La commedia brillante-amara “Grazie ragazzi” di Milani e il dramma storico-sentimentale “Le vele scarlatte” di Marcello

Racconti di matrice sociale, giocati tra affanni e desiderio di riscatto. È questo che unisce le proposte cinema della settimana. Anzitutto la commedia firmata da Riccardo Milani “Grazie ragazzi”, di cui è protagonista un brillante e malinconico Antonio Albanese. Il mondo delle carceri visto attraverso lo sguardo dell’arte, l’esperienza teatrale, una storia che parla di sofferenze e di lampi di salvezza. Sempre in sala “Le vele scarlatte” (“L’Envol”) di Pietro Marcello, autore che si distingue per eleganza visiva e densità tematica: dal romanzo di Aleksandr Grin, è il cammino di formazione di una giovane donna nella Francia dei primi decenni del XX secolo, che sogna l’arte e la libertà di scegliere il proprio destino

La commedia brillante-amara “Grazie ragazzi” di Milani e il dramma storico-sentimentale “Le vele scarlatte” di Marcello

Racconti di matrice sociale, giocati tra affanni e desiderio di riscatto. È questo che unisce le proposte cinema della settimana. Anzitutto la commedia firmata da Riccardo Milani “Grazie ragazzi”, di cui è protagonista un brillante e malinconico Antonio Albanese. Bravissimo! Il mondo delle carceri visto attraverso lo sguardo dell’arte, l’esperienza teatrale, una storia che parla di sofferenze e di lampi di salvezza. Sempre in sala “Le vele scarlatte” (“L’Envol”) di Pietro Marcello, autore che si distingue per eleganza visiva e densità tematica: dal romanzo di Aleksandr Grin, è il cammino di formazione di una giovane donna nella Francia dei primi decenni del XX secolo, che sogna l’arte e la libertà di scegliere il proprio destino.

Il punto Cnvf-Sir.

“Grazie ragazzi” (Cinema, dal 12.01)
Riccardo Milani non sbaglia un colpo. Più passa il tempo, più si coglie una traiettoria ben precisa del suo cinema come pure della serialità che ha diretto (“Una grande famiglia”, “È arrivata la felicità”): storie di respiro sociale, con tutta la gamma di sfumature problematiche correlate, declinate lungo il tracciato della tradizione della commedia all’italiana. Racconti brillanti, tragicomici, che strappano il sorriso e offrono non poche suggestioni sul nostro presente. Per citare alcuni suoi riusciti titoli: “Scusate se esisto!” (2014), “Come un gatto in tangenziale” (2017, 2021) e “Corro da te” (2022).
Ultimo arrivato è “Grazie ragazzi”, prodotto da Palomar e Wildside, in collaborazione con Sky, Teodora Film e Prime Video.

Il film è il remake del francese “Un triomphe” (2020) di Emmanuel Courcol, ma soprattutto è il racconto di una storia vera avvenuta quasi quarant’anni fa in Svezia: l’esperienza di un laboratorio teatrale in un carcere per la messa in scena di “Aspettando Godot” del Premio Nobel Samuel Beckett.

Insieme allo sceneggiatore Michele Astori, Milani lo ha riadattato tenendo conto del contesto italiano e scegliendo come attore capofila Antonio Albanese, che ha messo in campo un ventaglio di sfumature convincenti, tra note dolenti e lampi comici irresistibili.

La storia. Velletri, Roma oggi. Antonio (Albanese) è un attore teatrale che sbarca il lunario tra piccoli ruoli e il doppiaggio di film a luci rosse. È nelle secche della vita, senza troppi slanci verso il futuro. Il regista Michele (Fabrizio Bentivoglio), un amico di vecchia data, gli propone di dirigere un laboratorio teatrale in carcere, formando alcuni detenuti senza esperienza. Dopo qualche esitazione Antonio accetta, sotto lo sguardo vigile della direttrice della casa circondariale Laura (Sonia Bergamasco). Alle prove si presenta solo una manciata di detenuti: Aziz (Giacomo Ferrara), Mignolo (Giorgio Montanini), Damiano (Andrea Lattanzi) e il temibile Diego (Vinicio Marchioni); a questi si aggiunge l’aiutante di scena Radu (Bogdan Iordachioiu). Prova dopo prova, Antonio ritrova l’entusiasmo nel suo lavoro e propone loro il testo di Beckett “Aspettando Godot”. Una scommessa forse azzardata, che però cambierà la vita di tutti…

“Grazie ragazzi” è un film che funziona, conquista tra battute brillanti, ben inanellate, e riverberi sociali dolenti.

