Lo sport paralimpico come elogio dell'imperfezione

Padova apre le porte del suo ateneo allo sport per la seconda edizione del Festival della cultura paralimpica. Nella città Capitale europea del volontariato per il 2020 arrivano atleti del calibro di Alex Zanardi. Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralitico spiega il Festival che racconta una storia iniziata a Roma nel 1960 con le prime paralimpiadi.

Lo sport paralimpico come elogio dell'imperfezione

"Diritti allo Sport" è il tema della seconda edizione del Festival della cultura paralimpica che Padova ospita dal 5 al 7 novembre e che vedrà arrivare nella città Capitale europea del volontariato per il 2020 atleti del calibro di: Alex Zanardi, Antonio Fantin, Francesco Bettella, Chiara Coltri, Chiara Porcellato, Oscar De Pellegrin, Paola Fantato e Patrizia Saccà.

«Vogliamo ricordare a tutti – spiega Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralitico – che lo sport non è soltanto un luogo di competizione ma è soprattutto uno spazio di promozione culturale, socializzazione e inclusione».

La cultura del movimento paralimpico si colloca proprio in questa direzione con l’obiettivo di cambiare il mondo e la società.

«Il mondo paralitico – prosegue – è consapevole di avere la responsabilità sociale, politica e istituzionale di diffondere l’attività sportiva e di dare il diritto allo sport a tutti. Lo sport ha la forza di realizzare la condivisione delle differenze. Il nostro obiettivo è quello di riuscire a cambiare il mondo attraverso l’immagine dello sport paralimpico, attraverso i nostri campioni».

Campioni che Oliviero Toscani ha fotografato nudi per elogiare la loro diversità e sottolineare l'importanza di non essere uguali. Scatti che hanno invaso il cortile della sede storica dell'Università di Padova quasi a costringere tutti a non dimenticare l'importanza della condivisione del valore della diversità.

«Noi – racconta Pancalli – abbiamo vissuto un’immagine in bianco e nero dello sport praticato da persone disabili. Ci siamo visti dare le pacche sulla schiena come se fossimo i figli di un Dio minore, almeno fino agli anni Ottanta abbiamo ascoltato definizioni come "olimpiadi del coraggio, del cuore" per quelle che per noi erano a tutti gli effetti paralimpiadi. Tutto questo doveva cambiare. E il Festival della cultura paralimpica è un’ulteriore tassello di un puzzle che stiamo costruendo da vent’anni per realizzare un silenzioso cambiamento culturale del Paese».

Tre giorni per approfondire le nuove tecnologie dedicate allo sport, incontrare gli atleti e visitare la mostra di Toscani.

Paralimpiadi: la storia

Tutto inizia nel 1948, quando la direzione del Centro delle lesioni spinali dell’ospedale di Stoke Mandeville, un paese nei pressi di Londra, dove venivano ricoverati i soldati e i piloti inglesi gravemente feriti, viene affidata al neurologo tedesco Ludwig Guttmann. Il centro apre 1 febbraio 1944. Con lui lo sport diventa la chiave per il recupero psicofisico nel percorso riabilitativo dei pazienti.

Le prime Paralimpiadi della storia si tennero a Roma dal 18 al 25 settembre 1960 negli impianti dell’Acqua Acetosa, a una settimana dalla chiusura dei XVII Giochi Olimpici. Nella capitale si diedero appuntamento 400 atleti provenienti da 22 paesi.

Papa Giovanni XXIII ricevette gli atleti paralimpici «diletti figli - disse loro - voi avete dato un grande esempio. Avete mostrato quello che può realizzare un’anima energica, malgrado gli ostacoli in apparenza insormontabili che il corpo gli oppone. Lungi dal lasciarvi abbattere dalla prova, voi la dominate e , con sereno ottimismo, affrontate cimenti apparentemente riservati agli uomini validi».

Dopo le edizioni di Roma del 1960 e di Tokyo 1964 nel 1968 a Città del Messico le strade dei Giochi Olimpici e Paralimpici si separano fino all’edizione di Seul 1988.

Negli anni Settanta ai Giochi paralitici vengono ammessi non più solo i paraplegici ma anche gli atleti amputati e con disabilità visive.

Nel 1984 il Presidente della repubblica Sandro Pertini premia i medaglisti olimpici di Los Angeles ma non gli atleti disabili. Così un giovane Luca Pancalli scrive al capo dello stato  affinché venga riconosciuta pari dignità a tutti gli atleti.

Nel nuovo millennio il mondo paralitico diventa social ed esplode a livello mediatico.

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