È ritornato E. T. Sono trascorsi 40 anni da quando “E.T. l’extra-terrestre” fece il suo debutto nelle sale

Fino al 29 gennaio, la Cineteca Milano, in collaborazione con la Fondazione Carlo Rambaldi, ospita “E.T. La mostra 1982-2022”.

È ritornato E. T. Sono trascorsi 40 anni da quando “E.T. l’extra-terrestre” fece il suo debutto nelle sale

Giovedì prossimo, 8 dicembre, ci sarà la luna piena. E magari qualche sognatore, levando lo sguardo al cielo, potrà immaginarsi di rivedere una delle scene più memorabili della storia del cinema: il piccolo Elliott intento a pedalare sulla sua bicicletta bmx, portando nel cestino un fagottino avvolto in un lenzuolo bianco. E gli parrà di sentire in lontananza una voce roca che dice “E.T. telefono casa”.

Sono trascorsi 40 anni da quando “E.T. l’extra-terrestre” fece il suo debutto nelle sale, conquistando fin da subito i cuori del pubblico e dei critici. Il 26 maggio del 1982, quando venne presentato fuori concorso nel giorno di chiusura della 35.ma edizione del Festival di Cannes, fu accolto da una standing ovation e da lunghi applausi. E anche qualche lacrima di commozione. Perché il film prodotto e diretto da Steven Spielberg presenta l’”alieno”, l’”extra-terrestre”, quello che cioè è completamente fuori dal nostro mondo e dai nostri schemi, con una tenerezza e una dolcezza capaci di toccare le corde più profonde del cuore. Anche a quarant’anni di distanza.

E.T., il piccolo alieno dimenticato sulla terra da una navetta spaziale atterrata sul nostro pianeta per studiarne la vegetazione, in questi giorni è ritornato.

“Con estrema puntualità, E.T. è atterrato al MIC. Andatelo a trovare, ne sarà felice”, scrive la Cineteca di Milano sulla sua pagina Fb.

Proprio così. Chi quarant’anni fa ha sognato e si è commosso davanti ai grandi schermi di fronte a quel piccolo e buffo extra-terrestre, oggi lo può vedere “in carne ed ossa”. O meglio, in alluminio, ferro, fibra di vetro, gomma e poliuretano.

Fino al 29 gennaio, la Cineteca Milano, in collaborazione con la Fondazione Carlo Rambaldi, ospita “E.T. La mostra 1982-2022”. In esposizione si possono vedere i vari E.T. Al plurale, perché tanti furono quelli utilizzati per dare vita al piccolo alieno. C’è un modello meccanico, uno elettronico, le parti del corpo gestite a mano, i costumi indossati nelle riprese a figura intera dagli attori nani “Little Pat” Bilon e Tamara De Treaux, e da un ragazzino nato senza gambe, Mattew De Meritt. In tutto una quarantina di pezzi, che sono stati raccolti e restaurati dalla Cineteca. “Perché Rambaldi, il ‘papà’ di E.T. ha sempre usato meccaniche e materie sperimentali – spiega Matteo Pavesi, direttore della Cineteca Milano – le sue creature nascevano per essere efficienti al momento delle riprese, non per durare nel tempo”.

I lavori di restauro sono stati affidati a Leonardo Cruciano e all’equipe di Baburka Factory. Una vera sorpresa, quella che hanno avuto i restauratori nell’aprire le scatole contenenti i vari E.T. “È stato incredibile – commenta Pavesi – trovarsi di fronte ad una tecnologia così all’avanguardia realizzata da un artista italiano”.

Accanto al restauro – di tipo conservativo –, Cruciano ha realizzato anche un E.T. a grandezza naturale: un metro e 20 centimetri (quando il collo allungabile è ad altezza media). “Una ricostruzione il più possibile fedele all’originale – racconta – abbiamo clonato la pelle dei frammenti e la pittura degli occhi l’abbiamo copiata dagli originali”.

E sono proprio gli occhi uno dei particolari che hanno fatto affezionare intere generazioni a quel piccolo alieno dall’aspetto apparentemente repellente, che è diventato uno dei personaggi più amati della storia del cinema. Collo lungo e faccia prominente, come le donne del Delta del Po che Rambaldi dipinse in gioventù. E poi i particolari del suo gatto imalaiano e – su suggerimento di Spielberg – gli occhi tristi di alcune foto di Einstein, Hemingway e Sandburg.

“Carlo Rambaldi – sottolinea Cruciano – riuscì a costruire un personaggio che ci fa affezionare all’altro, che altrimenti risulterebbe repellente”. E a farlo sentire parte della nostra vita. In questo venne aiutato dalle note della colonna sonora scritta da John Williams, che come Rambaldi, seppe fondere – in questo caso sul pentagramma – le sue conoscenze musicali con il genio. Ed è forse proprio per questo, che sia Rambaldi che Williams vinsero nel 1983 l’Oscar: il primo per gli effetti speciali, mentre il secondo per la colonna sonora.

Williams seppe intrecciare, su un tremolo di violoncelli e contrabbassi, gli accordi tenuti di suoni armonici prodotti da violini e viole – che vengono generalmente usati per evocare ambienti siderali – un tema cantabile, facile da ricordare, costruito su una successione di accordi inconsueta, curiosa, in grado di coniugare l’idea di familiarità con quella di lontananza. Ed è su quella melodia, che viene subito da fischiettare, come se fosse una canzoncina infantile, che si viene portati – senza accorgersene – a viaggiare nello spazio.

Le note della colonna sonora di “E.T. l’extra-terrestre” apriranno uno scorcio sull’universo il 12 dicembre quando John Williams sarà in concerto al teatro alla Scala, in una serata che è già sold out.

E su quelle note, che risuonano ancora nell’orecchio di chi ha visto il film, che torna alla mente il dito del piccolo alieno, luminoso, lungo e bernoccoluto, che si incontra con quello del piccolo Elliot. Un chiaro riferimento al gesto più famoso del mondo, quello con cui Dio dona la vita ad Adamo, nell’affresco della Creazione dipinto da Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina.

E.T. ci racconta ancora oggi una bellissima favola moderna, una storia d’amicizia tra due creature lontane anni luce tra loro, capaci però di provare le stesse sensazioni, anche a distanza. Un’amicizia che ci fa guardare a quello che ci unisce più che a quello che ci divide, che ci porta a metterci in gioco per l’altro. Anche quando l’altro è profondamente diverso da noi.

“Questa mostra – commenta Pavesi – non è solo la celebrazione di un capolavoro della storia del cinema, ma è anche un’occasione per veicolare un messaggio di pace e di accoglienza”. Un messaggio quanto mai attuale.

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Fonte: Sir