Scuola e minori stranieri non accompagnati: l'iter si interrompe per mancanza di tutele

Oltre la metà è iscritta nelle scuole o a corsi di formazione, ma a 18 anni abbandona per trovare un lavoro. I risultati del Rapporto Ismu sugli “alunni con background migratorio”. Mentre le secondo o terze generazione di migranti tendono a preferire istituti professionali o tecnici piuttosto che i licei

Scuola e minori stranieri non accompagnati: l'iter si interrompe per mancanza di tutele

In Italia vivono ufficialmente 5.540 minori stranieri non accompagnati (Msna). Quanti di loro vanno a scuola? A questa domanda, fondamentale per capire se sono effettivamente inseriti in un percorso di integrazione, ha cercato di rispondere l'Ismu di Milano, che oggi presenta il Rapporto nazionale “Alunni con background migratorio in Italia. Le opportunità oltre gli ostacoli”, curato da Mariagrazia Santagati ed Erica Colussi. Dal rapporto, che ha un focus sui Msna, risulta che il problema di fondo è che esistono solo dati parziali, relativi solo ai minori inseriti nel Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Sipromini). Ebbene, nel 2018 i minori accolti nel Sipromini iscritti al sistema scolastico erano 2.458 (di cui 1.832 Msna, gli altri sono figli di migranti anche loro accolti nel Sistema di protezione). Altri 1.176 Msna frequentavano corsi di formazione professionale.

Ci sono poi quelli che si sono iscritti ai Centri provinciali per l’Istruzione per gli Adulti (Cpia) cui vengono indirizzati spesso anche i minori stranieri non accompagnati dai 15 ai 18 anni, che però vengono considerati statisticamente assieme agli altri minori stranieri (quindi non è possibile sapere quanti siano i Msna iscritti ai Cpia). La Fondazione Ismu nell’anno scolastico. 2016/17 ha realizzato un monitoraggio esplorativo sulle presenze dei Msna nei Cpia, mettendo a confronto Lombardia e Sicilia. Lo studio ha rilevato che nei 19 Cpia lombardi e nei 10 Cpia siciliani erano iscritti 816 Msna in Lombardia e 4.532 in Sicilia.

Dal rapporto e dalle interviste pubblicate emerge comunque che un ruolo cruciale nell'inserimento scolastico di questi minori lo svolgono gli educatori. “Nonostante la legge italiana appaia tutelante nei confronti dei Msna -scrive l'Ismu-, non tutti frequentano percorsi ordinari: a partire dai 15 anni, essi vengono inseriti in prevalenza nei corsi di alfabetizzazione o di preparazione alla licenza media realizzati dai Cpia e/o dal privato sociale”. Dalla ricerca emerge che, nonostante tanti Msna desiderino continuare gli studi, i più non prendono in considerazione questa possibilità perché al raggiungimento dei 18 anni generalmente perdono le tutele di cui godono da minorenni e sono quindi obbligati a rendersi autonomi e indipendenti per poter sopravvivere e rimanere in Italia.

Il rapporto presenta anche due approfondimenti: il primo analizza i processi di scelta scolastica che portano ancora oggi gli alunni stranieri a iscriversi meno ai licei rispetto ai loro coetanei italiani; il secondo presenta una ricerca comparativa di tipo quantitativo che ha coinvolto alcune scuole secondarie in Italia e in Francia con l’obiettivo di indagare le interazioni fra giovani nativi e di origine immigrata e l’influenza di tali interazioni sugli atteggiamenti di ostilità verso persone immigrate.

In base a elaborazioni condotte su un database di dati amministrativi relativi a un campione nazionale, più della metà degli alunni italiani sceglie di iscriversi a un liceo (51,8%), contro poco più di un terzo degli studenti stranieri di seconda generazione (34,9%) e meno di un quarto di quelli di prima generazione (24,4%). Come si spiegano differenze di scelte così marcate tra alunni italiani e stranieri? Nel Rapporto si mostra che tali differenze trovano spiegazione non solo nei livelli di apprendimento inferiori ai nativi con cui gli alunni di origine immigrata concludono la terza media, ma anche in altri fattori dovuti al background migratorio degli studenti. La scelta post licenza media sembra essere un momento nel quale le origini non italiane degli studenti, anche di quelli che si distinguono per buone performance, incidono sulla riproduzione delle disuguaglianze educative. Ponendo infatti in relazione i punteggi ottenuti nei test Invalsi di matematica e le iscrizioni ai licei, emerge che tra gli studenti con i migliori risultati, il tasso di iscrizione al liceo è di poco superiore al 70% per gli italiani, contro il quasi 40% per gli studenti stranieri di prima generazione. Anche guardando all’analisi degli iscritti al liceo in base al voto finale di licenza media e alla cittadinanza i risultati trovano conferma, emerge infatti che, anche se promossi con buoni voti alle medie, gli alunni stranieri scelgono meno i licei rispetto a quelli italiani. Il terzo elemento che infine può avere un ruolo nelle scelte dei ragazzi è il consiglio orientativo degli insegnanti: dall’analisi emerge che, a parità di livello di performance, sono gli studenti italiani quelli che si vedono raccomandare molto più spesso un percorso liceale (il gruppo dei più penalizzati nel confronto con gli italiani è quello degli studenti maschi stranieri più brillanti nei test). Infine, anche quando gli insegnanti raccomandano il percorso liceale agli alunni stranieri, sono proprio questi a seguire meno il suggerimento degli insegnanti: i dati mostrano che circa l’89% degli italiani va al liceo quando questo è il suggerimento ricevuto, contro il 73% degli stranieri di prima generazione.

Il rapporto presenta infine, nella parte dedicata ai confronti internazionali, anche una ricerca comparativa di tipo quantitativo, svolta nel 2017, che ha coinvolto 5.186 alunni di scuole secondarie in Italia (Lombardia) e in Francia (regione Provence-Alpes-Côte d’Azur), con l’obiettivo di indagare le interazioni fra giovani autoctoni e giovani di origine immigrata e il loro legame con atteggiamenti di ostilità verso gli immigrati. Per quanto riguarda le forme di intolleranza/xenofobia, sia latente sia esplicita, si rileva, purtroppo un dato ancora alto di atteggiamenti negativi, pari a circa un quarto degli intervistati. Il dato positivo è che i livelli di intolleranza si riducono nei giovani che intrattengono relazioni con persone di origine immigrata e quando gli insegnanti affrontano in classe temi legati alla mobilità umana.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)