Piccoli ma importanti. I consumi mondiali di piccoli frutti in dieci anni sono raddoppiati

Il settore dei frutti di bosco è in grande crescita, occorre però fare attenzione alla programmazione della produzione e al mercato.

Piccoli ma importanti. I consumi mondiali di piccoli frutti in dieci anni sono raddoppiati

L’agricoltura non è fatta solamente da grandi coltivazioni estensive oppure da blasonati prodotti d’eccellenza. Per capire, basta pensare  al comparto dei cosiddetti piccoli frutti (i frutti di bosco, cioè). Che piccoli non sono affatto, visto che il loro mercato ha ormai assunto dimensioni miliardarie, ma che rappresentano comunque un’attività agricola intensa ma poco appariscente, di gran pregio eppure quasi nascosta. Quello della coltivazione dei piccoli frutti è uno degli esempi classici di cosa possa fare l’agricoltura: produrre qualità, creare occupazione, fornire protezione ambientale.

Qualche notizia precisa sul settore è stata fornita nel corso del primo convegno nazionale sui piccoli frutti organizzato da Sant’Orsola (una delle società più in vista nel comparto), al Villaggio dei Piccoli Frutti della sede di Pergine Valsugana (Trento). E dai numeri (riportati poi dalla testata specializzata Corriere Ortofrutticolo), su produzione e mercato, si capisce subito che cosa significhi oggi il comparto.

I consumi mondiali di piccoli frutti in dieci anni sono raddoppiati e, stando alle ultime cifre di mercato affidabili, oggi si può parlare tranquillamente di un giro d’affari pari a 1,3 miliardi di euro con consumi in crescita soprattutto per l’Europa, il Regno Unito e la Germania. Entro il 2020 è previsto un ulteriore raddoppio dei consumi rispetto al 2004. Per quanto riguarda la produzione (dati aggiornati al 2017), la Cina è il Paese con i maggiori volumi (3,8 milioni di tonnellate), mentre l’Italia è al 14esimo posto. Poi certo ci sono le situazioni riferite ai singoli prodotti. La Russia è al primo posto per il lampone (150mila tonnellate), per il mirtillo i maggiori produttori sono gli Stati Uniti (240mila tonnellate), i Paesi europei maggiori esportatori di frutti di bosco sono la Spagna, la Grecia e la Turchia, con questi ultimi due orientati principalmente verso il mercato russo. I produttori del nostro Paese si difendono e fanno come possono, collocandosi, a seconda dei frutti, tra il 14simo e il 20simo posto. Conta però anche la qualità (uno dei nostri cavalli di battaglia) e la capacità commerciale. E’ necessario però fare anche i conti con la frammentazione dei produttori. Basta pensare che un colosso come Sant’Orsola deve far conto su qualcosa come circa 830 soci che forniscono l’intera gamma ovvero lampone, mirtillo, fragola, fragolina di bosco, mora e ribes rosso. Piccoli appezzamenti, dunque, spesso raccolta a mano, fragilità dei raccolti, aleatorietà degli stessi. Condizioni comunque comuni a tanta parte di agricoltura.

Eppure produzione e mercato stanno crescendo. Anche in Italia. Stando a chi frequenta più da vicino il settore, la spinta arriva dalle novità varietali introdotte, derivate, ad esempio, da selezioni, dall’uso della biotecnologia, dagli studi sulla fisiologia delle piante ed dallo sviluppo dei sistemi di coltivazione. Per capire meglio basta pensare che proprio nella coltivazione dei piccoli frutti si sperimentano le ultimissime tecnologie di risparmio dell’acqua,  che viene fornita alle piantine con sofisticate strumentazioni computerizzate. La frontiera – è stato detto proprio a Pergine Valsugana  -, sta ora nella continua espansione dei terreni dove si piantano nuove cultivar ad alta adattabilità per climi differenti e nello sviluppo di sistemi di coltivazione a basso impatto ambientale.

Ma non tutto è perfetto nemmeno nel mondo dei piccoli frutti. Sempre gli osservatori del settore, infatti, parlano di una sorta di euforia dei mercati che potrebbe rivelarsi pericolosa. L’aumento dei consumi deve essere accompagnato – anche per i piccoli frutti -, da regole più chiare e stringenti, che adesso mancano. In altre parole, la crescita della domanda in alcuni periodi, può condurre a eccessivi balzi in alto dei prezzi che a loro volta spingono a produrre  troppo e quindi a far crollare successivamente i prezzi.

Rimane comunque il dato di fondo. I piccoli frutti sono una realtà agricola importante, anche per l’Italia che, fra l’altro, può conquistare ancora grandi spazi di mercato. E’ necessaria però grande attenzione nella produzione e nelle strategie commerciali.

Andrea Zaghi

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