Il San Paolo di Pasolini. Il progetto di un film sull’Apostolo delle genti riemerge in un libro di Ciarrapica e Bizzozero

“Il sogno di Pier Paolo Pasolini” (San Paolo), della libraia e studiosa Carlotta Ciarrapica, delle Suore Apostoline, famiglia Paolina, e Andrea Bizzozero, teologo e filosofo

Il San Paolo di Pasolini. Il progetto di un film sull’Apostolo delle genti riemerge in un libro di Ciarrapica e Bizzozero

Lo scandalo, la contaminazione tra sacro e profano, tra spirito ed eros sono stati i temi che hanno accompagnato l’intera vita, non solo l’opera, di Pier Paolo Pasolini, affascinato dalla dimensione autenticamente religiosa, come nel caso del suo film “Il vangelo secondo Matteo” del 1964, dedicato alla memoria di Giovanni XXIII. La tragica fine dello scrittore-regista nel 1975, alcuni suoi testi e film, soprattutto “Teorema” da una parte hanno contribuito ad avvolgere la sua memoria in una aura di trasgressione e scandalo, ma dall’altra non sono riusciti a far dimenticare la fascinazione che il messaggio cristiano ha esercitato su di lui.

“Il sogno di Pier Paolo Pasolini” (San Paolo, 160 pagine, 18 euro), della libraia e studiosa Carlotta Ciarrapica, delle Suore Apostoline, famiglia Paolina, e Andrea Bizzozero, teologo e filosofo ci offre una ulteriore prova della complessità dell’autore di “Le ceneri di Gramsci”, indagando un episodio poco noto al grande pubblico: la tentata realizzazione di un film su san Paolo, su commissione della Sampaolo Film. Il libro ripercorre le tre tappe -attraverso la comparazione delle prime due (la terza è già stata pubblicata) sceneggiature- di un progetto ideato da don Alberione e dai suoi collaboratori e poi abbandonato, con rincrescimento di ambedue le parti, per motivi legati anche all’opposizione di parte del mondo cattolico.

“Il sogno di Pier Paolo Pasolini” è una sorta di memoria, ma anche dibattito a più voci, tra cui quella di Liliana Cavani, su un progetto mai realizzato e che però ha lasciato tracce profonde nei protagonisti, soprattutto perché posti di fronte a quello che è ancora oggi un enigma: la figura e la predicazione di san Paolo. Una complessità che sottopone lo stesso Pasolini alla tentazione di semplificare presentandoci due Paolo, quello “burocratico” organizzatore di una nuova realtà, il nascente cristianesimo, e il santo che viene dalla visione e dallo sprofondamento nell’Essere.

E qui emerge l’antica questione della Chiesa come istituzione e di coloro che invece privilegiano l’amore, l’aiuto all’altro, l’ascesi. Il che, secondo Pasolini, significa porsi ai limiti o direttamente fuori da una società che è portata alla assimilazione del messaggio cristiano originario in termini di conformismo e schiavitù economica.

Pasolini, nelle stesse sceneggiature, non è tenero però con le alternative storiche, come quella sovietica, lui che era su posizioni che oggi potremmo chiamare vicine all’ideologia comunista. Per lui il male è l’organizzazione, il conformismo, e non è un caso che i suoi strali si abbattessero anche sulla televisione e il rischio della “sonnolenza” dello spirito.

Gli stessi luoghi paolini vengono riletti da Pasolini sotto forma di contemporaneità, per cui Roma diventa New York e Gerusalemme Parigi sotto l’occupazione tedesca, e l’apostolo delle genti termina la sua vita terrena ucciso da colpi di fucile “sul ballatoio di un alberghetto di New York”, come ricorda don Attilio Monge nel suo “rimpianto” per Pasolini, proprio come Martin Luther King.

La sfida contro l’omologazione di sistemi falsamente progressisti e umanitari faceva di Pasolini una voce nel deserto, poiché una buona parte della cultura progressista, e quella marxista, vedeva nell’economia il perno attorno al quale girava ogni altra componente. La stesura delle sceneggiature ci aiuta a considerare come lo scrittore di Casarsa avesse compreso in anticipo sui tempi come una politica priva di radici etiche e religiose corresse il rischio di omologarsi o offrire una visione completamente materiale dell’uomo.

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Fonte: Sir