Milano, nel Cpr di via Corelli in aumento le patologie psichiatriche tra i reclusi

La denuncia del Naga, che si è rifiutata di mandare i suoi medici volontari nella struttura, confermata da una mail del direttore del Centro ai Garanti dei detenuti nazionale e di Milano. "Sono ormai quasi all’ordine del giorno atti autolesionistici e talvolta tentativi suicidari"

Milano, nel Cpr di via Corelli in aumento le patologie psichiatriche tra i reclusi

La situazione nel Cpr di via Corelli a Milano è sempre più critica. Anche dal punto di vista sanitario. È quanto emerge dalla denuncia dell'associazione Naga, alla quale le cooperative che gestiscono il Cpr (Versoprobo e Luna) hanno chiesto un aiuto. Hanno bisogno infatti di medici volontari che effettuino visite specialistiche. “Tale richiesta sarebbe un'ulteriore conferma dell’assenza di un protocollo d’intesa tra Prefettura e strutture pubbliche sanitarie sul territorio, previsto all’art. 3 del Regolamento CIE 2014. Questa assenza risulta a nostro avviso di estrema gravità, considerando soprattutto l’apertura del Cpr a settembre 2020 e il conseguente vuoto di tutela della salute di chi si ritrova rinchiuso all’interno”, scrive il Naga sulla sua pagina Facebook. Il Naga non ha accettato di entrare nel Cpr: “Abbiamo da sempre denunciato tali centri in quanto buco nero dei diritti dove vengono rinchiuse persone solamente perché non possiedono un valido titolo di soggiorno. Ribadiamo, fermamente e a gran voce, che i Centri di Permanenza per il Rimpatrio non devono esistere e che non intendiamo in alcun modo partecipare alle violazioni dei diritti che avvengono al loro interno”.

Ma che le condizioni di vita all'interno del Cpr di Milano siano sempre più difficili è confermato anche dalle stesse cooperative che lo gestiscono. Nel maggio scorso, il direttore del Cpr, Federico Bodo, ha scritto una mail al Garante Nazionale dei diritti delle persone private e delle libertà personali e al Garante Diritti Milano del Comune di Milano in cui denuncia che sono soprattutto le condizioni psicologiche e psichiatriche dei rinchiusi a destare preoccupazione. E conferma “la mancanza di un protocollo di intesa tra l’ Ats Città Metropolitana di Milano e la Prefettura di Milano”. Una mancanza che “fa si che gli ospiti del Cpr possano accedere a visite specialistiche e presa in carico da parte del Sistema Sanitario Nazionale con i tempi previsti per i cittadini italiani, e quindi con lunghe liste di attesa. È chiaro che per persone che rimangono un tempo limitato (seppure per loro infinito) presso la struttura risulta quindi pressoché impossibile accedere a visite specialistiche attraverso il sistema sanitario nazionale. Noi come Ente gestore abbiamo avviato una collaborazione con Opera San Francesco per i Poveri per sveltire l’accesso a visite specialistiche: la stessa Fondazione ci fornisce a supporto due psichiatri volontari che vengono presso il Cpr circa una volta ogni due settimane”.

Inoltre, il direttore del Cpr racconta che “per le patologie psichiatriche più intense e pericolose (atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, psicosi emergenti e frequenti) ci riferiamo al servizio di pronto soccorso dei presidi sanitari sul territorio, i quali però risultano restii a dimettere tali persone con diagnosi precisa che eventualmente determini l’incompatibilità con la vita in comunità ristretta”. Non solo. “A metà febbraio abbiamo segnalato alla Prefettura di Milano l’aumento dei casi di natura psichiatrica all’interno della struttura, chiedendo che venisse attivato un protocollo o una convenzione con Sistema Sanitario Nazionale per la presa in carico di pazienti tossicodipendenti e psichiatrici. È stato steso un progetto da parte dell’ente Smi Relazioni Fondazione Eris Onlus, un ente privato, che avrebbe dovuto essere finanziato dalla Regione Lombardia , ma ad oggi ancora nulla è stato attivato”.

“In generale quindi, ciò che emerge è che la patologia psichiatrica, la sofferenza reale percepita e vissuta all’interno della struttura da parte degli ospiti aumenta costantemente con l’aumento dei tempi di permanenza -conclude il direttore del Cpr-: sono purtroppo ormai quasi all’ordine del giorno atti autolesionistici e talvolta tentativi suicidari. Molte di queste azioni risultano spesso strumentali, ma comunque indice di sofferenza”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)