Rom e sinti. Oltre 18 mila in emergenza abitativa, ma dal 2018 chiusi 26 insediamenti

L’associazione 21 luglio ha presentato in Senato il report digitale “Il Paese dei campi” in vista della Giornata internazionale dei rom dell’8 aprile. Insediamenti presenti in 73 comuni e 13 regioni, quello più grande è a Roma. Il progetto voluto per colmare una “cronica carenza di informazioni statistiche affidabili”

Rom e sinti. Oltre 18 mila in emergenza abitativa, ma dal 2018 chiusi 26 insediamenti

In Italia sono 18.760 i rom e i sinti in emergenza abitativa: oltre 12 mila persone abitano in 113 insediamenti formali presenti in 73 Comuni e 13 Regioni italiane a cui vanno aggiunti 2 centri di raccolta rom, 6 aree residenziali monoetniche (dove vivono oltre mille persone) e i 5.500 rom stimati negli insediamenti informali sparsi lungo lo stivale. Tuttavia qualcosa sta cambiando e dal 2018 ad oggi sono 26 gli insediamenti rom e sinti chiusi o superati mentre sono 21 quelli che risultano in superamento. A dare un quadro aggiornato e completo sul tema è l’associazione 21 luglio che ha presentato il report digitale “Il Paese dei campi” (www.ilpaesedeicampi.it) in un evento promosso dalla Commissione per la promozione dei Diritti Umani del Senato in vista della Giornata Internazionale dei diritti dei rom dell’8 Aprile. All’iniziativa, tenutasi nella sala Caduti di Nassirva a Palazzo Madama, sono intervenuti il senatore Giorgio Fede; Triantafillos Loukarelis, direttore dell’Unar; l’assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Barbara Funari e Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma. Nonostante il tema sia stato per lunghi periodi sotto i riflettori, in Italia mancano ancora dati certi e aggiornati. “Malgrado le politiche nazionali e locali promosse da decenni nei confronti delle comunità rom e sinte - si legge in una nota dell’associazione -, il nostro Paese paga la cronica carenza di informazioni statistiche affidabili relative agli insediamenti monoetnici presenti sul territorio nazionale. Tale deficit è riconosciuto come il principale limite laddove, per implementare politiche sociali, risulta fondamentale cogliere in maniera puntuale le problematiche che interessano gli abitanti dei “campi”. Con cadenza periodica, si invocano “censimenti” arrivando a cogliere l’assenza di informazioni come occasione per amplificare i numeri invocando l’emergenza oppure per spingerli al ribasso al fine di enfatizzare, ad esempio, l’impatto positivo di politiche espulsive”. Se per diverse ragioni oggi risulta impossibile stabilire quanti siano i rom e i sinti in Italia, secondo la 21 luglio, è possibile al contrario stabilire quanti vivano nell’emergenza abitativa e in insediamenti monoetnici. Il lavoro presentato oggi dall’associazione, infatti, vuole colmare questo vuoto informativo e presentare un quadro aggiornato della situazione degli insediamenti formali e informali presenti in Italia. “Attraverso il sito www.ilpaesedeicampi.it è possibile da oggi cogliere, in tempo reale, informazioni aggiornate che interessano ognuno dei 121 insediamenti formali, all’aperto e al chiuso, abitati da comunità identificate come rom e sinte - si legge nella nota -.  In Italia sono presenti 45 “campi rom” formali abitati da 7.128 persone. L’insediamento più grande si trova a Roma, in via Candoni, dove sono accolte 795 persone. La massima concentrazione si rileva nell’area metropolitana di Napoli, con 8 insediamenti e 1.336 persone.  Nei Comuni di Pisa, Gioia Tauro e Cosenza si registrano invece le presenze di quartieri di “case popolari” realizzati appositamente per un’accoglienza di 930 rom. A Brescia e a Napoli gli unici due “centri di raccolta rom”, dove risultano presenti 218 persone”. Sono 66, invece, i “campi sinti” presenti sul territorio nazionale. “Sono abitati da 4.814 persone con il più grande che insiste nel Comune di Pavia, con 265 persone - continua la nota -. I Comuni di Villafalletto, in provincia di Cuneo, di Padova e di Carmagnola, in provincia di Torino sono caratterizzati dalla presenza di aree residenziali monoetniche”. Un quadro complesso, quindi, soprattutto alla luce di anni e anni di politiche dedicate, “piani nomadi” e interventi straordinari realizzati dalle diverse amministrazioni locali. Secondo l’associazione 21 luglio, da tempo impegnata anche sul fronte della formazione rivolta alle amministrazioni locali, per superare un insediamento monoetnico “non servono approcci speciali (declinati su base etnica) né tantomeno uffici dedicati - si legge nella nota -. Fondamentale è partire da processi di coprogettazione calibrati su ogni singolo insediamento e che coinvolgano anche i residenti. Risulta poi importante prevedere interventi ordinari di politica sociale che mirino a sviluppare percorsi inclusivi individualizzati e strutturati sulle esigenze dei singoli nuclei familiari”. Secondo l’associazione, oggi i tempi “sono favorevoli per attrezzarsi con strumenti che seguano un approccio universalistico” e chiudere definitivamente la stagione dei campi.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)