Stabilire le priorità. Chi si fa carico della scuola? E a che scopo?

Le criticità sono tante e il difficile è stabilire le priorità di intervento: prima l’edilizia scolastica? O gli stipendi ai docenti?

Stabilire le priorità. Chi si fa carico della scuola? E a che scopo?

Tra i tanti problemi che ha indubbiamente la scuola italiana, la vera difficoltà è stabilire le priorità. In altri termini: da dove cominciare per costruire una scuola migliore? Senza peraltro cadere nell’equivoco di gettare il bambino con l’acqua calda e cioè di pensare che il sistema scolastico italiano sia da rottamare nella sua totalità.
Di recente, a questo proposito, le note polemiche sulle critiche della “mamma finlandese” e sul sistema ideale del Nord Europa contrapposto al presunto sfascio della scuola italiana hanno contribuito non poco e dare un’immagine falsata di quella che è la nostra realtà. Se dovessimo replicare in breve potremmo usare la parole di un’insegnante affidate ai media: “Al netto delle mani che ogni neoministro mette sulla scuola, con slogan da campagna elettorale che ogni volta la decreterebbero finalmente come il carro trainante del Paese (ma nel quale nessuno ha mai seriamente investito negli ultimi cinquanta anni), la scuola italiana non è quel mostro bicefalo fatto di incompetenza e fatiscenza che viene fuori da questo ritratto impietoso”.
E in effetti è così: la scuola italiana da sempre fa del proprio meglio per galleggiare sul mare in tempesta, sopperendo spesso a compiti non suoi, venendo incontro alle mancanze di famiglie logore e appesantite da mille problemi, diventando in molti casi l’unico presidio di intelligenza educativa in contesti spesso degradati. Insomma, la scuola italiana c’è, anche e soprattutto grazie a tantissime persone competenti che vi operano con passione e spirito di servizio.
Tuttavia le criticità sono tante e, come detto prima, il difficile è stabilire le priorità di intervento: prima l’edilizia scolastica? O gli stipendi ai docenti? Prima le norme “antibullismo”? O, per esempio, l’ennesima riforma della maturità? E si potrebbero aggiungere altre domande.
Tutto insieme non si può fare. Però una cosa è certa: prima di tutto occorre decidersi ad aumentare i fondi a disposizione del sistema, fondi che poi servono ad affrontare di volta in volta le necessità. Non si può continuare, infatti, ad essere tra gli ultimi Paesi europei per spesa pubblica rivolta alla scuola.
A questo proposito il ministro Valditara ha appena dichiarato che la scuola pubblica “ha bisogno di nuove forme di finanziamento, anche per coprire gli stipendi dei professori che potrebbero subire una differenziazione regionale. E per trovarle, si potrebbe aprire ai finanziamenti privati”. A parte la questione della differenziazione regionale, che ha immediatamente sollevato un polverone, la frase è un’ammissione di impotenza. Come a dire: lo Stato non ce la fa. Niente di nuovo, forse, ma se pure si continua a dichiarare la centralità della scuola per il Paese, l’ammissione lascia quantomeno sconcertati. Per il ministro, dunque, bisogna “trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”.
In realtà una strada “mista” come quella ipotizzata, non è così facile da immaginare e soprattutto lascia aperti scenari problematici. Chi si fa carico della scuola? E a che scopo? Il sistema produttivo opera per sé, i “privati” non avranno qualche interesse? E la scuola pubblica sancita dalla nostra Costituzione, che è rivolta a tutti, potrebbe correre rischi?
Insomma, prospettive tutt’altro che banali e che meriterebbero approfondimenti. Sicuramente a Viale Trastevere (e più in generale nelle stanze della politica) non mancheranno di pensarci.

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Fonte: Sir