Milano invecchia e lascia poco spazio alle donne

Dai dati del rapporto della Fondazione Ambrosianeum una città in cui ci sono sempre più anziani e in cui le famiglie unipersonali sono il 52,4%. Mentre nel lavoro le donne sono penalizzate

Milano invecchia e lascia poco spazio alle donne

Una città con persone più longeve ma anche più sole. E in cui le donne sono ancora discriminate. Benvenuti a Milano. Il rapporto della Fondazione Ambrosianeum, dal titolo “La salute, il pane e le rose”, indaga con una serie di contributi di esperti come la città si è trasformata. E anche il numero cresce dal punto di vista demografico (+11% dal 2011 al 2018 contro il -1,1% del decennio precedente, e questo soprattutto grazie alla presenza straniera), Milano è “affaticata da una popolazione sempre più longeva e sola (rispetto agli altri Comuni della Città Metropolitana Milano ha il più alto indice di ultraottantenni, aumentati del 32% tra il 2005 e il 2018, e il più basso di bambini e adolescenti entro i 14 anni); che non riesce a far decollare i ritmi riproduttivi (persino quelli delle donne straniere, calati dal 2,1 del 2005 all’1,6 del 2018, contro l’1,2 delle italiane)”. E le persone rischiano di essere, almeno formalmente, sempre più sole, visto che il 52,4% delle famiglie è unipersonale, un dato in costante crescita, e solo il 12% ha 4 componenti.

Sul fronte del lavoro, la condizione della donna non è migliorata. Il tasso di occupazione femminile è passato dal 67,1% del 2011 al 70,2% del 2017, ma “il divario qualitativo, retributivo e di numero di ore lavorate rispetto alla componente maschile della popolazione attiva non si è affatto ridotto”, si legge nel capitolo curato da Brunella Fiore e Egidio Riva. “Restringendo il campo al lavoro dipendente, crescono i contratti a tempo determinato (soprattutto tra gli uomini) e part-time (sempre tra gli uomini, triplicati dal 2001 contro un +55,4% delle donne). Ma sul fronte retributivo le donne scontano la differenza di genere, visto che il 65,5% delle milanesi percepisce al massimo 1.500 euro al mese e solo il 3,4% supera i 3.000 euro”.

A Milano le imprese in cui la titolare è una donna sono il 17,8% del totale, contro il 19,4% della media lombarda e il 27% a livello nazionale. “Questo probabilmente perché il mercato del lavoro locale tira più che altrove, e l’offerta di posti disponibili è più ampia -scrive l'Ambrosianeum-. A Milano, comunque, le donne raggiungono il 45,75% degli occupati della Provincia. Cresce l’imprenditoria femminile, è positivo (+1349 imprese nel 2019) il saldo tra aperture e chiusure di imprese, crescono anche (+1,5%) gli addetti di questo comparto. Dati che inducono all’ottimismo, si direbbe. Ma non è tutto oro quel che luccica: perché se le imprese femminili milanesi operano quasi tutte nel terziario (86%), il settore di massima diffusione è quello delle 'altre attività di servizi', ovvero – si va dal parrucchiere alla tintoria, dal salone di bellezza all’estetista – quelli ritenuti tradizionalmente femminili”. Nel settore digitale, invece, il numero di imprese “al femminile” arriva a malapena al 15,3% e i dati sulle startup innovative al femminile, benché il loro numero sia raddoppiato rispetto al 2016, copre soltanto l’11,1% del totale.

Quanto alle forme giuridiche, prevale senza dubbi la ditta individuale, a testimonianza di quella microimpresa così caratteristica del tessuto italiano. E mentre la legge sulle quote rosa del 2011 ha finalmente portato il numero delle donne presenti nei Cda a un quinto del totale a livello nazionale, Milano svetta anche per la percentuale di amministratrici delegate donne: il 30,3%, contro il 17,9% italiano. Resta il fatto, però, che solo il 25,8% delle cariche sociali, a Milano, è ricoperto da donne.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)