Coronavirus, con l'epidemia meno richieste di aiuto alla Casa delle donne maltrattate di Milano

"Siamo preoccupate. Ora le donne sono tutto il giorno insieme al partner violento ed è più difficile per loro chiamarci", racconta Cristina Carelli, coordinatrice del Cadmi. L'appello: "Se vi sentite in pericolo chiudetevi in una stanza e chiamate il 112 oppure uscite di casa e chiedete aiuto"

Coronavirus, con l'epidemia meno richieste di aiuto alla Casa delle donne maltrattate di Milano

La Casa delle donne maltrattate di Milano (Cadmi) riceve ogni anno circa 800 nuove richieste di aiuto telefoniche. In queste settimane di epidemia da coronavirus si sono invece quasi azzerate. "Siamo preoccupate, perché ora che siamo costretti a stare in casa le donne vittime di violenza sono tutto il giorno insieme al compagno o marito violento ed è molto più difficile per loro cercare aiuto", afferma Cristina Carelli, coordinatrice del Cadmi. La linea telefonica (02.55015519) è sempre attiva e in caso di emergenza ci sono operatrici pronte ad accogliere la donna che sta scappando da una situazione di violenza. "Il messaggio che vogliamo lanciare alle donne è di uscire di casa e chiedere aiuto se si trovano in pericolo o stanno subendo maltrattamenti – aggiunge  -. So anche che le donne hanno molta fantasia e ho visto in questi anni che sanno comunque approfittare dei momenti in cui sono sole o il partner è distratto per fare la telefonato o per scriverci una mail". Sulla pagina Facebook di Cadmi c'è un posto molto chiaro: "#laviolenzanonsiferma Se ti senti in pericolo, individua una stanza in cui puoi chiuderti e appena possibile chiama il 112".

La Casa delle donne maltrattate è nata nel 1986 e finora ha seguito circa 30 mila vittime di violenza. Sono circa 600 quelle che ha ospitato negli appartamenti protetti. "In queste settimane sono invece aumentate le telefonate delle donne che stiamo seguendo - aggiunge Cristina Carelli - . Sono in ansia. Magari perché il processo a carico dell'uomo violento è stato rimandato, oppure perché di fatto si è bloccata la ricerca di un nuovo lavoro o è stato sospeso uno dei corsi che frequentavano. Hanno paura insomma che il loro stesso percorso verso una vita autonoma e lontana dall'uomo violento venga interrotto". 

Dario Paladini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)