Servizio civile all’estero, oltre 8 mila gli operatori volontari partiti dal 2001 ad oggi

Pubblicato ieri il working paper dell’Inapp. Il servizio civile all’estero rappresenta ancora una quota residuale del complesso delle esperienze svolte: si tratta di poche centinaia di ragazzi avviati ogni anno, però in continua crescita. Le donne rappresentano il 70% dei volontari; il 76,5% dei giovani risulta laureato, la maggior parte proviene da Nord e centro italia. L’età media risulta più alta di quella degli operatori in servizio in Italia

Servizio civile all’estero, oltre 8 mila gli operatori volontari partiti dal 2001 ad oggi

È stato pubblicato il 15 dicembre, in concomitanza con la III Giornata nazionale del Servizio Civile Universale (SCU) e del 50° della prima legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare (n. 772/1972), Il Workig Paper dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) su “Il Servizio civile all’estero. Fra pacifismo e specializzazione”, a cura di Federica De Luca e Tiziana Di Iorio.

Si tratta di un’approfondita analisi, la prima in maniera sistematica, sull’esperienza dell’estero del servizio civile volontario, che pur riguardando dal 2001 ad oggi un numero limitato di giovani, 8 mila quelli partiti in servizio in questi anni (soprattutto in America Latina e Africa), costituisce un’esperienza peculiare all’interno di quella più ampia del SCU.

“Con l’1,5% del totale dei volontari avviati ogni anno e 8.016 unità complessive – scrivono le due autrici -, il SC all’estero rappresenta ancora una quota residuale del complesso delle esperienze svolte, si tratta, infatti, di  poche centinaia di ragazzi avviati ogni anno, che sono, però, in continua crescita”, cosicchè questa esperienza “rappresenta una fattispecie specifica del Servizio civile volontario sin dalla sua istituzione, distinta dal Servizio civile svolto in territorio nazionale e segnata profondamente dalle esperienze delle organizzazioni che appartengono alla rete dei Caschi bianchi, […] di chiara matrice pacifista e si svolge, prevalentemente, in progetti a carattere umanitario”.

Dall’analisi, che si è avvalsa anche di interviste e rilevazioni precedentemente svolte da INAPP negli anni passati, emerge una figura specifica di operatore volontario all’estero, con caratteristiche spesso diverse da quella del giovane in SCU in Italia. Se infatti è predominante anche qui il ruolo delle donne, che “rappresentano il 70% di volontari avviati all’estero ogni anno contro un 30% di volontari uomini”, quanto al titolo di studio è in contro tendenza rispetto all’Italia con “il 76,5% dei giovani risulta laureato, il 22% con il diploma (e si tratta prevalentemente di studenti universitari), e solo l’1,2% che si ferma alla licenza media al momento della candidatura.
Tale distribuzione assume ancora più rilievo se si considera che i volontari avviati in SC in Italia, nello stesso anno, risultavano laureati nel 35% dei casi e diplomati nel 59% dei casi”. “Inoltre essa – spiegano ancora De Luca e Di Iorio -, potrebbe essere dovuta anche all’età; infatti, l’età media dei volontari all’estero risulta più alta dell’età media degli operatori volontari in servizio in Italia considerato che il 67% dei volontari all’estero appartiene alla classe 26-29 anni contro il 33% della stessa classe fra gli ‘ordinari’”. Può essere segnalata in questo senso anche l’incidenza della provenienza familiare con il 68% dei giovani che ha origini in un background molto alto.

“Ma la differenza più consistente, che, in qualche modo spiega anche le precedenti – si legge nel Working paper -, è relativa all’area di provenienza dei giovani prese in esame (sia in termini di residenza sia in termini di domicilio) infatti, a differenza dei giovani ‘ordinari’, per la popolazione inviata all’estero si tratta di giovani prevalentemente del Nord (55% dei casi) e del Centro (21% dei casi) crolla, invece, la rappresentatività della componente relativa al Sud e alle Isole (che rappresentano sono il 23% come residenza e il 13% in termini di domicilio). Aver rilevato il domicilio, poi, ci consente di notare come il 6% dei volontari in servizio vivesse già all’estero prima del SC. La distribuzione per aree geografiche risulta, quindi, completamente invertita rispetto al SC in Italia, dove la componente maggioritaria è sempre rappresentata dai giovani del Sud e delle Isole. L’unica regione del Sud che registra percentuali ‘competitive’ rispetto al Centro-Nord è la Puglia, in testa Lombardia, Lazio e Veneto”.

Altra analisi sviluppata è quella sulla dimensione delle motivazioni che hanno spinto i giovani volontari a svolgere un’esperienza di Servizio civile in generale e all’estero in particolare. “Come per gli operatori volontari ordinari la maggioranza indica motivazioni di carattere individuale (il 73%), residuale, fra questi, la quota di chi ha scelto di fare il SC ‘per guadagnare qualcosa’. Di contro, le motivazioni di carattere sociale sono indicate dal 27% dei candidati. Ma, rispetto alle motivazioni specifiche, la risposta conferma quanto visto finora, si tratta di giovani alla costante ricerca di esperienze all’estero. Infatti, il 71% dichiara motivazioni legate all’arricchimento personale derivante da un’esperienza all’estero e il 14,6% dichiara, più, esplicitamente, che stava cercando un’esperienza da svolgere all’estero dopo averne già fatto una. Non a caso, il 48% dei volontari ha scoperto autonomamente il bando senza che nessuno gli suggerisse di fare questa esperienza”, rilevano le due ricercatrici dell’INAPP.
La ricerca ha valutato anche gli elementi su cui si è basata la scelta, con i giovani che rispondono che essa “è stata guidata dal contenuto del progetto nel 67,5% dei casi e dal Paese di destinazione nel 18,8% dei casi, solo l’11% dei rispondenti indica la ‘reputazione dell’ente’ come variabile determinante. A conferma di una scelta ponderata in base alle proprie aspettative in termini di contenute dell’esperienza. Infine, rispetto alla percezione del contesto che hanno incontrato al proprio arrivo, dichiarano di essersi sentiti accolti e di aver percepito un contesto organizzato. Il tutor (26%) e gli altri volontari (38%) sono le figure di maggior riferimento nell’ambito del percorso di inserimento nel progetto e il livello di soddisfazione è mediamente alto”.

“Il Servizio civile all’estero è, quindi, un segmento specifico del Servizio civile universale che necessita certamente di ulteriori approfondimenti e di un processo di monitoraggio dedicato rispetto all’Istituto in generale, che sia in grado di comprendere le ragioni di tale residualità del numero di volontari avviati ogni anno e quali siano le ragioni per cui alcune destinazioni sono difficili da raggiungere. Sarebbe utile comprendere, poi, quali sono le configurazioni progettuali che risultano più efficaci per i territori e per il percorso esperienziale di giovani e come sarebbe possibile aumentare il numero di volontari avviati ogni anno, al netto dei finanziamenti disponibili, se esiste, in altre parole, una questione programmatica che possa essere affrontata in termini di governance dei progetti. Sarebbe necessario, infine, comprendere se è possibile ampliare la platea di giovani avviati ogni anno senza doverli selezionare solo fra gli over-skill e senza mettere a rischio la qualità dei progetti per i destinatari finali sui territori in cui insistono”, concludono Federica De Luca e Tiziana Di Iorio.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)