Antonio Donnarumma e il Calcio Padova. Capitano con i guanti

«Si giocava e giocavo in parrocchia, anche attaccante, bastava giocare. Poi, avevo otto anni, è venuto lì da me mio zio, da parte di mamma, si chiamava Enrico Alfano, ormai se n’è andato. Lui aveva giocato, anche in Serie B e in Serie C, faceva il preparatore dei portieri, e mi dice che l’indomani mi viene a prendere, che mi mette in porta, vediamo se mi piace. Così è cominciata e quanto tempo ho passato su quel campo, giusto terra e sassolini, mi ricordo ancora la gommapiuma che mi mettevo sui fianchi, per proteggermi, sembravo anch’io quasi rotondo».

Antonio Donnarumma e il Calcio Padova. Capitano con i guanti
Soprattutto divertimento. «Sì, è stata per me una fortuna quel mio zio, lo guardavo e avevo questa voglia di “superarlo” lì in porta, ma non è che avessi fissa in testa l’idea di diventare chissà chi, è stato bravo a farmi soprattutto divertire, così va fatto, sino ai 12-13 anni deve essere soprattutto divertimento, lo dico sempre quando capita ai genitori, spesso adesso così ossessionati». Bei tempi. «Poi, quando mio zio Enrico è morto, è dopo che sono passato alla Juve Stabia. Ho dei ricordi stupendi di...