Disabilità grave a scuola, l'Oss non basta: serve l'infermiere. Ordinanza storica

Il tribunale ha condannato una Ulss veneta che aveva assegnato a un bambino gravemente disabile un Oss, anziché un infermiere, per l'assistenza sanitaria a scuola. La Casa di sabbia onlus fa chiarezza su un tema “vitale”: quando, come e perché l'Oss non può (sempre) sostituire l'infermiere

Disabilità grave a scuola, l'Oss non basta: serve l'infermiere. Ordinanza storica

L'assistenza infermieristica a scuola è un diritto, ma perché sia rispettato occorre spesso lottare. E non sempre si vince: hanno vinto, invece, i genitori di G. un bambino gravemente disabile, nutrito artificialmente, che necessita di continue aspirazione e deve sempre avere a portata un farmaco antiepilettico. G. e la sua famiglia vivono in Veneto e solo grazie all'aiuto dell'avvocato Sacha Bionaz, tramite l'associazione “La casa di Sabbia onlus”, sono riusciti a ottenere ciò che garantisce a G. di frequentare in sicurezza la scuola dell'infanzia insieme ai suoi compagni. A raccontarci la vicenda, facendo anche il punto su una problematica tanto complessa quanto spesso trascurata, è Patrick Creux, segretario dell’associazione "La casa di sabbia", con sede in Valle d’Aosta. “Nel corso di alcune interlocuzioni con il comune di residenza, era stata proposta la presenza di personale Oss per le esigenze del bambino. La famiglia aveva manifestato delle perplessità sulla competenza di questa figura, che comunque non era mai stata, di fatto, presente a scuola. A fronte della mancata risoluzione del problema la famiglia ha quindi provveduto a presentare, grazie al supporto dell’avv. Sacha Bionaz del foro di Ivrea che collabora con l’Associazione La casa di sabbia, ricorso in via d’urgenza contro l’Ulss territorialmente competente. Il giudice, appena ricevuto il ricorso, aveva prontamente emesso un decreto con il quale ordinava all’Ulss di fornire assistenza a scuola, decreto al quale l’Ulss non ha dato esecuzione se non dopo più solleciti da parte dell’avvocato e confermato con la successiva ordinanza. La scelta di rivolgersi alla giustizia non è mai facile per tanti motivi e l’esito positivo della vicenda è motivo di soddisfazione e sollievo – spiega - Esito positivo che c’è stato la settimana scorsa, quando il Tribunale ha condannato la Ulss a fornire assistenza infermieristica durante tutto l’orario scolastico a G. Il giudice ha ribadito che alcune attività di assistenza a scuola su disabilità complesse sono tipicamente sanitarie e devono pertanto essere affidate a personale sanitario e che non può essere svolta da Operatori Socio Sanitari. Non si tratta del primo provvedimento di un giudice che ordina al Ssn (e non ad altri enti come il comune, la provincia o l’amministrazione scolastica) di fornire assistenza a scuola- ricorda Creux - Il tema dell’assistenza adeguata a scuola ai bambini complessi è sempre stato al centro dell’attenzione da parte de La Casa di sabbia. Questa ordinanza della settimana scorsa è però particolarmente significativa perché proviene dalla regione che più di ogni altra sta cercando di affidare a personale Oss alcune attività assistenziali tipiche della professione infermieristica :la delibera 305/2021 della Giunta apre infatti alla possibilità di utilizzare gli Oss per eseguire atti propri dell’assistenza clinica del paziente di competenza esclusiva di medici e infermieri. La delibera è stata impugnata da diversi Ordini delle professioni infermieristiche e sindacati degli infermieri ed è già stata sospesa dal Giudice amministrativo in via cautelare, mentre la settimana prossima si terrà l’udienza al Tar di Venezia sul merito della questione”.

Gli studenti con gravi disabilità, che richiedono un'assistenza sanitaria, quali servizi trovano generalmente a scuola? A chi sono affidati?
Le disabilità sono tante e complesse quindi le esigenze possono essere le più varie. Fra quelle di tipo sanitario che più spesso incontriamo vi sono la gestione della nutrizione artificiale con sondino naso-gastrico o Peg, l’aspirazione delle secrezioni in trachea, la gestione di cateteri e di crisi epilettiche. Vi sono poi altre esigenze di tipo igienico sanitario, come il cambio pannolino o l’utilizzo di ausili per la postura o la mobilità. In teoria le esigenze di tipo sanitario dovrebbero essere affidate a personale infermieristico, ma non è infrequente che la gestione di procedure come la peg siano “volontariamente” svolte dagli insegnanti o dal personale educativo fornito a scuola dai comuni. Inoltre è molto frequente una modalità che non dovrebbe essere neanche immaginata, che è quella della presenza, in particolare nelle scuole dell’infanzia e primarie, di un familiare a scuola (quasi sempre la mamma) per la gestione di peg o aspirazione laringo-tracheale.

