Domenica delle Palme *Domenica 24 Marzo 2024

Marco 14,1-15,47

Domenica delle Palme *Domenica 24 Marzo 2024

Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere , dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

A volte sono i particolari a indicare come leggere il contenuto. È come aggiustare l’occhio al microscopio. Ti permette di vederci dentro, in profondità e scoprire l’ordito più intimo. È questo che capita con il racconto che Marco fa nel suo vangelo della passione di Cristo. L’appoggia su una cornice esterna, sostenuta all’inizio dalla donna dei profumi, che, venuta da chissà dove, irrompe «a Betania, nella casa di Simone il lebbroso» (Mc 14,3). E finisce con «Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses che, una volta che Giuseppe d’Arimatea ha ottenuto il permesso da Pilato, «stavano a osservare dove veniva posto» il corpo di Gesù (15,47)

Tutto inizia con quel vaso di alabastro che la donna rompe per versarne tutto il suo «profumo di puro nardo, di grande valore» (14,3), sul capo di Gesù. Più di trecento denari – diranno alcuni, poi. Ma, a rifletterci sopra, non è quello che Gesù fa qualche versetto più avanti, quando spezza il suo corpo come pane sulla mensa di Pasqua? Infatti, «mentre mangiavano, Gesù prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti” (14,22-24)

Un gesto immenso, capito dai discepoli? Sì e no! Gesù taglia corto: «Tutti rimarrete scandalizzati». Pietro tenta di salvare il salvabile, promettendo il meglio di sé: «“Anche se tutti si scandalizzeranno, io no. Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò”. Lo stesso dicevano pure tutti gli altri» (14,28-29). Parole, solo parole, questo è solo uno spreco – gli fa capire, invece, Giuda, che, intelligente come crede di essere, vende Gesù ai capi dei sacerdoti non per trecento, ma per soli trenta denari. Un affare che gli resta subito in gola. Finisce così chi scambia l’alfabeto dell’amore con i prezzi del mercato: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta» (14,44)

Il seguito non può essere che una bolgia infernale. Gente senza nome e senza storia che viene ad arrestare Gesù «con spade e bastoni come fosse un brigante» (14,42). Sacerdoti che esibiscono testimoni che rovesciano a condanna di Cristo quanto Cristo aveva loro detto in benedizione. Soldati al soldo del potere, pronti a trasformare in burla il dramma di una persona condannata a morte. Anche gli «osanna» e gli ulivi, con cui buona gente aveva riempito le strade di Gerusalemme, diventano strame di bestie imbizzarrite, che sanno solo tirare calci contro tutto, eleggendo a maestro di cerimonie «Barabba» (15,7), un delinquente patentato. «Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori – recita il salmo – hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa» (Sal 21,17-18)

E Gesù cosa fa? Come le donne, che stanno a cornice alla fine del racconto della passione, «sta a osservare». Lascia fare. «Egli taceva e non rispondeva nulla. “Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto?” – chiede, per mettere fine a tutta quella pagliacciata il sommo sacerdote – Io lo sono!» (14,61-62) risponde Gesù. «Sei tu il re dei Giudei?» domanda a sua volta Pilato. «Tu lo dici» (15,2) gli rimarca senza paura Gesù. Ecco, Gesù è riuscito a far loro dire la verità. Ma a che pro?! Uno si straccia le vesti e l’altro corre a lavarsi le mani. Credono di liberarsi lui? No! Anzi, così facendo, gli danno una mano a rompere ancora di più il vaso di alabastro del suo amore purissimo. Con la flagellazione, infatti, gli riducono il corpo a brandelli, agnello portato muto al macello, «chicco di frumento» che cade per terra. Nel silenzio più totale. «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,6-7). «Sacrificio e offerta non gradisci – prega il salmo – Allora ho detto: “Ecco io vengo”» (Sal 39,7-8)

È così la vita. Amare a tutto corpo fino a dare la propria vita è l’unica maniera di dare vita a qualcuno. Lo fanno da sempre le donne, nei dolori più lancinanti, nella solitudine più intima. E Gesù su quella croce fa lo stesso. Tra urla di dolore, dà vita con la sua vita a ciascuno di noi. «Ha salvato gli altri non riesce a salvare se stesso» (15,31) gli gridano dal basso.  «Eloì, Eloì, lemà Sabactani(15,34) grida lui al Padre! Cos’è? Lo spasmo delle viscere più profonde, l’ultima spiaggia della sofferenza umana? O il grido d’una partoriente, a cui si son rotte le acque? Qualcuno corre a prendere dell’aceto ad anestetizzare il dolore. No! Impasto di tutto e niente, «dando un forte grido, Gesù spirò» (15,37).

Finalmente è finita! – dicono tutti. No – interviene un centurione, avvezzo a stare in mezzo ai delinquenti: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (15,38). È il primo a respirare il profumo del vaso d’alabastro rotto. A raccoglierne le reliquie ci pensa Giuseppe d’Arimatea, mentre le donne «osservano da lontano» (15,40). Irriducibili alla sconfitta, scorgono nella sera che scende le prime luci della Pasqua, che certamente arriverà.

frate Silenzio

Sorella allodola

A scommettere la storia sul proprio corpo si raccolgono infiniti miracoli!

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