo che condividono. Ma altrimenti il piccolo sarebbe stato a scuola da solo, quindi credo sia la cosa più giusta. Insegnanti e assistenti non hanno fatto nessun difficoltà, anzi mi hanno incoraggiata, stimolandola a portarli. Non tutti gli insegnanti dimostrano la stessa disponibilità”. Certo, l'ideale sarebbe che c”on Jacopo e David ci fosse anche qualche compagno di classe”, così come la circolare ministeriale prevede. “Ma è anche vero – riflette Francesca – che così siamo più al sicuro da eventuali contagi, che mi terrorizzano. In casa abbiamo avuto il Covid – racconta – tutti tranne il piccolo. Dovremmo essere immuni, ma non si sa mai. E dopo quello che abbiamo passato, con la quarantena e l'isolamento, ho il terrore che possa ricapitarci: per la prima volta in vita mia – ammette – ho pensato di non farcela”. E non per il covid, ma per “la difficoltà inimmaginabile di gestire due figli con autismo chiusi in casa. E pensare che in 11 anni ne ho passate tante: ma questa è stata in assoluto la prova più difficile. Per questo, nonostante le rassicurazioni del medico, continuiamo a essere terrorizzati dai contagi. Siamo tutti nella stessa barca – conclude Francesca – ma non nella stessa barca. Si parla tanto di mamme che faticano con i figli in Dad, ma di noi genitori di figli disabili, magari genitori non più giovani con figli adulti autistici, si parla troppo poco. Chi può immaginare cosa stiamo passando?”

Viviana, due figli X fragile in dad. Ovvero senza scuola

Lo sa molto bene Viviana, che ha due bambini con disabilità ed è nel consiglio direttivo dell'associazione italiana Sindrome X Fragile. Già a maggio ci aveva raccontato quanto fosse faticosa la vita in lockdown e in didattica a distanza. “Mario e Matteo da oggi sono di nuovo a casa – ci racconta – In teoria la legge prevede la frequenza con un piccolo gruppo di compagni. In pratica, ho fatto la richiesta ma secondo me non accetteranno, perché le maestre di sostegno fanno un viaggio in treno per venire e sono potenziali vettori. Mi hanno fatto capire che mi devo arrangiare da sola. Intanto oggi è stata già una giornata devastante. Speriamo che domani vada meglio”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)