Transumanza: un cammino da tutelare

La transumanza è un cammino che diventa questione di cultura intesa come pratica globale dell’uomo, manifestazione complessiva di attività che stanno fra il materiale e l’immateriale.

Transumanza: un cammino da tutelare

Fa certamente uno strano effetto pensare alla transumanza come candidata a Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Eppure è accaduto pochi giorni fa. E tutto sommato Italia, Austria e Grecia – i tre Paesi che hanno deciso di preparare e presentare il dossier di candidatura all’Unesco -, hanno ragione: la transumanza ha buon diritto per ambire a tanto. Anche se occorre prendere tutto con grande cautela. Il rischio di scivolare nella retorica e in una visione bucolica dell’agricoltura e dell’allevamento, è certamente da tenere in conto.

Il passo compiuto dai tre Governi è comunque importante. La candidatura – ha comunicato il Ministero per le Politiche agricole -, è stata avanzata dall’Italia come capofila insieme a, come si è detto, Grecia e Austria. Nulla è ancora ovviamente deciso. La presentazione a Parigi della domanda è il primo passo di un cammino piuttosto lungo di valutazione internazionale che vedrà coinvolto un gruppo di esperti tecnici indipendenti e poi la successiva decisione da parte del Comitato di governo dell’Unesco nel novembre 2019.

Ma perché chiedere che la pratica della migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori (insieme ai loro cani e spesso ai loro cavalli), in differenti zone climatiche, percorrendo le vie semi-naturali dei tratturi, possa diventare patrimonio della cultura di tutto il mondo? La risposta arriva dallo stesso Ministero. La transumanza “quale elemento culturale, dal forte contenuto identitario, ha saputo nei secoli creare forti legami sociali e culturali tra praticanti e i centri abitati da essi attraversati, nonché rappresentare un’attività economica sostenibile caratterizzata da un rapporto peculiare tra uomo e natura, influenzando con la sua carica simbolica tutti i campi dell’arte”. La transumanza è cioè un cammino che diventa questione di cultura intesa come pratica globale dell’uomo, come manifestazione complessiva di attività che stanno fra il materiale e l’immateriale, che si fanno produzione ed arte, economia e poesia. Come non ricordare, per esempio, Gabriele D’Annunzio con la sua poesia dedicata ai pastori? Anche oggi. La transumanza, infatti, è ancora praticata sia nel Centro e Sud Italia, così come nell’area alpina, in particolare in Lombardia e nel Val Senales in Alto Adige.

La transumanza italiana nell’olimpo dell’Unesco, sarebbe poi in buona compagnia. L’elenco del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco conta già, per l’Italia, otto identità: il Canto a tenore sardo, l’Opera dei Pupi siciliani, il Saper fare liutaio di Cremona, la Dieta mediterranea, le Feste delle Grandi Macchine a Spalla, la Pratica agricola della coltivazione della vite ad alberello nell’Isola.

Rimane comunque difficile quantificare il significato economico di questa usanza millenaria. Ma ha ragione Coldiretti nel dire che la richiesta di riconoscimento all’Unesco è un passo importante che va accompagnato da un impegno concreto per salvare i pastori che, solo in Italia, gestiscono 60mila allevamenti, spesso concentrati nelle aree più marginali del Paese, per un patrimonio di 7,2 milioni pecore, la maggioranza in Sardegna. Mestiere duro, quello dei pastori. Per questo sempre Coldiretti chiede di arrivare ad “un equo compenso” per questi allevatori minacciati “dai bassi prezzi pagati per latte e carne anche per effetto delle importazioni di bassa qualità dall’estero”. Senza contare il rischio di spopolamento e quindi di degrado di vaste aree montane del Paese.

Transumanza dunque come bene immateriale ma anche come risorsa concretissima dal punto di vista economico e ambientale.

Sempre che tutto questo, come si diceva all’inizio, venga preso con grande attenzione. L’agricoltura e l’allevamento, infatti, non sono limitati solo alle greggi sui monti oppure ai prodotti tipici. C’è, per fortuna, ben altro che va interamente tutelato e controllato e che davvero concorre alla produzione alimentare nazionale e al buon esito delle esportazioni del Paese. Lo sanno bene proprio gli agricoltori e l’agroindustria. E lo sanno bene anche i consumatori.
Insomma, l’agroalimentare va tutelato tutto insieme. Cosa che si sta cercando di fare al meglio, ben inteso, ma sulla quale non è mai superfluo insistere. Anche per salvare la transumanza dal rischio di scomparire.

Andrea Zaghi

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