Migranti: calano i numeri, non i problemi
Il rapporto del Centro Astalli: più difficoltà nell'accesso a qualche forma di protezione internazionale e standard di accoglienza ancora poco uniformi. La rete Sprar rimane insufficiente
Lungo il 2017 sono arrivati in quasi 120 mila, rispetto agli oltre 180 mila del 2016, ma «il calo del numero di persone che arriva in Europa in cerca di protezione non è necessariamente una buona notizia».
La sottolineatura arriva dal Rapporto annuale del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati con sede a Roma, suffragata da tanti altri numeri: due migranti su 100 morti in mare, uno su quattro vittima di torture e violenze psicologiche causate dalla permanenza nei centri libici, resa ancor più lunga dall’accordo tra le autorità di Tripoli e l’Italia.
Nei centri di accoglienza gestiti dal Centro Astalli le persone vulnerabili sono il 40 per cento degli ospiti, soprattutto donne ma anche giovani uomini e bambini. Né è migliore la situazione ai confini dell'Europa (nelle isole greche, ad esempio) dove in seguito agli accordi con la Turchia che bloccano le partenze, «si continua a restare intrappolati in situazioni di limbo, senza speranza e, in alcuni casi, senza le condizioni minime di una vita dignitosa».
E per chi riesce ad arrivare? L’obiettivo di una sistema di accoglienza unico e con standard uniformi è ancora lontano: la rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), sia pure in crescita, a luglio 2017 copriva poco meno del 15 per cento dei circa 205.000 posti necessari, e il passaggio tra la prima e la seconda accoglienza avviene «con forte ritardo e per un numero limitato di persone, penalizzando la qualità dei percorsi di integrazione».
Quanti abbandonano i centri o hanno ricevuto un revoca delle misure d'accoglienza, nella gran parte dei casi finiscono in strada o in soluzioni abitative precarie, ed escono allo scoperto solo durante sgomberi eclatanti. Una presenza marginale e nascosta che, a parte i rari momenti di visibilità mediatica, risulta «ignota non soltanto alle istituzioni ma anche agli enti di tutela».