Mafie. Confcooperative: “Sono 200 le realtà che si occupano di beni confiscati, per un fatturato di 100 milioni”

Il presidente, Maurizio Gardini: “Al di là dei numeri, la rinascita dei beni confiscati rappresenta il momento di riscatto economico, sociale e soprattutto culturale dei territori. La criminalità si batte anche così. È necessario velocizzare i tempi di assegnazione per i quali al momento occorrono 5 anni per passare dalla confisca all’assegnazione”

Mafie. Confcooperative: “Sono 200 le realtà che si occupano di beni confiscati, per un fatturato di 100 milioni”

“Dare nuova vita ai beni confiscati per far vincere l’economia sana su quella criminale, ripristinare la legalità e rendere, in questo modo, giustizia alle tante vittime della mafia. Un’azione cruciale per il nostro Paese che portiamo avanti ogni giorno con 200 cooperative impegnate nella gestione dei beni confiscati che fatturano 100 milioni, danno lavoro a 3 mila persone e realizzano servizi per la comunità e l’inclusione lavorativa soprattutto dei più fragili”. Così Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, nella giornata in memoria delle vittime della mafia. Gardini che aggiunge: “Al di là dei numeri, la rinascita dei beni confiscati rappresenta il momento di riscatto economico, sociale e soprattutto culturale dei territori. La criminalità si batte anche così. È necessario velocizzare i tempi di assegnazione per i quali al momento occorrono 5 anni per passare dalla confisca all’assegnazione”.

E il centro studi di Confcooperative fornisce l’identikit delle cooperative che gestiscono i beni confiscati. Si tratta di imprese di piccole dimensioni, ma solide da un punto di vista strutturale e finanziario in grado di generare sul territorio una economia sana, lavoro e prospettive. E questo anche in aree con economie più in difficoltà, con il 60% delle realtà operative nel Sud del paese.
In quanto all’utilizzo dei beni: il 34% riguarda l’accoglienza e l’integrazione, incluso l’housing sociale. Alle attività agricole è destinato il 25% dei beni, mentre il 12% riguarda la formazione e il 10% rivive grazie al commercio, l’artigianato e la ristorazione con le sartorie o le osterie sociali.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)