Se ci fosse luce. Oltre il buio di un manifesto a Torino
Come minimizzare la portata di un gesto offensivo o di una intimidazione ritenendo l’uno e l’altra una ragazzata, una bravata, qualcosa che si spegnerà presto?
“Guai a drammatizzare ma guai anche a sottovalutare irresponsabilmente”. É Giancarlo Caselli, già Procuratore della Repubblica, a commentare il manifesto in cui il volto del presidente della Giunta Regionale del Piemonte appare al posto di quello di Aldo Moro nel volantino delle Brigate Rosse diffuso durante i 55 giorni di prigionia.
Con quell’immagine, affissa nei giorni scorsi su alcuni muri di Torino, si è alzata di molto l’asticella della banalità del male nella mente di chi l’ha pensata. C’è buio in chi ha compiuto un gesto con il quale, scrive il giornalista Michele Serra, si “festeggia la prigionia e la morte come se la montagna di violenza che domina il mondo avesse bisogno di un cretino o di un sadico che aggiunge la sua goccia all’oceano di sangue già versato”.
Altri episodi diversi ma sempre sconcertanti si sono ripetuti e si stanno ripetendo non come frammenti sparsi ma come anelli di una inquietante catena.
Il loro susseguirsi è spesso accompagnato da silenzi o da tentativi di giustificazione quasi facessero parte di un “rituale prevedibile”. É tutto sommato naturale, affermano alcuni, che quanti assumono incarichi di responsabilità pubblica debbano mettere in conto il venire offesi e minacciati. Altri osano dire che “se la sono cercata, dovevano aspettarsela, sapevano che sarebbero andati incontro al rischio…”.
Per non scivolare in questo terreno fangoso si dovrebbe sostare con il pensiero sulla pagina del giornale dove è pubblicata la foto di un manifesto che offende, la notizia di una busta con proiettile, la minaccia anonima on line di uno sgozzamento.
Come minimizzare la portata di un gesto offensivo o di una intimidazione ritenendo l’uno e l’altra una ragazzata, una bravata, qualcosa che si spegnerà presto?
Come sottovalutare, in questo contesto, l’effetto devastante di parole avvelenate da rancore, disprezzo, calunnia?
Sono parole che pesano ancor più in un tempo di disorientamento e di ansia. Sono tracce dell’eclissi della coscienza e della morte del pensiero.
Proprio da Aldo Moro, uomo umile e mite, viene una lezione di vita che si racchiude nelle parole scritte al termine dell’ultima lettera alla moglie Noretta: “Se ci fosse più luce sarebbe bellissimo…”.
Certamente si riferiva al suo percorso interiore, alla sua fede. Oggi suona anche come un richiamo alla coscienza di un popolo perché non rinunci a cercare la luce che lo guidi oltre il buio dal quale è venuto il manifesto affisso a Torino, oltre il buio lasciato da una memoria ignorata o rimossa.