Scuola, tempo di esami. L'appello perché siano “a volto scoperto”

Via la mascherina durante gli esami di Stato, la scuola torni alla normalità: è l'appello di un gruppo di pedagogisti, psicologi, epidemiologi che ha indirizzato una lettera aperta al ministro Bianchi e al presidente Draghi. Novara, pedagogista: “Una pratica senza senso, che provoca danni enormi su bambini e ragazzi"

Scuola, tempo di esami. L'appello perché siano “a volto scoperto”

“Una pratica inerziale, senza alcun senso e fortemente dannosa per i bambini e per i giovani. Se i ragazzi e i genitori non si ribelleranno, gli studenti si ritroveranno con la mascherina in classe anche il prossimo anno. E andare a scuola senza volto non si può più”. Così il pedagogista Daniele Novara torna a invocare l'abolizione della mascherina a scuola, “a partire da subito, a partire dagli esami: permettiamo ai nostri ragazzi di presentarsi almeno all'orale con il loro volto, perché il volto è tutto”. E critica con forza “questo accanimento compulsivo che, in nome di un principio politico di coerenza, continua a imporre dentro la scuola una restrizione che è ormai scomparsa ovunque: andiamo al bar, al supermercato, perfino a votare senza mascherina, ma i nostri ragazzi devono usarla a scuola e rischiano di dover continuare a usarla anche il prossimo anno: una pratica inerziale, un po' come la campanella, le note, i voti numerici alle elementari. Questo, nonostante i danni gravissimi che sono sotto gli occhi di tutti: il governo ha dovuto stanziare 20 milioni per il bonus psicologico, perché sopratutto i giovani non si stanno riprendendo dal trauma delle restrizioni e dell'isolamento sociale. Moltissimi quest'anno non sono andati a scuola, alle superiori ma anche alle medie e le bocciature sono tornate a livelli altissimi. Stiamo pagando un prezzo altissimo, per combattere un virus tra i tanti e nemmeno pericoloso: il sindaco di Milano è positivo e continua a lavorare, dicendo che sta bene. Allora perché i nostri ragazzi ancora indossano le mascherine? Perché impediamo loro di discutere almeno l'esame a volto scoperto?”.

La lettera a Bianchi e Speranza

La voce di Novara rinforza e rilancia l'appello lanciato in questi giorni da Lorenzo Morri e dal Presidio primaverile per una "Scuola a scuola" (Liceo Leonardo Da Vinci – BO) e firmato da diversi esperti di pedagogia e non solo: tra questi, lo stesso Novara, Anna Oliverio Ferraris (psicologa), Silvia Veggetti Finzi, (pedagogista e scrittrice), Alberto Pellai (psicoterpeuta), Sara Gandini (epidemiologa). In una lettera, indirizzata al presidente del Consiglio Draghi e al ministro Bianchi, esprimono la propria “preoccupazione nel constatare come, nonostante l’attenuarsi dell’emergenza epidemiologica abbia consentito dal primo maggio scorso un drastico allentamento delle misure limitative della vita sociale ed economica, per la Scuola non sia stato ancora previsto un vero e proprio percorso di ritorno alla normalità, a partire dall’eliminazione della mascherina, il dispositivo-simbolo della pandemia, che in ambito educativo e formativo costituisce un ostacolo ben vistoso all’instaurarsi delle normali relazioni personali. In una fase in cui da parte del Governo si è ritenuto accettabile che la mascherina fosse abbassata per favorire una piena ripartenza delle attività del commercio, dell’industria turistica e del divertimento, così come dei grandi eventi, concerti rock e manifestazioni sportive, stupisce che non si avverta l’incongruenza del mantenimento del suo uso obbligatorio nella Scuola”, scrivono. E, ancora: “Studi autorevoli stanno mostrando come la Scuola, al contrario di quanto inizialmente temuto, non abbia operato da amplificatore dei contagi, ma ne abbia soltanto riflettuto l’andamento all’interno della società. Viceversa si stanno accumulando evidenze considerevoli circa i molteplici danni sul neurosviluppo, nonché sull’elaborazione delle capacità emotive e sociali dei bambini e degli adolescenti, causati dalla Dad e dalla privazione prolungata del naturale incontro con il volto dei pari e dei maestri e degli insegnanti. Per non parlare dei veri e propri disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, del linguaggio e delle fobie sociali, di cui è in corso una nuova, e ancora in parte misconosciuta, epidemia”.

Di qui la domanda: “Se la scuola non deve essere, come non vogliamo che divenga, uno spazio asettico e freddo di mera enunciazione verbale di concetti, formule, regole, del resto oggigiorno facilmente acquisibili anche 'a distanza' attraverso le risorse del web; se la scuola deve essere, come auspichiamo che sia sempre di più, uno spazio sensoriale e intellettivo caldo, deputato alla crescita umana e civile, per quanto tempo saremo disposti ad accettare che si proroghi in essa la finzione di una frequentazione quotidiana in assenza dei volti?”. E allora “l’esigenza di abbandonare al più presto anche in Italia, come già avvenuto ormai in tutti i paesi europei, l’impiego della mascherina a scuola è prima di tutto un’esigenza pedagogica e civile. Una scuola dove si continui ad entrare e a trascorrere metà della propria giornata senza potersi letteralmente guardare in faccia, senza dunque imparare a conoscersi e ad avere fiducia reciproca, è una contraddizione in termini. Ci appelliamo a voi affinché anche - e soprattutto - a scuola si possa ricominciare a vivere apertamente, avendo e offrendo gli uni agli altri - ragazzi e docenti - il gusto di crescere e di intravedere il futuro”.

La voce dei presidi

Oggi è previsto un incontro tra i ministri Speranza e Bianchi. Intanto, l'associazione nazionale Dirigenti scolastici interviene sul tema da un punto di vista “tecnico” e delle competenze: “Ricordando che molti esami di terza media sono già iniziati e che i Ds hanno sempre rispettato regole e indicazioni spesso comunicate in appena ventiquattr'ore, se decisione debba esser presa, per un esame di Stato dovrebbe essere di carattere nazionale – afferma in una nota Paola Bortoletto, presidente nazionale Andis - Le istituzioni preposte hanno il dovere di assumersi l'onere delle scelte e non è accettabile che su una materia così delicata i presidenti di centinaia di commissioni d'esame debbano decidere in autonomia. Ci dicono che la pandemia non è finita, che dobbiamo essere prudenti, ma ci dicono anche che è caldo e non si può respirare con la mascherina. Poi osserviamo che l’obbligo è solo a scuola e, forse dopo il 15 giugno nei mezzi pubblici. Come Presidi chiediamo chiarezza. Una decisione va presa, così potremmo ritornare ad occuparci di valutazione, di apprendimento e insegnamento, di reclutamento e formazione per una società in continua evoluzione".

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)