A ben vedere la commedia sembra avere quasi due o tre atti. Una prima parte richiama immediatamente il poetico film dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani “Cesare deve morire” (2012) – Leone d’oro al Festival di Berlino – ma subito dopo “lo superano”: lì veniva raccontato il percorso di messa in scena teatrale del “Giulio Cesare” di William Shakespeare a Rebibbia, sino al debutto; in “Grazie ragazzi” si va oltre raccontando la prima, le repliche e persino la tournée nei teatri del Centro Italia. Poi il finale, che affascina e spiazza, con una suggestione aulica e un retrogusto di diffusa amarezza che però non riveleremo.

Il film è di certo riuscito, coniugando alto e basso, realismo e dinamiche da commedia brillante.La regia di Milani si sente nella sua agilità e solidità, come pure la presenza di un buon copione vivace. A dare corpo all’opera sono poi gli attori, tutti molto validi, di grande mestiere: accanto al già citato capocomico Antonio Albanese tengono bene il passo Sonia Bergamasco, Fabrizio Bentivoglio e Vinicio Marchioni. Ottimi!
Infine, non va dimenticato che“Grazie ragazzi” è un’opera che mette a tema la vita nelle carceri, il bisogno di vedere tali strutture non solo come luoghi di detenzione ma (soprattutto) come spazi di recupero, di cambiamento.Un cambiamento che può partire dalla cultura, dall’arte, dal teatro, un cambio di rotta esistenziale che apre alla salvezza. Il testo “Aspettando Godot”, tra i punti di riferimento del teatro dell’assurdo, funziona dunque bene nel film come cassa di risonanza della condizione dei detenuti: esistenze in perenne attesa che il tempo passi e si schiuda per loro una possibilità altra. Che arrivi Godot!
Nelle sale italiane in 450 copie con Vision Distribution, il film “Grazie ragazzi” risulta una bella proposta di intrattenimento e al contempo di riflessione. Consigliabile, brillante, per dibattiti.

“Le vele scarlatte” (Cinema, dal 12.01)
Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs nell’ambito del 75° Festival di Cannes (2022), “Le vele scarlatte” (“L’Envol”) di Pietro Marcello è stato anche uno dei titoli in cartellone alla 17a Festa del Cinema di Roma. Apprezzato regista classe 1976, Pietro Marcello si è distinto negli anni per il bellissimo documentario “La bocca del lupo” (2009, vincitore del Festival di Torino) e per il lungometraggio “Martin Eden” (2019, Coppa Volpi per Luca Marinelli a Venezia76). Nel dirigere “Le vele scarlatte” il regista prende spunto da un romanzo – come fatto in precedenza per l’opera di Jack London –, il testo dello scrittore russo Aleksandr Grin.

La storia. Campagna francese, al termine della Grande guerra. Raphaël (Raphaël Thiéry) è un ex soldato che torna nel suo villaggio per ritrovare la propria casa, la famiglia. La moglie è purtroppo morta poco dopo la nascita della loro unica figlia Juliette, vittima anche di un feroce abuso da parte di un abitante della zona. Indurito dalla trincera, Raphaël non vacilla e si rimbocca le maniche per assicurare una vita decorosa alla bambina. Con l’aiuto della vicina Adeline (Noémie Lvovsky), l’uomo la cresce nel segno dell’amore, della libertà e della curiosità culturale. Divenuta una giovane donna, Juliette (Juliette Jouan) dimostra una chiara propensione per la musica e il canto, rifiutando di incasellare la propria esistenza in maniera convenzionale. Un giorno un’anziana del posto (Yolande Moreau), vista dai più come una strega, le predice un domani di felicità che giungerà quando avvisterà in cielo delle vele scarlatte…

Pietro Marcello possiede un grande talento narrativo, una capacità espressiva vivida e poetica, che conquista per le soluzioni di regia, per uno stile classico e insieme contemporaneo, riflessivo e introspettivo.

Ne “Le vele scarlatte” mette in scena un racconto di formazione sulle macerie della Prima guerra mondiale; la giovane protagonista incarna uno spiccato desiderio di futuro, dove una donna è finalmente libera di scegliere cosa fare della propria vita e chi amare. Nella storia l’uomo del domani ha il volto di Louis Garrel, il pilota Jean, un amore misterioso che irrompe nella vita di Juliette, che le fa sognare un’esistenza altra. Lui è appunto l’uomo delle vele scarlatte, che però non si configurerà come “salvatore”, in verità sarà lui a essere scelto e salvato da Juliette.A impreziosire l’opera di Marcello è la fotografia di Marco Graziaplena, che amplifica in chiave dolce e lirica i movimenti di macchina del regista,

così come le musiche di Gabriel Yared, che ha sposato il progetto colpito dal talento di Marcello in “Martin Eden”: “Pietro è un artista integro che ammiro profondamente”. “Le vele scarlatte” è un’opera dall’eleganza diffusa, stratificata nei temi e dolce nelle sfumature del sentimento. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

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Fonte: Sir