La Sla, patologia “vigliacca”. Comunità di Capodarco per il Global Day

La testimonianza di don Albanesi (Comunità di Capodarco): “Vivendo insieme a persone con la Sla si alimenta il soffio della vita che è forte, oltre l’immaginazione”. Il ricordo vivido di Antonio, del tempo insieme e dell’attenzione, “prezioso investimento”

La Sla, patologia “vigliacca”. Comunità di Capodarco per il Global Day

Il 21 Giugno si celebra in tutto il mondo la giornata mondiale della Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Una patologia molto vigliacca, perché colpisce il sistema motorio, producendo una perdita progressiva di forza e di massa muscolare. I dati dicono che colpisce mille persone ogni anno in Italia. Una malattia infida perché lascia intatta l’attività cerebrale, con la perdita progressiva di autonomia. Non esistono attualmente terapie che la impediscano o la rallentino. Non si conoscono le cause scatenanti, anche se, in alcune situazioni, si dimostra ereditaria. Proprio per le caratteristiche della malattia, le persone colpite rimangono vigili, attente e “desiderose” della vita. Il problema vero è come mantenere questa vitalità, non conoscendo né la progressione, né il tempo rimanente per vivere. Per chi ha esperienza di accoglienza come noi, non sembri strano che la drammaticità della vita sia accompagnata da una normalità di pensiero e di quotidianità. All’inizio della malattia le persone rimangono nella propria casa, se accuratamente seguite, in ambienti idonei al loro movimento. Il problema si fa serio quando si rende necessaria un’accoglienza costante e specialistica, perché la malattia può addurre la disfagia o addirittura compromettere l’apparato respiratorio. L’esperienza dice che è possibile convivere con gli impedimenti di libertà, purché la presenza e la professionalità sostengano la situazione.

Vivendo insieme a persone con la Sla - uguale considerazione vale per la distrofia, la Sma, le patologie neurodegenerative - si alimenta il soffio della vita che è forte, oltre l’immaginazione. Essere accanto è come fare un miracolo, anche se la quantità di ossigeno e di movimento cala nl tempo. Si apprezza la dimensione “spirituale” della persona: allontanate tutte le circostanze che sembrano dare senso all’esistenza, si giunge al cuore dei desideri più profondi dell’animo. Ognuno ha i suoi sogni che insegue, fino all’ultimo respiro. Antonio era un giovane che aveva scoperto la malattia, mentre stava terminando le scuole medie superiori. Si era iscritto all’università, terminando i suoi studi con una tesi su Carl Gustav Jung, il celebre psichiatra e psicoterapeuta. Chiedeva di discutere dei temi trattati dal celebre personaggio, con evidenti difficoltà da parte di chi l’accudiva, perché le conoscenze su un tema così specifico non erano disponibili. Impressionava la voglia di comunicare e di approfondire l’interesse che gli stava a cuore. E’ morto per insufficienza respiratoria. Il suo ricordo è vivido, soprattutto perché ha potuto vivere con entusiasmo e coraggio. Il tempo e l’attenzione a lui dedicata è risultato un prezioso investimento.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)