“Possa Dio benedirvi tutti”. Un'installazione in chiesa per non dimenticare il sacrificio di p. Franz Reinisch

Si intitola “Gekopft” (decapitato) la grande testa in bronzo sovradimensionata che, in queste settimane di quaresima, è stata sistemata nel duomo di S. Giacomo a Innsbruck

“Possa Dio benedirvi tutti”. Un'installazione in chiesa per non dimenticare il sacrificio di p. Franz Reinisch

Due anni di lavoro per creare una “testa vivente”. Si intitola “Gekopft” (decapitato) la grande testa in bronzo sovradimensionata che, in queste settimane di quaresima, è stata sistemata nel duomo di S. Giacomo a Innsbruck. Una installazione, quella realizzata dall’artista badiota Lois Anvidalfarei – che ha pubblicato una foto sul suo profilo Ig – per invitare a riflettere sulla vita e sulla fede. Per non dimenticare il sacrificio di p. Franz Reinisch.

Franz Reinisch vede la luce a Feldkirch, in Austria, il 1° febbraio 1903. I primi anni di vita li trascorre a Bolzano e Brunico perché il padre, amministratore fiscale, trova lavoro in Sudtirolo. Nel 1908 torna con la famiglia a Innsbruck, dove frequenta il ginnasio a Hall. Dopo la maturità studia per un anno giurisprudenza all’università di Innsbruck e Kiel. È il 1923 quando partecipa agli esercizi ignaziani. Durante quei 30 giorni di preghiera e meditazione inizia a maturare la decisione di diventare sacerdote. Nell’autunno dello stesso anno inizia a studiare filosofia a Innsbruck e due anni più tardi entra nel Seminario maggiore di Bressanone. Il 29 giugno 1928 viene ordinato sacerdote in quella che allora era la chiesa parrocchiale di S. Giacomo. Poche settimane più tardi, il 3 novembre 1928, entra nella Società dei Pallottini, dove emette i primi voti il 3 novembre 1928. Per due anni insegna filosofia ai candidati al sacerdozio a Untermerzbach e studia teologia a Salisburgo, impegnandosi in varie attività pastorali. Ed è proprio durante il servizio pastorale che si avvicina al movimento apostolico di Schönstatt, fondato dal pallottino p. Josef Kentenich. In questo movimento Reinisch vede l’attualizzazione delle idee apostoliche di s. Vincenzo Pallotti. Nel 1938 i suoi superiori gli affidano la cura spirituale degli uomini che facevano parte del movimento. Sono anni bui quelli e p. Reinisch, che è uomo di cultura, si documenta, tiene incontri e conferenze, durante le quali non si tira indietro dal considerare – anche pubblicamente – il nazismo un regime completamente contrario al senso della vita e al cristianesimo. La cosa non passa inosservata al regime. Per aver accusato il nazionalsocialismo di falsità, nel settembre del 1940 la Gestapo gli vieta di parlare e predicare su tutto il territorio del Reich. Iniziano mesi di trasferimenti da una parte all’altra della Germania. Il 14 aprile 1942 gli arriva – al pari di migliaia di altri sacerdoti e religiosi dell’epoca – la cartolina di precetto. Deve entrare a far parte dell’esercito nazista. P. Reinisch non sapeva dei campi di sterminio, ma aveva visto gli ebrei perseguitati per le strade, aveva visto intere famiglie venire strappate alla loro case e sparire nel nulla. Ed è di fronte alle violenze che si consumavano sotto i suoi occhi che matura la sua decisione.

“Ci deve pur essere qualcuno che si oppone agli abusi di potere. Io, come cristiano, sento di essere chiamato ad esprimere questa protesta”. Così si esprime quando, il 15 aprile gli viene consegnata la divisa militare nella caserma di Bad Kissingen. Inizia così il suo calvario.

Per questa sua decisione P. Reinisch viene contestato e abbandonato dall’intera cerchia degli ecclesiastici. E la sua scelta di non prestare giuramento a Hitler suscita incomprensione e disapprovazione anche all’interno dell’ordine dei Pallottini.

Il 9 maggio il religioso viene portato nel carcere di Tegel a Berlino. Ed è proprio in quella cella che annota i suoi pensieri. “Il 15 aprile, determinato dalla paura e dalla fuga da me stesso, ho iniziato a realizzare la mia decisione finale, liberamente scelta e voluta: non prestare il giuramento di fedeltà”. “Come sacerdote non posso collaborare dove infuriano violenza, menzogna e inganno”. P. Reinisch, fortemente radicato nella fede in Cristo, rifugge la visione del mondo nazista con tutte le sue ripercussioni e parla del suo rifiuto come una legittima difesa”. 

Portato davanti alla corte marziale di Berlino-Charlottenburg il 7 luglio 1942 viene condannato a morte. Una sentenza che qualche giorno avrebbe assunto contorni ancora più drammatici. Dopo aver trascorso molte notti insonni, p. Reinisch viene a sapere infatti che non sarebbe stato fucilato, ma ghigliottinato. “Il plotone di esecuzione è riservato ai soldati – gli spiegano – per i criminali comuni è prevista la decapitazione”. 

Aveva scelto di sacrificare la sua vita per la fede in Cristo e veniva considerato un criminale comune.

La sentenza di morte gli viene letta il 21 agosto 1942 nella prigione di Brandenburgo sull’Havel. P. Reinisch ripete di non essere un rivoluzionario, ma semplicemente un prete cattolico armato della sua fede nello Spirito Santo. Trascorre le ultime ore pregando e scrivendo una lettera d’addio alla sua famiglia, alla quale lascia i suoi paramenti liturgici, il suo crocifisso, il suo rosario e alcuni libri. 

“Pronunci il suo nome”, gli grida il boia in alta uniforme, dopo aver scoperto la “Fallebil”, la ghigliottina usata fin dall’Ottocento per giustiziare i criminali comuni. “Franz Reinisch, prete cattolico”. 

Indicandogli un foglio appoggiato su un tavolo, gli viene chiesto, ancora una volta, se era disposto a sottoscrivere il giuramento di fedeltà a Hitler. Se lo firmava avrebbe avuto salva la vita. “La ringrazio per la sua gentilezza, ma non posso prendere parte a una guerra ingiusta e neppure giurare fedeltà a un regime antidemocratico. Muoio per Cristo e per la madrepatria. Possa Dio benedirvi”.

P. Reinisch aveva 38 anni. Il suo martirio avrebbe risvegliato molte coscienze, ispirando altri prigionieri a compiere simili atti di nonviolenza a Hitler. Uno di questi è Franz Jägerstätter (1907-1943), beatificato dal Benedetto XVI nel 2007. 

Il 28 maggio 2013 il vescovo di Treviri, mons. Stephan Ackermann, ha avviato il processo di beatificazione di p. Reinisch, processo che è giunto alle battute finali. In attesa della celebrazione di beatificazione di p. Reinisch, il vescovo di Innsbruck Hermann Glettler ha deciso di porre – anche attraverso l’opera di Lois Anvidalfarei – la testimonianza di fede di p. Reinisch al centro della riflessione in questa quaresima, che si inserisce nell’”Anno della preghiera” voluto da Papa Francesco in preparazione al Giubileo del prossimo anno. 

“Il sacrificio della mia vita – scriveva p. Reinisch nel suo diario il 5 luglio 1942 – deve diventare un inno alla dignità dell’uomo, al valore dell’essere umano, figlio di Dio”.

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Fonte: Sir