“Tolo Tolo”, il nuovo film di Checco Zalone, è la trappola perfetta. Ovvero, come parlare di immigrazione all'italiano medio

“Tolo Tolo”, il nuovo film di Checco Zalone, è una trappola. Non c’è altro modo per definirlo.

“Tolo Tolo”, il nuovo film di Checco Zalone, è la trappola perfetta. Ovvero, come parlare di immigrazione all'italiano medio

È un ordigno ben pensato, ben congegnato, in grado di parlare allo spirito della società italiana di questi mesi, talmente d’attualità che è difficile pensare possa restare come “grande classico” da rispolverare in futuro. L’obiettivo di “Tolo Tolo” è colpire oggi, qui, ora, nei primi dieci giorni degli anni Venti. E lo fa benissimo, anche senza essere il capolavoro che molti vorrebbero, scomodando il Benigni de “La vita è bella”.

Primo elemento della trappola il segreto mantenuto fino al giorno d’esordio sulla vera natura del film: a differenza delle pellicole di oggi, ampiamente sviscerate e “spoilerate” da lunghe serie di chilometrici trailer, “Tolo Tolo” ha basato la sua promozione su un unico videoclip con la canzone “Immigrato”, totalmente assente al cinema. Per il resto, mistero. Innesco e propulsore di questa trappola perfetta quasi un mese di polemiche orchestrate ad arte tra social e mezzi di informazione, che hanno reso impossibile resistere alla tentazione di vederlo al cinema al day one.

La trama, in effetti, si riassume in una riga: Checco Zalone, in Africa per sfuggire al solito fisco italiano, si ritrova ad affrontare il più classico dei viaggi della speranza insieme ai classici migranti dalle strade dell’Africa centrale fino ai lager dei deserti libici. Ma se nei suoi altri film Zalone, al secolo Luca Medici, fungeva da vero protagonista e catalizzatore di ogni attenzione degli spettatori, in questa pellicola Zalone, pur mantenendo intatte le connotazioni del suo personaggio di italiano medio, sceglie di fare un passo di lato, diventando, più che protagonista, un tramite tra lo spettatore – italiano medio come lui – e la dura realtà del disastro umanitario che avviene appena al di là delle nostre coste.

Si ride di meno, molto di meno, rispetto alle altre pellicole di Checco Zalone. I preconcetti, gli istinti razzisti e le reminiscenze del Ventennio, che a più riprese il protagonista sceglie di incarnare in prima persona, si sciolgono come neve al sole di fronte alla forza della realtà e ai volti che incontra nel suo viaggio. Come a dire che è facile essere razzisti su Facebook, molto meno invece quando si ha l’opportunità di conoscere le persone e di chiamarle per nome.

Zalone, al suo esordio da regista, sceglie di mostrare tutto. Certo, non c’è la drammaticità tipica dei reporter sul campo, eppure non lesina dettagli sulle durezze, sulle ingiustizie e sulla precarietà esistenziale – naufragi compresi – che i migranti incontrano nei loro viaggi della speranza. Ed è proprio in questi momenti che è più difficile ridere, per quanto Zalone si sforzi di tenere sempre alto il morale della sua pellicola.

E se alla fine del viaggio il protagonista, ormai una maschera da commedia dell’arte dei difetti “simpatici” dell’italiano, non cambia più di tanto (e come mai potrebbe? Sono mai cambiati Arlecchino o Stanlio e Ollio?) quello che cambia è lo spettatore. È questa la vera trappola. Certo, pochi razzisti fatti e finiti cambieranno orientamento dopo aver visto “Tolo Tolo”. Ma tanti “italiani medi”, sopravvissuti ad anni di informazione allarmistica e polemiche politiche sul tema dell’immigrazione, potranno dire di aver condiviso, per novanta minuti, un altro punto di vista.

Quei tanti che mai avrebbero investito la propria attenzione in un documentario o in un approfondimento giornalistico sul tema, assaggiato il miele della commedia, si trovano ad assaporare l’amaro della medicina della realtà.

La vera trappola fa leva sull’empatia dello spettatore, lo sfida, lo mette di fronte a una realtà che la mente percepisce ma che il cuore ha bisogno di tempo e di connessioni per riconoscere: dall’altra parte ci sono persone vere. Persone vere che soffrono. A volte anche per colpa nostra. Niente di più, niente di meno. Basterà per l’italiano medio?

Oltre un milione di italiani sono caduti in trappola il 1° gennaio, giorno d’esordio del film, che ha già battuto ogni record per il cinema italiano. Vedremo tra qualche mese se la trappola avrà funzionato, anche solo permettendo a qualcuno di farsi qualche domanda in più in questa società di risposte pronte.

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