Velletri, omicidio in carcere, “urgenti risposte per salute mentale”

Il Garante dei detenuti nel Lazio Anastasia: “Il problema non è che le Rems sono poche, come dicono i nostalgici dei manicomi, ma che le carceri non sono attrezzate a gestire gravi problemi di salute mentale e fuori non ci sono sufficienti strutture di accoglienza”

Velletri, omicidio in carcere, “urgenti risposte per salute mentale”

Carcere e disagio mentale: quando s'incontrano, può finire in tragedia. E' quanto accaduto nella casa circondariale di Velletri, dove un detenuto con problemi psichiatrici ha ucciso, poche ore fa, il compagno di cella. “Il gravissimo fatto di sangue accaduto ci obbliga a una riflessione seria sul problema della salute mentale in carcere – commenta il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio e Portavoce della Conferenza dei garanti territoriali, Stefano Anastasìa - L’autore del reato, che viene da una storia importante di abuso di sostanze, sono anni che passa di carcere in carcere, dal carcere all’ospedale, ed è stato anche in Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ndr). Dunque, il problema non è dove metterlo, ma quali risposte dare alle sue condizioni di disagio psichico, certamente aggravato dal continuo trasferimento da struttura a struttura e dai ripetuti isolamenti a cui è stato costretto”.

E aggiunge: “Il problema non è che le Rems sono poche, come dicono i nostalgici dei manicomi e degli ospedali psichiatrici giudiziari, ma che le carceri non sono attrezzate a gestire gravi problemi di salute mentale e fuori non ci sono sufficienti strutture di accoglienza”, prosegue Anastasìa, ricordando che i problemi specifici dell’assistenza psichiatrica a Velletri sono stati oggetto di una sua segnalazione solo tre settimane fa.

“Da una parte bisognerebbe adeguare l’offerta di assistenza psichiatrica in carcere alle necessità delle persone che vi sono costrette, non moltiplicando le celle di isolamento, ma il personale e le professionalità che vi sono impegnate; dall’altra – conclude Anastasìa - bisognerebbe moltiplicare le risorse e la presa in carico sul territorio, se necessario anche in strutture residenziali, delle persone che è sbagliato trattenere in carcere o in Rems”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)