Ancora bloccate le accoglienze dei bambini di Chernobyl: “Resteranno negli istituti”

In queste settimane sono arrivati solo pochissimi ragazzi, quelli che hanno una famiglia in Bielorussia. Mentre restano ferme le partenze per i minori in casa famiglia o istituti. Le famiglie affidatarie: “Non ci arrendiamo”

Ancora bloccate le accoglienze dei bambini di Chernobyl: “Resteranno negli istituti”

Dovevano tornare in Italia tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, ma le loro accoglienze restano ancora bloccate: i cosiddetti “bambini di Chernobyl” rischiano così di non riuscire a tornare in Italia per la terza estate consecutiva. Si tratta dei ragazzi bielorussi nati dopo l’esplosione alla base nucleare, che da 30 anni erano accolti in Italia. Alcuni di loro hanno delle disabilità fisiche o psichiche e nel nostro paese seguivano anche un percorso terapeutico. Dal 2020 però le famiglie che li ospitano in Italia attendono invano di riabbracciarli. A stoppare gli arrivi sono state prima la pandemia da Covid-19 poi le sanzioni inflitte dall’Unione europea alla Bielorussia. In queste settimane solo pochissimi di loro, quelli che hanno una famiglia in Bielorussia, sono potuti venire in Italia grazie all’assenso dei genitori. Mentre per la quota più consistente, cioè i ragazzi che vivono negli istituti e nelle case famiglie e che sono circa tremila, è ancora tutto bloccato. 

“C’è stata solo una piccola apertura per i ragazzi che hanno una famiglia mentre per altri niente, anche se i tutori legali, al pari dei genitori, avrebbero potuto permettere la partenza - spiega Marco Mochi, uno dei genitori affidatari e membro dell’associazione Puer -. Ora ci stiamo muovendo perché si possa sbloccare la situazione attraverso una lettera di garanzia in cui si dice che i ragazzi non saranno trattenuti per ragioni belliche o di ritorsione. Dovrebbe prepararla il ministro Di Maio”. La speranza delle famiglie è che i ragazzi possano venire almeno per un mese ad agosto (meno dei tre previsti ma già un primo passo). 

“Comprendiamo che data la situazione internazionale i bimbi possano rappresentare merce di ricatto, ma le garanzie del ministero dovrebbero essere sufficienti - aggiunge Mochi - In 32 anni di accoglienza, solo una volta una famiglia di Genova non fece rientrare una bambina, ma ha poi avuto conseguenze penali e la bambina è tornata in Bielorussia. Quindi non c’è motivo di sospettare. Noi continuiamo a combattere, è anche assurdo vedere alcuni bambini che partono e altri no”. 

Dopo due anni da parte italiana le procedure erano state sbloccate nei mesi scorsi: il ministero degli Esteri ha firmato una lettera per l’Enac che giustifica il sorvolo dei paesi Ue con un volo umanitario Belavia. Il presidente di Puer (una delle associazioni che seguono le famiglie affidatarie) Sergio Di Cicco il 14 aprile scorso aveva scritto personalmente una lettera al ministero degli Esteri per richiedere i voli umanitari, che si possono fare anche in presenza di sanzioni. “Ma se l'Italia ha fatto la sua parte, la Bielorussia non dà segni di vita - ha spiegato Di Cicco -. Il programma deve essere validato dal dipartimento aiuti umanitari e dal ministero dell’Istruzione bielorussi. Il primo ha dato l’ok, mentre il secondo non risponde, temporeggia e questo può significare di nuovo uno stop”. L’ultima speranza è in una lettere che rassicuri sul rientro alla fine delle accoglienze, spiega anche l’avvocato di alcune delle famiglie affidatarie, Gennaro Santoro. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)