Serie tv “Shtisel”. Dikla Barkai (produttrice): “Specchio in cui tutti possono riflettersi e ritrovarsi”
“Shtisel” è il nome di una numerosa famiglia ebrea ultraortodossa che vive nel quartiere Geula a Gerusalemme. Le vicende di questa famiglia, che ruotano in particolare intorno all’anziana nonna Malka, al padre rabbino Shulem, e a suo figlio Akiva, sono il centro dell’omonima serie televisiva israeliana, trasmessa in patria a partire dal 2013 e distribuita, dal 2018, da Netflix, diventando un successo mondiale. Per capire come nasce il successo di questa serie, il Sir ha incontrato, a Gerusalemme, la produttrice Dikla Barkai
(Gerusalemme) “Shtisel” è il nome di una numerosa famiglia ebrea ultraortodossa che vive nel quartiere Geula a Gerusalemme. Le vicende di questa famiglia, che ruotano in particolare intorno all’anziana nonna Malka, al padre rabbino Shulem, e a suo figlio Akiva, sono il centro dell’omonima serie televisiva israeliana, trasmessa in patria a partire dal 2013 e distribuita, dal 2018, da Netflix, diventando un successo mondiale. Complice la pandemia, la serie tv, giunta alla terza stagione, è stata seguitissima anche dal pubblico italiano. Per capire come nasce il successo di questa serie, il Sir ha incontrato, a Gerusalemme, la produttrice Dikla Barkai, ospite della sesta edizione del “The Christian Media Summit”, evento annuale promosso dall’Ufficio stampa del Governo di Israele (11-14 dicembre 2022).
Come spiega l’enorme successo di Shtisel?
Devo dire che non ci aspettavamo un simile successo. Si tratta, infatti, di una serie a sfondo ‘locale’ che getta luce su uno spaccato della nostra società, non così noto, come il mondo ultraortodosso. Si tratta, aggiungo, di una serie dove mancano tutti quei particolari riferimenti alla violenza, al giallo, e a ingredienti simili che hanno una certa presa a livello televisivo. Pensare ad una serie sul mondo ortodosso non rappresentava certo la strada più semplice per ottenere il successo.
Forse a pagare in termini di successo è stata la scelta di collocarla all’interno di un ambito religioso così particolare?
Più che la religione, al pubblico interessa seguire delle belle storie. Credo che il successo di Shtisel sia proprio nella storia e non nell’elemento religioso. Shtisel narra le storie di persone, di famiglie, con la loro vita, i loro desideri, le loro paure, ma anche il talento, la solitudine, l’amore. Sono i tratti universali dell’uomo nei quali ciascuno può riconoscersi e identificarsi. In Shtisel li ritroviamo all’interno della vita di questa comunità. Ma ribadisco: sono temi universali che appartengono a tutti.
Qual è allora la novità di Shtisel?
Nella nostra serie mostriamo un mondo, quello ultraortodosso, di cui si conosce poco o nulla, ma non è questo lo scopo della serie. Ci sono già stati alcuni tentativi televisivi di raccontare il mondo ultraortodosso come la miniserie tv Unorthodox, dove i personaggi esprimono la forte volontà di fuggire dalla loro società, di ‘rompere’, dopo aver conosciuto il mondo fuori. In Shtisel invece i protagonisti non cercano il conflitto tra mondo secolare e religioso. Sono soddisfatti della loro condizione, non vogliono fuggire. Vivono la loro quotidianità, misurandosi, anche con autoironia, con la tradizione, con l’influsso che questa ha sulle loro vite, mettendola anche in discussione, cercando di darsi nuove priorità. È un racconto che non esprime giudizi, anche politici, dell’ultra-ortodossia e che non riduce i personaggi a caricature. I protagonisti sono esseri umani mostrati in tutte le loro debolezze e contraddizioni.
Aprire uno squarcio di luce sul mondo ultraortodosso, come fa Shtisel, potrebbe aiutare la conoscenza del fatto religioso?
Non credo che una serie televisiva come Shtisel abbia la capacità di ‘attirare’ fedeli o promuovere la conoscenza del fatto religioso. Sono convinta, invece, che possa contribuire a far aprire il cuore delle nostre società alle altre, allontanare la paura reciproca, perché quando conosciamo e comprendiamo gli altri, il loro modo di pensare e di comportarsi, ci sentiamo più vicini e meno impauriti. Shtisel è uno specchio nel quale molti nella società israeliana possono riflettersi in qualche modo e capirne anche l’essenza almeno per quel che riguarda gli ultraortodossi. Penso a chi, per esempio, vive a Tel Aviv e ha uno stile di vita molto secolare. Raccontare delle belle storie aiuta la conoscenza reciproca.