Prega! E poi chiedi a Gesù cosa vuole dirti. Non mollare...

Cosa fare quando, nell’accompagnamento, si vivono momento di difficoltà con la propria guida spirituale?

Prega! E poi chiedi a Gesù cosa vuole dirti. Non mollare...

Cosa devo fare quando nell’accompagnamento mi ritrovo a vivere momenti di difficoltà nel mio rapporto con la guida spirituale? Ecco, proprio qui ti volevo. Mi pare sia un’esperienza che tu abbia già fatto in quel cammino verso Emmaus, caro Cleopa! «Sciocchi e tardi di cuore nel comprendere le parole dei profeti» (Lc 24,25) vi ha detto Gesù. Adesso la domanda la faccio io a te: come ti sei sentito quando ti ha detto quella frase? Non so se ti sei sentito capito da lui. Dai, dimmi: cosa avresti fatto su quel momento? Non venirmi a dire che hai mandato giù e basta! Chissà quale movimento si è creato in te: un temporale, una bufera. Chissà cosa avrebbe voluto fare il tuo corpo: scappare da un’altra parte, per un’altra strada, per non starci insieme a quello sconosciuto. Come si permette!

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Il cervello nostro funziona proprio così. Di fronte agli smacchi, anche se non reagiamo esteriormente, dentro combattiamo, litighiamo, sbattiamo i tacchi, prendiamo le distanze. Addirittura processiamo e tagliamo definitivamente. Nella frazione di qualche secondo, pur camminando insieme, decretiamo già la conclusione di un rapporto. Per fortuna che Gesù riprende i discorsi e ti spiega e spiega e continua a spiegare. Ti ha dato il tempo di ravvederti nella tua scelta di cesura. Di riascoltare il suo tono scorrevole. Di sentire che quella sferzata non era una bacchettata a ciel sereno. Era uno choc per svegliarti.

Domandati perché la tua guida ti contrasta. Chiediti da cosa vuole svegliarti. Interrogati se su quello che stai trattando con lei hai gli occhi aperti. Sei libero di lasciarla, ma non è che ti perdi qualcosa al termine del cammino come a Emmaus? C’è da dire che non si va volentieri da chi dovrebbe capirmi e invece mi sbatte in faccia sempre l’incomprensione. Allora diglielo! Forse non è stato verbalizzato tutto. Sia da parte tua che da parte sua. Certamente non si può parlare della Trinità se ci sono delle cose irrisolte tra di voi che richiedono confronto chiaro e schietto.

La dimensione affettiva è sempre delicata: come può rivelare la presenza sottile del buon Dio, così la può anche ottenebrare. Ma prima di chiudere un rapporto che non è solo vostro ma “spirituale” – ossia dello Spirito, della vita di Dio tra voi due – tentale tutte con la chiarezza, la lealtà e la fermezza. È vero che alla tua guida è chiesta delicatezza e attenzione nei tuoi confronti. Ma qualche volta anche Gesù ha utilizzato le manieri forti. Non fare il bambino raccapricciato che se la prende subito e se la lega al dito. Prima di entrare nella permalosità del rapporto, prega. Prega davvero: chiedi a Gesù cosa vuole dirti, perché stai soffrendo nell’intimo così fortemente, perché stai vivendo una cosa del genere con la tua guida spirituale.

Domandagli se vuole purificarti dal rapporto con lui, se ti sta chiedendo di non attaccarti ai suoi modi ma solo ai diversi scenari che ti sta offrendo. Chiedi a Gesù in cosa devi crescere. Non mollare l’osso perché sei stato provocato secondo te “inadeguatamente”.

Anche questa è una prova. Un po’ banale! Ma è il riflesso di tutte quelle prove che sono disseminate lungo il cammino dell’esodo, del tuo esodo, della tua uscita da te. «Quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi» (Dt 8,2). Ti invito seriamente a riflettere se tra la tua guida e te non c’è libertà ma confusione: se i confini tra voi due vengono rotti, ossia se non “sparisce” come ha fatto Gesù a Emmaus, ma te la porti sempre dentro ovunque. Lasciala se non ti conduce a Gesù. Se i passi sono sempre e solo psicologici e affettivi senza farti germogliare la vita interiore e di preghiera.

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