Mancano le borse di studio regionali. La protesta degli studenti dell'Università di Padova

Quest’anno oltre 2400 studenti dell’Ateneo patavino sono idonei non beneficiari della borsa di studio regionale. Il 18 novembre, una settimana dopo la pubblicazione delle graduatorie di assegnazione, gli studenti padovani organizzano manifestazioni di fronte alla sede ESU, azienda regionale per il diritto allo studio universitario, e davanti a palazzo Bo.

Mancano le borse di studio regionali. La protesta degli studenti dell'Università di Padova

Di fronte alla sede centrale dell’Università nel tardo pomeriggio un presidio organizzato da Udu Padova per chiedere la copertura totale degli aventi diritto alla borsa di studio in maniera tempestiva. Udu critica in particolare Elena Donazzan, assessora regionale all’istruzione, con cui lamenta di non aver mai potuto avere un dialogo. Domenico Amico, senatore accademico e coordinatore Udu Padova, commenta: “Chiediamo che le 2400 borse di studio mancanti vengano coperte. Ci stiamo mobilitando contro la Regione in primis, perché è sua responsabilità erogare i finanziamenti. Servono altri 10 milioni per garantire a tutti e a tutte una vita dignitosa a livello universitario.

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Chiediamo anche all’Università di intervenire, vogliamo l’anticipo economico della somma che dovrebbe dare la Regione, come è stato fatto dal 2018. Inoltre chiediamo che il nostro ateneo prenda posizione pubblicamente nei confronti di queste politiche regionali – e continua – L’innalzamento della quota erogata per singola borsa di studio non è una giustificazione per non coprire tutte le richieste”. L’importo della borsa di studio ha infatti visto un aumento, in attuazione del decreto ministeriale n. 1320/2021. La quota per gli studenti fuori sede è arrivata a 6.157 euro, con un ulteriore incremento del 15% per gli studenti economicamente più svantaggiati e del 20% per le studentesse iscritte a corsi STEM. Ciò però non è coinciso con lo stanziamento di fondi sufficienti, parte dei quali dovrebbero essere finanziati con le risorse del PNRR. Il risultato è che migliaia di persone sono rimaste fuori. Qualche ora prima, in tarda mattinata alla manifestazione organizzata da ASU di fronte all’ESU in via San Francesco, qualche decina di studenti e studentesse si riunivano con le stesse rivendicazioni e portando le loro testimonianze.

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Particolarmente critica è la posizione degli studenti internazionali. Sonia Ziaeitabari è una studentessa iraniana al primo anno di ingegneria informatica, vive a Vicenza perché a Padova i costi degli affitti sono impossibili da sostenere, soddisfa tutti i requisiti ma non ha ottenuto la borsa di studio: “Se siamo idonei per ricevere la borsa di studio significa che non possiamo permetterci di sostenere le spese che la nostra istruzione richiede, per di più Padova è una città molto costosa. Io vivo a Vicenza, a un’ora da qui, perché a Padova non trovavo casa. Ho fatto tutto, ce l’ho messa tutta per ottenere un contratto di locazione prima della scadenza per la richiesta della borsa di studio. Sto pagando comunque molto e ora, dopo tutto quello che ho fatto, so di soddisfare i requisiti ma non sto ricevendo la borsa di studio. All’università interessa solamente avere un buon punteggio nelle classifiche internazionali, ma senza studenti non ci sono ranking”.

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Anche Farideh Malekdar è una studentessa iraniana, frequenta il corso magistrale in ingegneria ambientale, a proposito della possibilità del secondo turno di assegnazioni delle borse di studio a marzo commenta “Ora dicono che forse ci daranno le borse di studio a marzo, se ci saranno i fondi. Ma come possiamo vivere altri tre mesi in questa città costosa basandoci sulle nostre risorse, che non sono sufficienti, e sui loro ‘forse’? Non possiamo chiedere altri soldi alle nostre famiglie, la situazione in Iran ora è di emergenza disastrosa. L’unica opzione per noi è mollare gli studi”. Michele Rocco, membro del Sindacato degli Studenti Link, insiste sui problemi strutturali del diritto allo studio in Veneto: “La mancanza della copertura totale delle borse di studio è solo l’ultimo tassello di un processo di definanziamento dell’istruzione che sta andando avanti anche in tanti altri settori. Ad ottobre ci siamo mobilitati anche per il problema delle mense: i posti per la mensa sono pochissimi, ci sono file estremamente lunghe, quindi rimangono senza pasto. Questi studenti spesso sono gli stessi borsisti, a cui viene scalata una quota della borsa di studio proprio per accedere alla mensa, anche se il servizio è di fatto inaccessibile. La stessa cosa si sta verificando nelle residenze per via dell’emergenza abitativa”.

Francesca Campanini

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Fonte: Comunicato stampa