No alla “clausola europea” per le organizzazioni palestinesi: appello di Amnesty

Lettera aperta di Amnesty International e altre 95 organizzazioni all'Unione europea: la Commissione e alcuni stati hanno annunciato limitazioni ai finanziamenti per le organizzazioni palestinesi per i diritti umani: “Provvedimenti discriminatori e pericolosi”

No alla “clausola europea” per le organizzazioni palestinesi: appello di Amnesty

Amnesty International e altre 95 organizzazioni hanno reso pubblica una lettera inviata all’Unione europea e ai suoi stati membri, in cui esprimono preoccupazione per gli annunci della Commissione europea e di alcuni stati che ne fanno parte di limitare i finanziamenti alle organizzazioni palestinesi per i diritti umani: provvedimenti discriminatori che avrebbero un impatto negativo sulla situazione dei diritti umani e minerebbero ulteriormente la credibilità di un’Unione europea auto-proclamatasi campione dei diritti umani.

“I diritti umani in Israele e nei Territori palestinesi occupati sono già in profonda crisi. Le organizzazioni palestinesi e israeliane fanno un lavoro cruciale per proteggere i diritti umani. Alcune denunciano le sistematiche e impunite violazioni dei diritti umani delle autorità israeliane nei confronti dei palestinesi, altre forniscono difesa legale gratuita a vittime che, in caso contrario, resterebbero sole nella richiesta di giustizia. Limitare i finanziamenti alle organizzazioni palestinesi è una mossa discriminatoria: pregiudicherebbe il loro importante lavoro e priverebbe ulteriormente le vittime delle violazioni dei diritti di umani di ogni prospettiva di protezione”, ha dichiarato Eva Geddie, direttrice dell’Ufficio europeo di Amnesty International.

Alcuni stati europei - tra i quali Austria, Danimarca, Germania, Svezia e Svizzera - e la Commissione europea hanno adottato provvedimenti per sospendere o limitare i finanziamenti alle organizzazioni della società civile palestinese sulla base dell’indimostrata accusa secondo la quale tali finanziamenti verrebbero deviati verso “organizzazioni terroriste” o sarebbero usati per “incitare all’odio e alla violenza”.

Queste accuse rafforzano i radicati stereotipi razzisti e islamofobi secondo i quali gli arabi e i musulmani sono inclini alla violenza e sono potenziali terroristi. Alcuni provvedimenti risalgono a prima del 7 ottobre, il giorno in cui Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno commesso crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario, quali uccisioni illegali, la cattura di ostaggi civili e lanci indiscriminati di razzi contro Israele. Da allora, le restrizioni sono aumentate.

I doppi standard dell’Unione europea

Il 21 novembre la Commissione europea ha reso noto che “non è stata rinvenuta alcuna prova che indichi che i finanziamenti siano stati deviati per scopi diversi”. Ciò nonostante, la stessa Commissione ha annunciato l’introduzione di una clausola “anti-incitamento” in tutti i nuovi contratti con le Ong palestinesi che obbliga coloro che ricevono i fondi a dichiarare che non inciteranno all’odio e a essere sottoposti al “monitoraggio di una terza parte” per verificare il rispetto della clausola. La clausola in sé non pone problemi ma applicarla solo nei confronti delle Ong palestinesi è indice dello stigma nei loro confronti e incoraggia altri a incitare all’odio.

“È essenziale che i governi donatori europei chiedano trasparenza e responsabilità, ma farlo solo nei confronti delle Ong palestinesi, così come le tempistiche e le motivazioni della decisione di limitare i finanziamenti, sollevano dubbi. Perché i donatori stanno limitando i finanziamenti solo alle Ong palestinesi? Perché le organizzazioni della società civile palestinese, che denunciano le violazioni dei diritti umani da parte del governo israeliano, sono costrette ogni volta a difendersi dall’accusa di antisemitismo e di sostegno alla violenza contro lo Stato d’Israele, se da ripetute indagini non è emersa alcuna prova al riguardo?”, ha commentato Eva Geddie.

