Sostegno alle famiglie, Alleanza per l’infanzia chiede di ripensare le misure

L’Alleanza chiede di non penalizzare ulteriormente le madri e i minori più svantaggiati. Lavoro a distanza, congedo straordinario, bonus baby-sitting, ecco le proposte per rispondere appieno ai bisogni emergenti delle famiglie

Sostegno alle famiglie, Alleanza per l’infanzia chiede di ripensare le misure

In merito alle misure di conciliazione e sostegno alle famiglie del Dpcm, Alleanza per l’infanzia interviene effettuando alcune richieste di modifica urgenti e avanzando le relative proposte.
Nel merito del decreto, Alleanza per l’Infanzia valuta positivamente le disposizioni del nuovo decreto volte a sostenere le famiglie e in particolare i lavoratori e le lavoratrici con figli fino a 14 anni. Rileva anche che “vi sono alcuni miglioramenti rispetto ai decreti precedenti, quali l’ampliamento dell’orizzonte temporale (6 mesi); l’aumento dei fondi stanziati (292 milioni di euro); il coinvolgimento di categorie professionali prima escluse”.

Tuttavia Alleanza per l’Infanzia ritiene che “le misure emergenziali introdotte nel 2020 – volte a sostenere i lavoratori e le lavoratrici con figli in seguito alla sospensione dei servizi educativi e delle attività didattiche – hanno potuto rispondere solo in misura parziale e sicuramente non sufficiente ai bisogni di conciliazione e di sostegno alle spese delle famiglie con figli”.

“Nel nuovo decreto emerge ancora una visione di insieme e di più lungo periodo inadeguata a dare risposte soddisfacenti ai bisogni di conciliazione che vivono le famiglie con figli e di costruire le condizioni per uno sviluppo sostenibile, dal punto di vista sociale, economico, demografico che rimetta pienamente al centro la parità di genere e le opportunità per le nuove generazioni”, continua l’Alleanza. Secondo la quale “emergono alcune criticità che, a distanza di più di un anno dall’inizio della pandemia, continuano purtroppo a non trovare soluzione”.

Le criticità riscontrate dall’Alleanza per l’infanzia

Criticità così sintetizzate: “Innanzitutto, si osserva il paradosso per cui il lavoro a distanza viene considerato in questo momento di emergenza pandemica strumento di conciliazione e in alternativa al congedo.
È un controsenso macroscopico sia rispetto alla possibilità di raggiungere un equilibrio sostenibile tra cura e lavoro, sia rispetto all’obiettivo di assicurare ai figli adeguate cure. Ciò vale in modo particolare per la prima infanzia. Ma è vero anche per l’età scolare, poiché è richiesto un accompagnamento attivo nelle attività di DAD”.

Quanto al congedo straordinario (congedo Covid) per genitori con figli sotto i 14 anni, (che nei primi decreti del 2020 era alternativo al Bonus baby-sitting) Alleanza per l’infanzia non comprende “perché non possa essere richiesto da chi, pur potendo teoricamente lavorare a distanza, ha bambini troppo piccoli per poterlo effettivamente fare”. Inoltre, ritiene che “il modo in cui è regolato risulti poco attento al riequilibrio di genere della cura, non prevedendo alcun incentivo per favorirne l’utilizzo anche da parte dei padri. Il congedo è anche fortemente penalizzante per i redditi familiari modesti, dato che implica una decurtazione del 50% del salario”.

Inoltre, “il bonus baby-sitting, che già nel 2020 (prima e seconda edizione) appariva limitato – sia rispetto ai bisogni di conciliazione, sia rispetto al sostegno e alla cura dei figli – nel disegno del nuovo decreto appare ancora più restrittivo, poiché destinato ai soli lavoratori autonomi e al personale dei settori essenziali (lavoratori iscritti alla gestione separata Inps, lavoratori autonomi, personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, dipendenti del settore sanitario, ecc.). Sicuramente è doveroso aiutare queste categorie a fronteggiare i problemi di conciliazione tra lavoro e cura. Non è però comprensibile perché non sia data la stessa possibilità anche alle operaie/i, commesse/i, ovvero alle lavoratrici e lavoratori in presenza che non possono permettersi di prendere il congedo di fruire del bonus babysitter. Questa distinzione per ‘categorie’ dei sostegni alla conciliazione tra lavoro e cura nell’emergenza non lascia alcuno spazio ai genitori di scegliere lo strumento più adatto alla loro situazione”.
“Si aggiunga che il bonus babysitter appare anche molto limitato nel disegno – continua l’Alleanza -, poiché non tiene conto dei diversi bisogni familiari (ad esempio, l’entità del bonus non varia in relazione all’età e al numero dei figli)”.

In sintesi, Alleanza per l’Infanzia ritiene che gli interventi proposti “non riescano a rispondere appieno ai bisogni emergenti delle famiglie con figli (in termini di cura) scaricando in larga parte sui genitori i costi e il compito di trovare soluzioni ai bisogni educativi e di socialità dei figli. In particolare, preoccupano le conseguenze sulle madri con minori risorse economiche che si vedranno costrette a lasciare il lavoro, ancora di più di quanto gli ultimi dati Istat e quelli dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro indichino”.

Le richieste

Alleanza per l’Infanzia, chiede pertanto di ripensare al disegno delle misure straordinarie a sostegno per le famiglie nel periodo dell’emergenza, “per impedire ricadute ulteriormente penalizzanti sulle madri e sui bambini/ragazzi di classi sociali più svantaggiate”.

In dettaglio: in merito al lavoro a distanza, si invita a “rivalutare il concetto di incompatibilità con la domanda di accesso per il bonus baby-sitting o con il congedo”. Riguardo al congedo straordinario, “auspicando una riforma strutturale del sistema dei congedi nella direzione di una maggiore presa in carico delle istanze rappresentate dalle famiglie con figli/e e delle questioni legate al genere, si invita a riconsiderare l’ammontare dell’indennità (riducendo la decurtazione) e prevedendo forme di incentivo economiche capaci di coinvolgere maggiormente anche i padri nell’utilizzo”.
Infine, per il bonus baby-sitting si chiede di “ripensare al target dei beneficiari: estendendo la platea dei potenziali beneficiari a tutti i genitori lavoratori con figli sotto i 14 anni, indipendentemente dal settore in cui lavorano e dalla modalità lavorativa”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)