Dall'Afghanistan a Tokyo: Karimi nuota senza braccia e vuole vincere

Aveva 13 anni quando scoprì che poteva nuotare e da allora non smise mai di allenarsi: a 16 anni fuggì in Iran e da lì in Turchia, dove visse per quattro anni in diversi campi profughi. Nel 2016 ottenne i documenti per trasferirsi negli Usa e iniziò a realizzare il suo sogno: cambiare il mondo, diventando un campione

Dall'Afghanistan a Tokyo: Karimi nuota senza braccia e vuole vincere

L'Afghanistan non ci sarà, ma Mohammad Abbas Karimi sì. Il suo paese d'origine, preda dei disordini e dei talebani, non parteciperà alle Paralimpiadi, ma lui, che da quel paese è fuggito negli Stati Uniti, gareggerà con la squadra degli atleti rifugiati. Nato senza braccia, Mohammad Abbas ha iniziato a nuotare a 13 anni, quando suo fratello costruì una piscina di 25 metri per una comunità vicino alla casa di Karimi. E lo incoraggiò a provare. “Ero così spaventato – racconta all'Ipc - Ho chiesto al bagnino: 'Pensi che io possa imparare a nuotare?' Ha risposto: 'Certo che puoi. Ci sono persone nel mondo che non hanno braccia e gambe e che nuotano'. Così ho indossato un giubbotto di salvataggio e non sono annegato. Quel giorno mi ha dato molta speranza”.

Da quel giorno, ha messo tutta la forza e la concentrazione nei suoi piedi e ha ottenuto in poco tempo risultati straordinari, nello sport e non solo: oggi mangia, si fa la doccia, si veste, guida la macchina e scrive anche con i piedi. “Credo che Dio abbia preso le mie braccia per errore, ma mi ha dato un talento nei miei piedi”, racconta. Nella sua prima competizione, Karimi è diventato campione nazionale afgano, correndo con orgoglio davanti a suo padre, che non vedeva di buon occhio il suo impegno nello sport, ma sognava di vederlo alla guida di una moschea. Karimi invece voleva solo “uscire da quel mondo. La mia tribù, il popolo Hazara, viene spesso ucciso quando viene catturato dai talebani. C'erano molte bombe che esplodevano a Kabul. Non ero il tipo di ragazzo che resta in casa, quindi avrei potuto essere ucciso in qualsiasi momento se fossi rimasto”.

Così, a 16 anni, ha escogitato un piano di fuga: con l'aiuto di un fratello maggiore, è volato in Iran, poi ha viaggiato per tre giorni attraverso i monti Zagros, diretto in Turchia. Un viaggio durissimo, fino alla prima catena montuosa: da lì, “dovevamo continuare a piedi. È stato un percorso senza fine – racconta - Stava arrivando la notte. Cominciava a fare veramente freddo. Abbiamo dovuto passare la notte lì per nasconderci dalla polizia di frontiera iraniana. Non ho mai sentito così tanto freddo e tanta fame in vita mia – ricorda - Ho pregato molto e Dio deve essere stato con me in quel percorso. Altrimenti non sarei sopravvissuto. Ho dovuto fare questo viaggio orribile senza braccia, ma ero determinato perché volevo una nuova vita”.

Così, è arrivato in Turchia, dove ha vissuto quattro anni in diversi campi profughi, dal 2013 al 2016, facendo di tutto per non smettere di allenarsi. Nel secondo campo, che era destinato alle persone con disabilità, andava in piscina due volte al giorno per allenarsi. Viaggiava un'ora in autobus per raggiungere quella piscina, poi tornava per pranzo e il pomeriggio ripartiva. “Quando morirò, voglio che la gente sappia che Abbas Karimi, senza mani, non ha mai rinunciato ai suoi sogni e ai suoi obiettivi. Ho capito che potevo fare qualcosa per cambiare il mondo. E che potevo farlo diventando un campione”.

Durante la sua permanenza in Turchia, Karimi ha vinto 15 medaglie, tra cui due campionati nazionali turchi, ma non poteva competere a livello internazionale perché non aveva un passaporto.

Nel settembre 2015, Mike Ives, un insegnante in pensione ed ex allenatore di wrestling negli Stati Uniti, ha visto un video che Karimi aveva pubblicato su Facebook: mostrava le sue abilità nel nuoto e chiedeva al governo afghano di sostenerlo, perché potesse rappresentare il paese ai Giochi Paralimpici di Rio 2016. Ives inviò a Karimi un lungo messaggio, incoraggiandolo a raggiungerlo a Portland, negli Stati Uniti, e promettendogli che lo avrebbe sostenuto. Ives ha contattato l'Unhcr per procurargli la documentazione e ha aiutato Karimi a trasferirsi a Portland, nel 2016. L'anno successivo, Karimi è volato in Messico, a conquistare l'argento ai Mondiali di nuoto paralimpico. “Andare negli Stati Uniti mi ha dato una seconda possibilità nella vita per inseguire i miei sogni – racconta – Ora voglio conquistare il podio a Tokyo. Non vado lì solo per gareggiare. Odio perdere. E quando salirò sul podio, renderò felici molti rifugiati in tutto il mondo. E io mi sentirò come un leone, che combatte sempre e non si arrende mai, qualunque cosa accada”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)