La voce flebile della scuola. Negli anni il parametro del “successo” sociale ed economico ha scalzato quello della “realizzazione”

Di fronte al “flop” dei nostri figli nelle prove Invalsi si inarca il sopracciglio, senza rendersi conto di quanto progressivamente la scuola sia stata “squalificata” e “mortificata”.

La voce flebile della scuola. Negli anni il parametro del “successo” sociale ed economico ha scalzato quello della “realizzazione”

Le ultime notizie dalla scuola ci mettono in allarme sul “declino” che emerge dai risultati delle prove Invalsi 2022.

I dati sono particolarmente sconfortanti soprattutto in alcuni contesti territoriali che risultano, di fronte a una media nazionale già non esaltante, ancora meno adeguati. Si torna a riflettere sulla critica – e a quanto pare mai superata – dicotomia fra Nord e Sud e sulla deprivazione di alcune zone suburbane del nostro Paese.

La tentazione di nascondersi dietro al paravento della DaD e dei guasti della pandemia è forte, ma a guardar bene le statistiche Invalsi scopriamo che esse restituiscono un trend complessivamente peggiorato già da circa un decennio.

Come spiegare questi esiti deludenti che nel momento attuale riguardano le prove nazionali, ma periodicamente sono stati riscontrati nelle competenze dei nostri studenti rispetto ai parametri Ue o al panorama internazionale censito dall’Ocse?

Potremmo rispondere che la scuola non ha beneficiato della giusta considerazione negli ultimi dieci anni. Gli investimenti spesso non sono andati a buon fine, o sono mancati completamente. Sempre più frequentemente i “tagli” selvaggi hanno riguardato il personale scolastico e le strutture.

C’è da dire, però, che la scuola è sempre stata tradizionalmente il “fanalino di coda” delle preoccupazioni finanziarie della politica italiana, quindi, a onor del vero, le mancanze nei confronti della “Cenerentola delle istituzioni” non riguarderebbero soltanto l’ultimo decennio nel quale invece pare registrarsi il tracollo.

Qualcosa in più, dunque, negli ultimi dieci-quindici anni ha pesato sul lavoro scolastico. Di fronte al “flop” dei nostri figli nelle prove Invalsi si inarca il sopracciglio, senza rendersi conto di quanto progressivamente la scuola sia stata “squalificata” e “mortificata” dalle tendenze di una società che ha sempre meno considerazione per la cultura non monetizzabile e per il patrimonio valoriale.

Il processo che porta allo scardinamento della scuola prende avvio dagli anni Novanta del secolo scorso, passa attraverso la tv spazzatura, l’esaltazione esagerata di alcuni sport, la “velinizzazione” del mondo femminile e la “spettacolarizzazione” dell’essere umano. Nel tempo abbiamo legittimato senza battere ciglio da bravi telespettatori schiere di sedicenti opinionisti che nei talk-show divenivano “guru” del pensiero collettivo. Fin quando, poi, questa tendenza a dare rilievo alle opinioni del “personaggio di turno” ha creato, attraverso i social, il fenomeno degli influencer.

Col trascorrere degli anni il parametro del “successo” sociale ed economico ha scalzato quello della “realizzazione” dell’individuo. I nostri giovani, a causa delle miopie del mondo adulto, sono facili preda degli abbagli che il mercato propone, perché non sanno chi sono e cosa desiderano realmente.

In tutto ciò la voce della scuola è divenuta sempre più flebile, esposta agli attacchi e anacronistica e, in quanto tale, destinata a piegarsi anch’essa (e contro la sua stessa natura) alle logiche del mercato, venendo meno alla sua autentica missione nell’ambito della formazione.

Greggi di studenti negli ultimi anni hanno scelto istituti a indirizzo scientifico e tecnico, probabilmente senza averne l’attitudine e neppure il reale interesse, soltanto perché il futuro occupazionale lasciava intendere che essi fornissero titoli spendibili.

A orientare la scuola non dovrebbe essere l’intento di reclutare tecnici specializzati, operai, impiegati o manager, ma la sua essenza che sta nel percorso educativo e valoriale che propone, nonché nella formazione dell’individuo e non solo del futuro lavoratore.

Come al solito i giovani esprimono il sintomo di un malessere “adulto”.

Il problema non sono i risultati di una serie di test in batteria che dovrebbero registrare la preparazione dei nostri ragazzi, ma di quanto noi adulti siamo realmente interessati a costruire e a progettare per le future generazioni percorsi solidi fondati su contenuti e su valori condivisi e culturalmente radicati.

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Fonte: Sir