È compito fondamentale dell’Unione europea e dei suoi stati membri combattere ogni forma di razzismo e di discriminazione - compresi antisemitismo, islamofobia, razzismo anti-arabo e anti-palestinese - e prendere tutte le misure necessarie per impedire l’istigazione all’odio che costituisce incitamento alla discriminazione, all’ostilità e alla violenza. Ai destinatari dei finanziamenti dell’Unione europea viene già richiesto di rispettare tali principi. Pertanto, aggiungere la clausola “anti-incitamento” ai soli contratti con le organizzazioni palestinesi e sottoporle al “monitoraggio di una terza parte” suona come un gesto politico, discriminatorio e che rafforza i pregiudizi razzisti verso i palestinesi e coloro che difendono i loro diritti.

Ad esempio, la Svezia ha dichiarato che in futuro chiederà ai partner palestinesi di condannare Hamas. Chiedere a un’organizzazione di esprimere tale condanna e farne una condizione per finanziarla è un attacco ai diritti alla libertà di espressione e di associazione e, nella misura in cui riguarda unicamente organizzazioni che si occupano di Palestina, è discriminatorio. Allo stesso tempo, organizzazioni israeliane od organismi governativi israeliani con cui la Svezia coopera hanno invocato uccisioni, trasferimenti forzati e l’uso di armi nucleari nei confronti dei palestinesi; ci sono ripetuti attacchi mortali contro civili palestinesi da parte di forze israeliane e coloni israeliani; Ong israeliane - comprese quelle denunciate dall’Unione europea - costruiscono insediamenti illegali sui terreni palestinesi occupati. Eppure, il governo svedese non ha chiesto alle organizzazioni israeliane o agli organismi governativi israeliani di condannare tali crimini. Questo evidente doppio standard non solo è discriminatorio ma evidenzia anche un approccio selettivo ai diritti umani.

L’uso dell’antisemitismo come strumento per azzerare le critiche

Combattere l’antisemitismo e i discorsi d’odio è fondamentale, ma nel corso degli ultimi anni le autorità israeliane e i rappresentanti di diversi stati europei - in particolare, Germania e Ungheria - e i commissari europei Verheyli e Schinas, hanno usato accuse infondate di antisemitismo per azzerare le critiche alle violazioni del diritto internazionale commesse da Israele, come al perdurante sistema di apartheid imposto da Israele ai palestinesi.

Ancora oggi, dopo che le forze israeliane hanno ucciso oltre 14 mila civili di Gaza, più di un terzo dei quali bambini, le accuse di antisemitismo sono usate per ridurre al silenzio e, in alcuni casi, criminalizzare coloro - compresi attivisti ebrei - che esprimono solidarietà nei confronti dei palestinesi e difendono i loro diritti. Le autorità israeliane hanno utilizzato l’accusa di antisemitismo persino per giustificare l’uccisione di civili palestinesi, affermando che la popolazione di Gaza è a favore dell’ideologia nazista.

“Di fronte al crescente antisemitismo, i leader europei hanno l’obbligo di adottare provvedimenti per proteggere le popolazioni ebraiche. Ma confondere il sostegno ai diritti dei palestinesi con l’antisemitismo e incolpare palestinesi e arabi dell’aumento dell’antisemitismo è controproducente e non fa altro che alimentare odio”, ha aggiunto Geddie.

Recenti dichiarazioni discriminatorie e prive di sostanza da parte di esponenti politici tedeschi, austriaci e ungheresi hanno preso di mira persone migranti provenienti da stati a maggioranza musulmana, accusandole di alimentare l’antisemitismo in Europa. Il fatto che l’Unione europea abbia introdotto ulteriori requisiti per il ricevimento di finanziamenti unicamente verso i destinatari palestinesi è frutto di simili stereotipi discriminatori e razzisti.

“Il fatto che stati europei stiano limitando i finanziamenti alle organizzazioni che si occupano di diritti umani in Israele e nei Territori palestinesi occupati è una chiara prova dei loro doppi standard. La credibilità degli stati europei che sostengono di essere campioni dei diritti umani è stata già messa a dura prova quando non hanno chiesto un cessate il fuoco e hanno continuato a fornire armi a Israele, che ha ucciso impunemente migliaia di palestinesi. Queste discriminatorie limitazioni ai finanziamenti stanno ulteriormente danneggiando la loro credibilità”, ha sottolineato Geddie.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)