Esiste una differenza tra Regione e Regione in questo senso?
Le differenze sono notevoli tra le varie regioni e anche all’interno delle stesse possono variare molto tra una Asl e l’altra, tra distretti diversi della stessa Asl e tra comuni diversi. In Italia abbiamo Asl che, nella programmazione dei propri servizi di assistenza, prevedono regolarmente risorse destinate all’assistenza a scuola di bambini e ragazzi con elevati bisogni sanitari e altre che negano la propria competenza ad erogare servizi di questo tipo. In generale, abbiamo notato che le richieste di assistenza di tipo infermieristico a scuola sono più spesso negate nelle regioni del centro-nord, che sono quelle che molto spesso si vantano di avere uno dei migliori sistemi sanitari d’Italia e del mondo.

Si parla in questo periodo di grave carenza di infermieri: in che modo questo sta avendo un impatto anche sui bambini con disabilità grave, tanto a casa quanto a scuola?
La carenza di infermieri, ma più in generale di personale sanitario, è un dato di fatto da più di un decennio ed è causata da una programmazione dei posti nei corsi di laurea a numero chiuso da parte dello Stato che ha guardato più alle esigenze ragionieristiche del bilancio che a quelle della salute dei propri cittadini. Sappiamo che ci sono stati molti disservizi per quanto riguarda l’assistenza domiciliare, mentre minori sono stati i disagi a scuola. Nelle diverse cause che abbiamo seguito in ogni parte d'Italia, tutte le Asl hanno utilizzato l'argomento della carenza di infermieri causata della pandemia come giustificazione per la mancata fornitura dell’assistenza. Motivazione che però è stata sempre respinta dai giudici.

Il riconoscimento dell'Oss come professione anche sanitaria è stata una delle proposte portate avanti in alcuni contesti: com'è andata? Cosa ne pensate?
Personalmente non ho preclusioni ideologiche a valorizzare il ruolo degli Oss, né a creare figure intermedie, con una adeguata formazione teorica e pratica, tra queste professionalità e l’infermiere laureato. Personale che potrebbe utilmente essere impiegato anche per l’assistenza a scuola di bambini con disabilità complesse. Tuttavia ritengo che questo deve essere un disegno complessivo in un’ottica di lungo periodo e realizzato congiuntamente da tutti gli attori (ministero della Salute, Regioni e Province autonome, ordini professionali, associazioni di tutela dei pazienti, sindacati, ecc..) e rimango molto perplesso di fronte ad iniziative portate avanti da alcune Regioni che prevedono la sostituzione immediata di personale infermieristico con personale Oss, sfruttando magari anche l’attuale carenza di personale nel Ssn. Ad oggi, ricordiamolo, la qualifica di Oss si consegue con la licenza media e un corso di qualificazione professionale di 1.000 ore, mentre per diventare una guida turistica è ormai richiesta la laurea triennale. La salute è il bene primario di tutti i cittadini e non si può giocare al ribasso con il personale che, in base all’attuale normativa, non può svolgere questi compiti. La qualità dell’assistenza impatta sulla qualità della vita. Perché gli assessori di queste Regioni e ai loro dirigenti trovano così strano che una famiglia chieda che un proprio caro sia assistito da personale infermieristico che ha frequentato un corso di laurea con annesso esame finale e tirocinio e non da personale Oss? E poi, rimane comunque rilevante la differenza tra un Oss che lavora in ospedale o in una Rsa, dove è prontamente disponibile personale infermieristico o medico, in caso di necessità, e un Oss che lavora da solo, a domicilio o a scuola.
Sono temi complessi, che non possono essere lasciati in libera gestione all’assessore o al burocrate di turno.

In generale, quale pensate che debba essere la soluzione per poter garantire agli studenti con gravi disabilità adeguata assistenza anche in ambito scolastico?
Diversi giudici hanno correttamente sostenuto che la competenza in materia spetta al Ssn. Ritengo, tuttavia, che l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) di questa competenza da parte dello Stato, eviterebbe lunghi e faticosi contenziosi e permetterebbe di avere una regolare programmazione delle risorse umane e finanziarie da parte delle Asl. Questo percorso potrebbe anche essere parallelo all’attuale discussione, causata dalla pandemia da Sars-CoV-2, alla reintroduzione della figura dell’infermiere scolastico, che risolverebbe anche alcune problematiche complesse, come la somministrazione di farmaci antiepilettici a bambini e ragazzi che non hanno necessità della costante presenza di un infermiere in classe. Inoltre, come sappiamo, i comuni in Italia sono quasi ottomila e quasi il 70% di essi ha meno di 5 mila abitanti. L’impatto di disabilità complesse di bambini e ragazzi sui bilanci di questi comuni può essere notevolissima e per questo penso che si debba arrivare ad un modello diverso. La gestione dell’assistenza scolastica può benissimo rimanere in capo agli enti più vicini al cittadino, ma ci dovrebbe essere un sistema di finanziamento diverso, per il quale l’onere di questa assistenza ricada automaticamente sul bilancio di un ente con le “spalle più larghe”, come la Regione o lo Stato, perché vivere con una disabilità complessa non è una passeggiata, ma non può diventare un calvario a seconda del luogo di residenza.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)